Il rettore di Palermo e il deputato nazionale, entrambi in corsa alle prossime elezioni del 5 novembre, questa mattina hanno parlato alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo. Assenti ancora una volta i candidati del centrodestra e del Movimento 5 stelle. Presente, invece, l'indipendentista Roberto La Rosa
Regionali, Fava e Micari contro Musumeci e Cancelleri «Disertano tutti i confronti, non rispettano i loro elettori»
«Il problema di Sammartino è che c’è un signore, che ha detto che è un suo fan sfegatato, organizza iniziative per sostenerlo e Sammartino questi voti se li prende». Claudio Fava torna sulla polemica di ieri e lo fa dall’aula magna della Facoltà di Giurisprudenza a Palermo, dove è in corso un confronto tra alcuni dei candidati alla presidenza della Regione organizzato dal centro studi Pio La Torre. O quasi. Anche questa volta, infatti, Giancarlo Cancelleri e Nello Musumeci hanno dato forfait, lasciando a dibattere, oltre a Fava, Fabrizio Micari e Roberto La Rosa. Una scelta «irrispettosa per gli elettori», secondo i presenti, che ancora una volta puntano il dito contro quelli che Fava definisce «i pizzetti latitanti».
«Quando c’è confronto in cui devi ragionare con altri candidati – sottolinea ancora Fava – Cancelleri ha bisogno di un suggeritore. È una cosa sgradevole, non la considero un’offesa a me ma ai loro elettori, ai quali parlano soltanto in condizioni protette, tra amici, a porte chiuse e che nessun altro abbia una domanda insolente da fare». «Musumeci e Cancelleri – rincara la dose Micari – anche oggi continuano a dimostrare di non avere nulla da dire. È una mancanza di rispetto per le persone. Non mi sarei lontanamente immaginato che sfuggissero al confronto».
Intanto ecco la domanda di rito al rettore candidato per il centrosinistra: quante liste sosterranno la sua candidatura? «Quattro», risponde deciso. Quando, però, gli viene chiesto quali siano quelle liste, ecco che Micari ammette: «Lo sapremo tra qualche ora».
Più ironica, naturalmente, la risposta di Fava: «Maretta nelle altre coalizioni? Intanto la sensazione è che non ci siano le liste, più che esserci maretta. Sono partiti con sei, anzi cinque, anzi quattro, forse tre, magari due, soltanto una – ha ironizzato ancora Fava -. Si tratta di liste che avrebbero dovuto coraggiosamente proporre la rivoluzione e adesso pare che stiano tutti convergendo su un patchwork di candidati che mette insieme anche storie abbastanza incompatibili, come quelle di Orlando e Crocetta. Non lo so cosa accadrà – aggiunge il candidato di Cento passi per la Sicilia – ma mi sembra un segno di grande debolezza, di grande confusione, che in tutti i modi si può chiamare fuorché coalizione. Coalizione è una parola politicamente datata, ma che ha ancora un suo valore. Quando tu hai il governatore uscente e chi fino a ieri gli ha fatto la guerra – sottolinea Fava – hai soltanto un’emergenza elettorale, non un’alleanza».
Sull’annunciata querela di Sammartino, Fava sottolinea: «Abbiamo raccontato non la storia di Sammartino, ma di questo signor Leone, presidente della municipalità di Librino a Catania, che non ha soltanto un fratello condannato in via definitiva per associazione di stampo mafioso. C’è anche un’inchiesta della procura che dice che la sua campagna elettorale, a giudizio di alcuni collaboratori di giustizia, è stata sostenuta porta a porta alle amministrative da Cosa nostra. Allora, se questa è la caratura politica del suo sponsor, io mi aspetto che Sammartino invece di dire “querelo Fava”, dica al signor Leone di non votarlo».
E ancora, mentre i nomi inseriti nei listini regionali continuano a far discutere, per via degli attriti creati all’interno delle coalizioni, Fava si sofferma sul rapporto tra la politica e le donne: «C’è un problema anche semantico, continuiamo a parlare di quote rosa, da donna la sentirei come un’offesa – dichiara -. Le donne non sono una quota, sono l’altra metà del cielo, sono risorsa, non necessità né percentuale. Però questo è un problema più complessivo, che ha a che fare con la politica, ma anche con un assetto della società dove il tempo pieno è garantito a una percentuale minima di famiglie, pur sapendo che questo significa che le donne spesso non possono lavorare ma devono pensare ai figli. Forse – conclude il candidato alla presidenza – non è una grande battaglia destinata a dare lavoro, ma a dare dignità alle famiglie e alle donne».