Quando Mezzocielo s’incontra in Via Dogana

Due riviste, due grandi città (Palermo e Catania) e le loro donne. Mezzocielo e Via Dogana sono due riviste femminili femministe. Non è un gioco di parole: femminili perché le redazioni sono interamente composte da donne, e femministe perché lottano per i principi dell’originario femminismo.

“Sono due riviste che hanno una grande importanza nella cultura della politica delle donne”, spiega Pinella Leocata, giornalista de ‘La Sicilia’, che ha avuto il compito di moderare l’incontro organizzato dall’associazione ‘La Città Felice’ di Catania.

“Hanno avuto la grinta e la tenacia di sopravvivere quindici anni, cambiando forma e linguaggio”, dice Anna Di Salvo (redazione Via Dogana – Città Felice), “hanno saputo innovarsi. L’obiettivo è quello di disfare e rifare una politica; ridefinire ex – novo il rapporto con gli uomini, interagire con loro. La politica è la politica delle donne; è un azzardo, ma la politica degli uomini è incoerente, auto – referenziale”.

“Alla base di questa tenacia c’è una grande fiducia nelle donne ed il desiderio di dare la parola alle donne”, afferma Simona Mafai (redazione Mezzocielo).
L’ambizione di entrambe le testate è quella di creare forme di convivenza tra donne e collaborazione lavorativa non gerarchica e non competitiva, come accade invece nel cosiddetto ‘potere neutro’, ovvero quello maschile. “Mezzocielo è un po’ più caotico”, continua Gisella Modica, “è nato sulla piazza delle grandi stragi”.

Unico uomo presente al tavolo di discussione è il professore Pietro Barcellona, docente di Filosofia del Diritto all’Università di Catania. “Mi sento un po’ a disagio ad intervenire” esordisce il professore. Non si trova d’accordo su alcuni punti espressi in precedenza: sull’identificazione donne – oppressi; con l’espressione “politica delle donne” “come se ci fosse una possibilità di attribuirsi un potere politico. Non sono per la politica delle donne, ma per le donne della politica”. Conclude il suo intervento dicendo che “ciò che il mondo femminista ha da rimproverare all’uomo è la prevaricazione, e non certo l’oppressione. La donna invece deve rimproverare a se stessa l’abbandono della sfera femminile, per omologarsi a quello maschile e potervi, di conseguenza, emergere”. Per il professore la presenza femminile nel mondo è quella scossa che serve a far rivivere la storia, che ormai è morta. “La donna è l’espressione incarnata della filosofia della nascita e non dell’onnipotenza, tipicamente maschile”.

 

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