Rispetto allo scorso anno, il capoluogo siciliano recupera un posto, ma rimane fanalino di coda. Preoccupano i tassi di disoccupazione e di inquinamento. Il sociologo Angelini suggerisce di prendere i dati con le pinze: «Se si vuole offrire più qualità devono essere le amministrazioni a raccogliere e diffondere i dati»
Qualità della vita, Palermo tra ultime in classifica Italia Oggi «Dubbi sui dati, siano i Comuni a rivelarli in tempo reale»
Una posizione in più rispetto al 2015, ma comunque in fondo alla classifica. La 18esima edizione del report pubblicato dal quotidiano Italia Oggi, che «rappresenta il più completo studio statistico sulla qualità della vita pubblicato oggi in Italia e consente di coglierne i numerosi aspetti sul territorio delle province italiane», vede Palermo 104esima su 110 posizioni. Le grandi aree urbane arretrano tutte, ad eccezione di Torino che sale di sei posti. Certo, Palermo non ha il crollo per esempio di Roma che perde ben 19 posizioni in un anno, però di sicuro non è un risultato di cui vantarsi. L’anno scorso la provincia si trovata al 105esimo posto, la magra consolazione è che a Napoli si vive peggio così come in altre province siciliane – Caltanissetta e Trapani e Agrigento sono sotto Palermo, in mezzo c’è la città campana e poi Siracusa. Chiude la classifica Crotone, mentre la prima città diventa Mantova che spezza il dominio di Trento, ormai perdurante dal 2011.
A emergere è una polarizzazione «tra province medio-piccole, in cui la qualità della vita è stabile o in miglioramento, e grandi aree urbane, nelle quali la qualità della vita in generale peggiora». Resta il fatto che «il 53,9% della popolazione italiana vive in territori dove la qualità della vita è scarsa o insufficiente», cioè pari a 32 milioni 732 mila residenti. «Fra le 54 province – continua il rapporto – in cui la qualità della vita è risultata scarsa o insufficiente, sei sono dislocate nel Nordovest, due sono ricomprese nel Nordest, sette in Italia centrale e 39 su 41 in Italia meridionale e insulare». A pesare, nelle scarse valutazioni per la provincia panormita, sono soprattutto due settori: ambiente ed economia. Per quanto riguarda la prospettiva economica, il quotidiano è moderatamente ottimista: «Nell’attuale periodo storico, in cui una ripresa economica debole forse contribuisce a determinare la sostanziale staticità nella qualità della vita dei cittadini, si intravedono timidi segnali di un’inversione di tendenza anche per quanto riguarda le prospettive occupazionali». Ma questo lato positivo sembra valere poco per Palermo e più in generale per il Meridione. Si conferma una nutrita presenza di province del Nordest nelle prime posizioni, mentre nel gruppo di coda ci sono «sette delle nove province siciliane a eccezione di Ragusa e Catania». Prova ne sia il tasso di disoccupazione panormita, che ha raggiunto il 23,89%. Ad allarmare poi il tasso di disoccupazione giovanile per la fascia d’età 15-24 anni, stabile al 65%. Qualche flebile speranza nel numero delle imprese: se fa preoccupare il fatto che quelle registrate siano ancora poche, fa sorridere allo stesso tempo il dato che vuole poche le imprese cessate. Per quanto riguarda l’ambiente l’indagine fa prevalentemente riferimento all’elaborazione dei dati Istat nonchè al rapporto di Legambiente, trattato da Meridionews qualche giorno fa. E lì la città era 102esima.
In generale la provincia si difende un po’ meglio sugli altri settori: nella crimininalità Palermo è 86esima, sul disagio sociale 84esima, mentre nel sistema salute Palermo si classifica in un dignitoso 61esimo posto. Fa riflettere infine il numero di strutture dedicate al turismo, in una provincia che da anni ha mostrato di voler puntare su questo settore: Palermo invece in questo indicatore figura penultima in Italia. Sull’analisi di questi dati il parere del sociologo Aurelio Angelini è critico, ma più sul metodo di elaborazione che sul contenuto in sè. «Alcune cose sono ormai stratificate nel tempo – dice – e comunque le graduatorie sono più tendenziali, per parlare di valore scientifico ce ne corre. Dico di prendere in maniera laica i risultati, c’è un dibattito estremamente complesso sugli indicatori di queste classifiche che non ha mai trovato convergenza tra studiosi. Sono valutazioni che lasciano il tempo che trovano, che non vanno al di la dell’emozione di una giornata». Il senso è chiaro: cambiando i parametri cambiano gli esiti. Poi il docente torna sulla valutazione palermitana e invita a distinguere. «Anche qui siamo in presenza di dati storicamente su cui la città non ha brillato: trasporti, servizi, rifiuti, lavoro – continua. Però in questo modo non vengono considerati fattori reali che alterano le percezioni: ad esempio a Palermo c’è un lavoro nero che rende i dati sull’occupazione molto meno attendibili. Oppure: l’altro giorno ad esempio ho preso in mano la ricevuta di un b&b che indicava solo otto ospiti per questo mese, se ciò fosse vero la struttura avrebbe dovuto fallire da tempo». Da qui la proposta: «I parametri dovrebbero essere stabiliti in modo condiviso a livello nazionale, e dovrebbero le stesse istituzioni pubbliche a farsene. Le città dovrebbero attrezzarsi a raccogliere dati, se si vuole offrire una maggiore qualità siano le stesse amministrazioni a renderli trasparenti, magari anche in tempo reale. Si tratta di fattori che si possono essere facilmente aggiornare, ad esempio realizzando un cruscotto con tante lancette che girano».