«Dopo il fatto di Scieri, Panella passava tutti i giorni da me al casermaggio. In diverse occasioni gli vidi fare una cosa strana: si metteva in un angolo e si sbatteva la testa contro il muro, ripetutamente ma non con tanta violenza. Pensai che lo facesse come per dire: “Che cosa ho combinato?”». A raccontare questo episodio che vede come protagonista uno degli imputati, durante l’ultima udienza del processo con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri, è stato l’ex caporale Stefano Ioanna. Il testimone che per tre volte non si era presentato nell’aula del tribunale di Pisa e che, l’ultima volta, non si era fatto nemmeno trovare in casa alle 6 del mattino dai carabinieri che erano andati a prenderlo dopo che nei suoi confronti era stato disposto l’accompagnamento coatto.
È stato lui stesso a spiegare che dietro ci sarebbero state soltanto questioni di carattere economico, cioè la difficoltà di affrontare le spese per i viaggi. In effetti, Ioanna alla commissione parlamentare d’inchiesta sul caso aveva dato informazioni importanti sul clima che si viveva all’epoca in caserma riferendo anche di precisi «atti di sopruso» da parte di Alessandro Panella. L’ex caporale che, nel procedimento riaperto a più di vent’anni di distanza dai fatti, è imputato insieme a Luigi Zabara. Che ieri per la prima volta non era presente in aula. Nel processo con rito abbreviato, invece, sono stati assolti in primo grado il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico per lo stesso reato e gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia che erano accusati di favoreggiamento. La procura ha fatto appello. In merito alla ricostruzione di Ioanna sull’episodio di Panella è intervenuto il suo difensore Andrea Cariello per chiedere se quel gesto non potesse essere riconducibile ad altre questioni: «Sa se avesse una malattia, problemi ai denti, problemi sentimentali o se fosse preoccupato per la sua squadra di calcio che andava male?». Dal testimone solo risposte negative.
Emanuele Scieri è stato ritrovato cadavere da quattro commilitoni sotto la torretta di asciugatura dei paracadute all’interno della caserma Gamerra di Pisa il 16 agosto del 1999, tre giorni dopo la sua morte. Così è sempre stato ufficialmente ricostruito nel corso di questi quasi 23 anni. Adesso, però, l’ex militare Davide Albignani, che all’epoca era assegnato all’armeria, ha riferito di averlo saputo il giorno prima. «Al mio rientro da un libera uscita, il 15 agosto poco prima del contrappello, ho incontrato Daniele Ceci che mi ha dato la notizia della morte di un ragazzo all’interno della caserma». Una circostanza che, nel corso della stessa udienza, è stata smentita dall’ex caporale in questione che sostiene di non averlo saputo a Ferragosto (ma l’indomani) e quindi di non avere potuto informare nessuno, nemmeno Albignani. Di recente, nel corso delle indagini della procura, i due erano già stati messi a confronto. Il primo aveva fatto la stessa dichiarazione ma Ceci ha raccontato che «quando siamo usciti, gli ho chiesto conto e ragione di quello che aveva detto. E fuori, nel parcheggio, mi ha detto: “Dovevo fare un nome e ho fatto il tuo“».
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