Un progetto di cui «sono stati riesumati atti e contratti decaduti ed estinti dal 2012» e «ritenuto gravemente carente e irrealizzabile». Parte da qui la cronistoria della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina contenuta nella diffida – con la paventata richiesta di risarcimento danni – indirizzata dai componenti del comitato No Ponte Capo Peloro […]
Ponte sullo Stretto, la diffida del comitato al sindaco Basile: «Contrasti gli atti illegittimi o lo citeremo per danni»
Un progetto di cui «sono stati riesumati atti e contratti decaduti ed estinti dal 2012» e «ritenuto gravemente carente e irrealizzabile». Parte da qui la cronistoria della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina contenuta nella diffida – con la paventata richiesta di risarcimento danni – indirizzata dai componenti del comitato No Ponte Capo Peloro al sindaco della città, Federico Basile e, per conoscenza, al prefetto, al governo nazionale, al presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e alla società Stretto di Messina spa. Una missiva che ha il primo cittadino come destinatario principale in quanto ritenuto «responsabile dei danni che la comunità e il territorio dovessero subire a causa dell’apertura dei cantieri del ponte – si legge – danni a persone e cose che riteniamo gravissimi e certi». Il documento segue, oggi, il lancio della raccolta firme della durata annunciata di un mese.
La cronologia contenuta nella diffida procede ricordando gli scogli affrontati dal piano lo scorso anno: dalle 68 raccomandazioni da parte del comitato tecnico-scientifico sul progetto definitivo aggiornato alle 239 integrazioni chieste dalla commissione tecnica per la Valutazione d’impatto ambientale. Passando per il deposito, da parte delle associazioni ambientaliste, delle prime «oltre 500 pagine di osservazioni, segnalando gravi carenze informative» e delle «ulteriori 600 pagine di osservazioni da associazioni, enti e soggetti privati». Un iter che ha portato, a fine 2024, al parere di compatibilità ambientale con 62 condizioni ambientali, «rimandando a una fase successiva la valutazione sull’ottemperanza delle prescrizioni già dichiarate non rispettate e con parere negativo». Senza dimenticare la mancanza del parere della commissione europea, per quanto riguarda le direttive con la direttive Habitat e Uccelli. Rilievi sorpassati dal governo con l’apposizione al piano dei motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, «che permettono di aggirare la valutazione di incidenza ambientale negativa, ritenendo il progetto del Ponte sullo Stretto indispensabile per motivi di salute pubblica e sicurezza, anche sotto il profilo militare».
Carenze e procedure su cui sono stati presentati diversi ricorsi, esposti e reclami europei da parte di associazioni ambientaliste e dei Comuni di Villa San Giovanni e Reggio Calabria. E anche nella città metropolitana di Messina, ricordano i sottoscrittori, «la direzione Ambiente, quale ente gestore della riserva Laguna di Capo Peloro, ha espresso parere negativo, evidenziando i rischi derivanti in particolare dal viadotto Pantano». Oltre a quelli di abbassamento del suolo, «come ammesso dagli stessi progettisti – continuano nella diffida -, a cui la costruzione del tunnel ferroviario di collegamento al ponte espone numerosi edifici del centro abitato di Messina». Tutte osservazioni e pareri che, per i componenti del comitato No ponte, «rendono evidente la inadeguatezza progettuale e i potenziali impatti negativi su salute e ambiente» del progetto.
In assenza, peraltro, di un «dibattito pubblico, previsto dal Codice dei contratti pubblici, come obbligatorio per le grandi opere infrastrutturali». Per questo, i firmatari chiedono a Basile – in qualità di sindaco di Messina, di rappresentante della città metropolitana e «quale primo responsabile per la tutela della salute pubblica in città» – di coordinarsi con i colleghi di Villa San Giovanni e Reggio Calabria e di «assumere ogni utile iniziativa, anche giudiziaria e in via cautelare, per contestare l’illegittimità degli atti del procedimento, comprese le leggi-provvedimento, per contrasto con la Costituzione e con le norme europee, nonché per denunciare le gravi carenze progettuali che minacciano la salute dei cittadini, il paesaggio, il territorio e l’ambiente». Riservandosi, in caso contrario, di agire nei suoi confronti «per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, inclusi biologici e morali».