Non ci sarà un nuovo processo per la morte dell’ispettore Raciti: «Infondata la tesi del “fuoco amico”»

Non si terrà un nuovo processo per la morte di Filippo Raciti, l’ispettore di polizia deceduto il 2 febbraio del 2007 negli scontri tra forze dell’ordine e ultras del Catania mentre allo stadio Angelo Massimino si giocava il derby col Palermo. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Messina che ha dichiarato inammissibile, per manifesta infondatezza, la richiesta di revisione presentata dall’avvocato Giuseppe Lipera, difensore di Antonino Speziale, che è stato condannato, per omicidio preterintenzionale, reato commesso quando era minorenne, a otto anni e otto mesi di carcere, già scontati.

Con la stessa accusa è stato condannato, a 11 anni di reclusione, Daniele Natale Micale, 37 anni, che ha già scontato la pena. I due avrebbero colpito Raciti lanciandogli contro un sottolavello in lamierino che gli avrebbe procurato una lesione letale al fegato. L’ispettore morì dopo il ricovero all’ospedale Garibaldi di Catania. Contro la decisione dei giudici di Messina, l’avvocato Lipera ha presentato un atto di ricorso in Cassazione. Al centro dell’istanza del legale c’erano anche le interviste trasmesse, il 12 e il 26 novembre del 2020, su Italia1, dalla trasmissione Le Iene a una donna di 47 anni e un uomo di 45 anni, sentiti da Ismaele La Vardera, oggi deputato all’Assemblea regionale siciliana. I due hanno sostenuto la tesi del «fuoco amico», secondo cui Raciti sarebbe stato ferito mortalmente da una Range Rover della polizia.

Ricostruzione affrontata più volte in tutti i processi a Speziale e Micale e smentita in tre gradi di giudizio. La Corte d’appello, sezione minori, di Messina, sottolinea che «le prove nuove che si pongono in diretta contrapposizione con quelle fondanti la condanna devono essere dotate di particolare gravidanza dimostrativa, tale da scardinare il ragionamento posto a base del giudicato». Ma, aggiungono i giudici, «i fatti sopravvenuti (le due interviste, ndr) posti a fondamento dell’istanza di revisione non sono immuni da profili di inaffidabilità e non sono dotati, per quanto sopra osservato, di gravidanza dimostrativa particolare tale da scardinare il ragionamento posto a base del giudicato». I due intervistati sono stati poi querelati per diffamazione a mezzo stampa dall’allora capo della polizia Franco Gabrielli. Processati col rito abbreviato il gup li ha assolti, nel novembre del 2022, con la formula «perché il fatto non sussiste» ma, contesta l’avvocato Lipera, quegli atti non sono stati resi disponibili alla difesa di Speziale. Un fatto, contesta nel ricorso in Cassazione il penalista, che la Corte d’appello di Messina non ha valutato.


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