I lavoratori dell'azienda sono in cassa integrazione da due anni. Da tempo chiedono la vendita del centro di ricerca a imprenditori che ne stimino il lavoro. Azione per la quale l'ente regionale dovrebbe fare da garante. Ma il laboratorio è ancora di proprietà dell'amministratore Gian Luca Calvi che lo ha acquistato nel 2011 per un euro
Myrmex, situazione di crisi in stallo da due anni I dipendenti chiedono l’intervento della Regione
I dipendenti del centro di ricerca Myrmex protestano davanti alla sede etnea della presidenza della Regione siciliana. Una manifestazione silenziosa, senza striscioni né megafoni, che è stata fissata per questa mattina dalle sigle sindacali catanesi Filctem Cgil, Uil e Cisal. È solo l’ennesima contestazione in due anni e il luogo scelto non è casuale. «L’ente siciliano ha le responsabilità maggiori sullo stallo della vicenda perché non sta fornendo risposte adeguate ai lavoratori», dichiara a MeridioNews il segretario provinciale della Federazione italiana lavoratori chimica tessile energia manifatture Giovanni Romeo.
La reazione che il presidio – definito «il primo di una nuova stagione di lotta» – vuole scatenare nella Regione è che «l’ente faccia da garante e da tramite per l’acquisto del laboratorio da parte di imprenditori internazionali che ne stimino il lavoro», precisa Romeo. Soprattutto adesso che il ministero per le Attività produttive si è reso disponibile a coordinare un tavolo tecnico nazionale per una eventuale compravendita dell’azienda. Un nodo sul quale punta molto Giovanni Romeo. Che racconta la vicenda Myrmex dall’inizio.
«Nel settembre del 2011 l’azienda farmaceutica Pfizer cede il suo prestigioso centro di ricerca tossicologico e tossicogenomico a Gian Luca Calvi». L’uomo – un avvocato, che è l’amministratore unico della ditta milanese specializzata nella distribuzione di dispositivi per l’ortopedia e la traumatologia Myrmex – acquista il laboratorio alla cifra simbolica di un euro. «A determinare il prezzo è la Regione che contestualmente si arroga la facoltà di rilevare alla stessa somma l’azienda qualora Calvi non mantenga lo stato occupazionale», sottolinea Romeo. Che precisa come all’eventuale acquisizione del laboratorio da parte del governo regionale dovesse conseguirne la vendita. Un atto che non si è verificato nonostante «Calvi abbia reso improduttivo il centro tenendo per due anni i ricercatori senza lavoro». A questo segue quindi l’ingresso dei lavoratori in un regime di cassa integrazione. Alla fine del quale si teme lo smantellamento della struttura al netto di un’assenza di compratori interessati, almeno per il momento.
«Con 700 euro al mese oggi non si può vivere. Se poi si ha una famiglia a carico si arriva alla tragedia», afferma lo specialista informatico del laboratorio Sebastiano Canarelli. «Noi continuiamo a insistere nella ricerca di una soluzione che però non sembra vicina», continua il dipendente. Per lui e per gli altri 64 lavoratori il regime di cassa integrazione si concluderà nel mese di febbraio 2016. «Se entro di quel termine non cambierà nulla, finiremo in mezzo alla strada», lamenta Canarelli. L’informatico è uno di quelli che aveva creduto di poter fare ricerca anche nella città di Catania. «Molti dipendenti avevano abbandonato lavori prestigiosi in centri di ricerca importanti per lavorare prima a Pfizer e poi a Myrmex», precisa Romeo. «Si sta vedendo la fine che fa chi vuole attivare una ricerca eccellente nel capoluogo etneo», conclude polemico il sindacalista.