Matteo Messina Denaro aveva chiesto che il suo fascicolo sanitario elettronico venisse secretato. Il boss stragista, all’epoca ancora latitante, per farsi curare negli ultimi anni ha usato l’identità del geometra Andrea Bonafede. Anche sotto copertura, Messina Denaro aveva fatto richiesta per la secretazione del dossier con tutta la sua storia medica in modo che non fosse visibile agli operatori sanitari, possibilità riservata a ogni paziente ma che rarissimamente viene messa in pratica. È questa l’ultima scoperta fatta dagli investigatori che, il 16 gennaio scorso nelle clinica privata palermitana La Maddalena, hanno arrestato il boss di Castelvetrano e che ancora lavorando a ricostruire gli ultimi periodi della sua latitanza durata trent’anni. Messina Denaro per la cura del cancro al colon ha usato i documenti del geometra di Campobello Mazara, poi arrestato per associazione mafiosa. Per farlo ha compilato un modulo, ovviamente a firma di Bonafede, e negato il consenso alla conoscenza del suo percorso sanitario.
Il particolare è emerso dall’indagine che ha portato in cella il medico curante del boss Alfonso Tumbarello, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e falso. Tumbarello ha sostenuto di non avere mai conosciuto la reale identità del paziente al quale, a suo dire, avrebbe prescritto esami e farmaci sulla base di diagnosi che gli faceva avere e sulla base del fascicolo sanitario elettronico. Il medico ha sempre raccontato di avere creduto che a richiedere le sue prestazioni fosse il vero Andrea Bonafede, suo reale assistito, che, però, per mantenere riservata la sua patologia, preferiva non farsi visitare allo studio. Una singolare difesa a cui i pubblici ministeri non hanno creduto e che è stata smentita da Gianfranco Stallone, il medico di base che ha sostituito, dopo il pensionamento, Tumbarello. Stallone ha rivelato, infatti, che il dossier del paziente non era consultabile proprio perché riservato. La scelta di secretare il fascicolo è una opportunità a cui i pazienti ricorrono rarissimamente. Circostanza che induce gli investigatori a pensare che qualcuno, certamente esperto del settore, abbia suggerito a Matteo Messino Denaro di ricorrere all’escamotage per proteggere la sua latitanza.
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