Giudizio immediato per Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri, i coniugi che avrebbero avuto l’abitudine quasi quotidiana di ospitare a pranzo e a cena il boss Matteo Messina Denaro quando era ancora latitante a Campobello di Mazara, nel Trapanese, non distante dai suoi covi. Per i magistrati, le prove raccolte sono più che sufficienti per dimostrare l’accusa di favoreggiamento aggravato dall’avere agevolato Cosa nostra e procurata inosservanza della pena. Il pool della procura di Palermo che indaga sui fiancheggiatori di Messina Denaro (il procuratore Maurizio de Lucia, l’aggiunto Paolo Guido, i sostituti Gianluca De Leo e Piero Padova) ha depositato la richiesta di giudizio immediato per la coppia. L’ormai ex primula rossa di Cosa nostra sarebbe stato anche il padrino di cresima di loro figlio.
La richiesta della procura è stata accolta dalla giudice per le indagini preliminari Antonella Consiglio. L’udienza per Bonafede e Lanceri – la donna che Messina Denaro chiamava Diletta e con cui si scambiava messaggi e lettere di affetto – è stata fissata il 10 luglio a Marsala. A inchiodare i due imputati sono state le riprese di alcune telecamere all’esterno dell’abitazione della coppia in via Mare 89, a Campobello di Mazara. Emanuele Bonafede è il fratello di Andrea, il dipendente del Comune di Campobello di Mazara, arrestato con l’accusa di essere il postino di Matteo Messina Denaro: avrebbe recapitato le ricette mediche che servivano al capo per sottoporsi alle cure necessarie per la malattia. Ed è anche il cugino dell’altro Andrea Bonafede, il geometra che ha prestato l’identità al boss stragista almeno negli ultimi anni di latitanza prima dell’arresto avvenuto il 16 gennaio nella clinica privata La Maddalena di Palermo.
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