Mega-impianto fotovoltaico nel Siracusano, il Tar rigetta il ricorso dei sindaci: «La tutela del territorio non finisce qui»

«Il nostro ricorso è stato rigettato, ma questo non vuol dire che ci sia il via libera al progetto». Non c’è ombra di resa nelle parole del primo cittadino di Canicattini Bagni di fronte all’idea che ad appena due chilometri dal centro abitato del Siracusano possa spuntare un mega-impianto fotovoltaico. Quello presentato dalla società Lindo Srl, con sede a Roma, alla Regione è un progetto di taglia industriale da installare, in località Cavadonna, lungo la Maremonti, la strada provinciale che collega Siracusa ai paesi dell’altopiano degli Iblei. Con un’estensione di 1.129.777 metri quadrati, l’impianto fotovoltaico dovrebbe ricadere nel territorio di Siracusa (in terreni con destinazione agricola) e di Canicattini Bagni (in terreni a destinazione agricola e a verde pubblico). Un progetto a cui, fin da subito, si sono opposte le amministrazioni e i cittadini con una battaglia che è finita nelle aule del tribunale.

«Il Tar non ha dato il via libera al progetto, ma ha solo rigettato il ricorso dei Comuni. Ed è molto diverso», spiega a MeridioNews il sindaco canicattinese Paolo Amenta che è anche il presidente di Anci Sicilia. A fare la differenza è «la possibilità di un ulteriore grado di giudizio a cui fare ricorso». Infatti, a quello da presentare al Consiglio di giustizia amministrativa si sta già lavorando. «La partita non è affatto chiusa – sottolinea Amenta – E noi andremo avanti fino in fondo e ci impegneremo per impedire un business speculativo che rischia di distruggere la biodiversità e la bellezza del nostro territorio». Una intenzione ferma che punta anche sul fatto che «secondo noi, questa sentenza del Tar si basa su presupposti sbagliati». I terreni su cui dovrebbe nascere l’impianto distano appena tre chilometri dalla riserva naturale integrale Grotta Monello e cinque chilometri da cava Cardinale, uno dei più profondi e suggestivi canyon degli Iblei. Eppure l’area non risulta sottoposta a vincoli di nessun tipo. 

Così, il Tar ha ritenuto delle amministrazioni comunali il ricorso infondato e ha riconosciuto la validità delle autorizzazioni da parte della Regione già ottenute dalla società Lindo Srl. Un giudizio positivo per «la realizzazione e l’esercizio del progetto di un impianto fotovoltaico a terra con tecnologia di inseguimento monoassiale della potenza di 67,421 MWp e delle relative opere per la connessione alla Rtn» è arrivato dalla Valutazione di impatto ambientale (Via), integrato anche dalla Valutazione di incidenza ambientale (Vinca). Parere favorevole sulla compatibilità ambientale è poi stato espresso pure da Comitato tecnico specialistico (Cts). Sulla base di questi elementi, l’assessorato regionale al Territorio e Ambiente ha rilasciato le autorizzazioni richieste. Per i Comuni che hanno intenzione di procedere con il ricorso al Cga, ci sarebbe più di però. Per lasciare spazio ai pannelli solari, infatti, tra i prati e i pascoli dovrebbero essere sacrificati circa 1600 alberi – alcuni anche secolari – di carrubi, ulivi e altre piante della macchia mediterranea. Proprio in territori che hanno aderito alla Carta dei Comuni custodi della macchia mediterranea e in un’area su cui c’è in programma di fare sorgere un Polo d’eccellenza Agroalimentare e dove, da tempo, si progetta di istituire il Parco nazionale degli Iblei.

La distesa di pannelli (che dovrebbe contare 4682 tracker, ognuno con due filari con 20 moduli, per un totale di 187.280 moduli) avrebbe «un impatto paesaggistico negativo, contrasterebbe con la natura dei luoghi e la vocazione agricola, turistica, ricettiva, gastronomica e culturale». Non solo una questione di principi. Per le amministrazioni ricorrenti, il progetto risulterebbe «incompatibile con il Piano territoriale provinciale che esclude la possibilità di realizzare impianti di questa dimensione nelle aree agricole» e contrasterebbe con il Piano energetico regionale (Pears) e con il decreto dell’assessorato Territorio e Ambiente in cui viene messo nero su bianco che «devono essere utilizzate aree a destinazione e vocazione agricola in via residuale e solo se giudicate degradate». Intanto, nella sentenza del Tar, l’impianto viene descritto come «opera di pubblica utilità» da incentivare «per ragioni di difesa dell’ambiente» e da considerare «un’evoluzione accettata dall’ordinamento e dalla sensibilità collettiva». Per il presidente dell’Anci resta «un business che non porta nessun beneficio alle comunità locali». In effetti, l’energia prodotta dovrebbe essere poi veicolata, tramite un cavidotto interrato lungo dieci chilometri, a una cabina che verrà realizzata nella zona di Casa Sant’Alfano (nel territorio di Noto) e da lì immessa sulla rete di trasmissione nazionale.


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