Mariano Ferro e il suo sogno siciliano

I partiti tradizionali – soprattutto quelli al governo della Sicilia – Confindustria, Coldiretti, Cia, certi giornali e i protagonisti di quelle che Fabrizio De Andrè, nell’album ‘Storia di un impiegato’ definiva “le verità delle televisione”, guadano con sospetto e paura al Movimento dei ‘Forconi’. E, dal loro punto di vista, hanno ragione. In una Sicilia abituata a ‘calare’ la testa ai potenti di turno, soprattutto romani, a scatenare le ormai sputtanate ‘sirene dell’antimafia’ a corrente alternata contro chi ‘osa’ alzare la testa, vedere quindicimila persone che sfilano per le strade di Palermo senza un’organizzazione alla spalle fa paura.
Così, da giorni, ci informano – o meglio, s’illudono – che il Movimento è ormai diviso; che i pescatori sono tornati a mare a pescare con nelle ‘reti’ le promesse dell’assessore regionale di turno, Elio D’Antrassi (personaggio molto ‘competente’ in materia di agricoltura e pesca…); che gli autotrasportatori (che, in realtà, rappresentano la parte ambigua del Movimento) torneranno sui loro Tir (promesse o non promesse dei vari Richichi che un giorno sì e l’altro pure si incontrano con il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, non abbiamo capito con quali ‘sconti’ su strade e carburante i Tir torneranno sulle strade); che gli agricoltori siciliani, piano piano, si convinceranno a cedere i propri terreni alle banche del Centro Nord Italia che – mischine! (“poverette”, per chi ci legge fuori dalla Sicilia) – debbono riprendersi, a spese degli agricoltori siciliani, i soldi che hanno perso nelle speculazioni demenziali sui mercati finanziari internazionali (sono tutti bravi, preparati e intelligenti, i banchieri del Nord Italia, non a caso hanno studiato nelle università del Centro Nord – tipo ‘Bocconi’ – che, sempre non a caso, il capo del governo, Mario Monti, vuole ‘premiare’ a scapito delle università del Sud d’Italia: un Paese ‘unito’, il nostro, non c’è che dire…).

Davanti a tutte queste notizie, più o meno interessate – e più o meno ‘tranquilizzanti’ – siamo andati a trovare Mariano Ferro. Per farci raccontare come stanno effettivamente le cose.

“Le cose stanno come ora vi dico – è Mariano Ferro che parla -. Dopo la prima settimana di protesta ci siamo fermati. Anche perché il nostro obiettivo è ottenere risultati per i protagonisti del nostro Movimento e non certo quello di creare problemi alla popolazione della Sicilia. Se questo è successo nella prima fase – e ce ne dispiace – è perché non potevamo farne a meno. Abbiamo chiesto risposte alla politica. Abbiamo trovato un muro. Così siamo scesi per le strade. Lo sappiamo, abbiamo creato disagi. E, lo ripeto, ci dispiace. Noi agricoltori siamo i primi a piangere quando vediamo prodotti agricoli non venduti. Siamo scesi in piazza per questo: perché con la concorrenza sleale di prodotti cinesi, asiatici e nord africani le nostre produzioni non valgono più niente. E noi non ce la facciamo più”.

– Coldiretti e Cia dicono che avete provocato centinaia di milioni di danni…

“Mentono. Sanno che non è così. I danni per centinaia e centinaia di milioni di euro alle nostre aziende, lo ripeto, li hanno provocati – e continuano a provocarli – i prodotti agricoli, peraltro di pessima qualità, che arrivano dalla Cina, da alcuni Paesi asiatici e dal Nord Africa. L’agricoltura siciliana è in ginocchio per questo. E non da ora. Quei pochi prodotti che riusciamo a vendere ci vengono pagati due lire. La situazione è diventata insostenibile per la stragrande maggioranza degli agricoltori siciliani. In questo scenario di crisi sono arrivate le cartelle esattoriali. Una pioggia di cartelle esattoriali”.

– Sono le banche che si vorrebbero prendere i vostri terreni…

“Già. Prima di parlare della Serit e delle proposte che abbiamo inoltrato al governo, vorrei dire ai signori della Coldiretti e della Cia, che ci vedono come il fumo negli occhi, che se oggi gli agricoltori siciliani – tanti agricoltori siciliani – sono in piazza è perché non si sentono più rapppresentati. Noi siamo la spia di una crisi, profonda, che è anche il frutto della loro incapacità di guardare agli interessi complessivi dell’agricoltura siciliana. La verità è che questi signori dellla Coldiretti e della Cia sui campi non si fanno più vedere. Stanno dietro le scrivanie. Sono dei burocrati”.

– Andiamo alle proposte.

“Le proposte del Movimento riguardano tutti i settori dell’economia. Perché ci sono gli autotrasportatori, i pescatori, anche alcune categorie di artigiani, i lavoratori dell’edilizia, altro settore in profonda crisi. Abbiamo chiesto la defiscalizzazione della benzina. E vogliamo ridiscutere le cartelle esattoriali. Per ciò che riguarda l’agricoltura, vogliamo eliminata la concorrenza sleale. E vogliamo combattere l’abuso di posizioni dominanti nelle transazioni commerciali dei nostri prodotti. La nostra, sia chiaro, è una battaglia che riguarda anche – anzi soprattutto – la salute della popolazione siciliana. Sulle tavole dei siciliani, questo è bene che si sappia, arrivano prodotti agricoli da chissà dove, spesso di pessima qualità, trattati con pesticidi che in Italia sono stati banditi da oltre trent’anni. La nostra battaglia per un’agricoltura di qualità che valorizzi le nostre produzioni è anche la battaglia politica e culturale di tutti i siciliani”.

– Torniamo alla storia del Movimento. Che succede dopo la prima settimana di lotta?

“Ci siamo fermati. Dopo una settimana il mio telefono cellulare e i telefoni di tanti altri protagonisti del Movimento sparsi in tutte le province dell’Isola sono bollenti. Siamo tempestati di telefonate. Centinaia, migliaia d agricoltori che ci chiamano. La domanda che ci pongono è una: comu finiu? Cioè: com’è finita. Da qui la decisione di vederci tutti alle ‘Ciminiere’ di Catania”.

– Dove pare siano emerse divisioni…

“Guardi, il nostro programma è e resta chiaro: presidio e dialogo con i Comuni dell’Isola, molti dei quali non mi risulta se la passino bene sotto il profilo finanziario. Perché la crisi, in Sicilia, sta colpendo tutti. Poi presidio pacifico delle sedi Serit. Avevamo deciso di occupare le raffinerie. Poi, almeno in questa prima fase, abbiamo deciso di desistire per questioni logistiche e non politiche”.

– Ci spiega ‘sta storia di Richichi.

“Che le devo dire? Quando, dopo una settimana di lotta, abbiamo deciso di allentare la presa lui era contrario. Avrebbe voluto continuare l’occupazione. Ho cercato di spiegargli che non potevano bloccare ancora la popolazione. Il risultato è che mi ha accusato di tradimento. Si figuri se io tradisco gli agricoltori! Oggi si incontra con il presidente Lombardo…”.

– Il presidente Lombardo che a Roma incontra Monti per parlare di federalismo fiscale…

“Sappiamo anche questo. E sappiamo pure che Lombardo, ormai, si è incartato. Fatti suoi”.

– Il presidente dice che si sta attivando per risolvere con celerità i problemi da voi posti…

“E noi ne siamo felici. Aspettiamo i risultati”.

– Il vostro programma dei prosssimi giorni prevede un dialogo stretto con i sindaci. Ci spiega di che si tratta?

“E’ semplice. Il nostro è un movimento che parte dal basso. Partendo dal basso, i nostri primi interlocutori non possono che essere i Comuni. Abbiamo già avviato le prime riunioni. Qualche giorno fa c’è stata un’assemblea a San Cataldo. Altre ne seguiranno. Vogliamo parlare e coinvolgere i cittadini. Il perché l’ho già detto: la nostra battaglia è anche la loro. Rilanciare la nostra agricoltura significa assicurare alla popolazione cibi sani”.

– Parliamo del capo del governo, Monti.

“E uno che tira per la propria strada. Noi abbiamo chiesto di partecipare ai tavoli a Roma. Ci chiameranno? Vedremo”.

– Come siete organizzati?

“Ci stiamo organizzando. Siamo presenti in ogni provincia. E siamo tutti senza soldi. Questo Movimento – lo ripeto – è nato perché non ce la facciamo più sotto il profilo economico. Noi sappiamo che la nostra è una battaglia difficile. A certi personaggi piacerebbe vederci morire piano piano. Con le banche che, in silenzio, si prendono quel poco che abbiamo”.

Mentre a Palermo i finti agricoltori a titolo secondario – cioè quelli che agricoltori non lo sono affatto – con la connivenza dell’alta burocrazia regionale, che queste cose le sa fare bene, magari d’accordo con certi industriali delll’agro-industria presente e futura, si dividono i 2 miliardi di euro del Piano di sviluppo rurale…

“Anche sul Piano di sviluppo rurale abbiamo chiesto chiarimenti. Vedremo cosa ci diranno. Un fatto è certo: noi continueremo a dare battaglia”.

– Parliamo del presidente degli industriali siciliani, Ivan Lo Bello.

“Ci siamo sentiti. Forse ci incontreremo nei prossimi giorni”.

– Non ci dica che ha capito che non siete mafiosi…

“Lo Bello all’inizio ha sbagliato. Ha parlato di mafia così, alla cieca. Se avesse detto: attenti, ci potrebbero essere infiltrazioni mafiose, noi avremmo accolto con piacere il suo avvertimento. E’ stato il tono perentorio che ha utilizzato che ha dato fastidio. Noi siamo persone che lottano per non soccombere. La mafia, semmai, ci ha sempre penalizzato. Ripeto: se quello di Lo Bello fosse stato un monito, lo avremmo accettato. Ma la sua è stata un’affermazione che abbiamo respinto”.

– E oggi?

“L’ho detto: forse ci incontreremo. E si renderà conto con i suoi occhi che noi lottiamo per il nostro futuro”.

– E la politica?

“Con la politica noi vogliamo dialogare. Anche perché i nostri problemi nascono dalla politica. Anzi, dall’assenza della politica. Se in Sicilia ci fosse stata la politica non non saremmo scesi per le strade”.

– In che senso?

“Vede, le poco prima mi ha chiesto del presidente Monti. E io le ho risposto che abbiamo chiesto di partecipare ai tavoli romani. E ho aggiunto che non sappiamo come finirà. E sa perché? Perché prima i parlamentari nazionali li eleggevamo noi. Li incontravamo spesso. Gli spiegavamo come stavano le cose. E loro, nei limiti del possibile, si attivavano. Ora chi li vede più? Del resto, non li abbiamo eletti noi. Sono stati designati dalle segreterie romane dei partiti. E’ a loro che rispondono. Perché dovrebbero venire a parlare con noi? E infatti sono anni che non parlo più con i parlamentari nazionali”.

– Che cosa proponete?

“Vogliamo che la legge elettorale cambi. Quella attuale non è una legge elettorale democratica. Questi non sono i nostri parlamentari nazionali. Non li vogliamo più. Noi i nostri parlamentari li vogliamo conoscere. E dobbiamo essere noi ad eleggerli se i loro programmi ci convincono. Poi c’è la questione dello Statuto”.

– Lo Statuto autonomistico siciliano.

“Certo. Noi crediamo che questo sia il momento per riproporre l’attuazione degli articoli dello Statuto non applicati. Quanto meno di porre il problema in termini politici seri. Se riusciremo a portare a casa almeno un ‘pezzo’ di Statuto fino ad oggi mai applicato, ecco, sarà una bella vittoria non nostra, ma di tutta la Sicilia”.

– Lo sa che l’Ucd siciliana, nel pacchetto di proposte per la riforma del bilancio della Regione, ha previsto un capitolo a parte che riguarda i problemi dell’agricoltura. Ci sono proposte precise per le cartelle esattoriali, per la concorrenza sleale esercitata dai prodotti agricoli che arrivano chissà dove, per la commercializzazione dei vostri prodotti agricoli, per la salvaguardia della salute dei consumatori. Glielo segnaliamo perché è l’unico partito politico siciliano che, fino ad ora, ha avanzato proposte concrete e precise per l’agricoltura.

“Ed io chiedo scusa se non ho ancora letto queste proposte. In questi giorni non ho avuto il tempo di respirare. Lo farò subito. Noi siamo aperti a tutti i contributi che arrivano dalla politica. L’importante è che non ci siano strumentalizzazioni. Già abbiamo dovuto allontanare certi signori di Forza Nuova. Si figuri se io, con le mie radici popolari, mi metto con Forza Nuova!”.

 

 

Giulio Ambrosetti

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