Mafia, il boss Bevilacqua e il potere della figlia avvocata Al padre: «I tuoi ordini li cambio, posso permettermelo»

«Fino a prova contraria i tuoi ordini io li cambio. Posso permettermelo». Lo andava ripetendo con decisione Maria Concetta Bevilacqua, senza timore di essere contraddetta da papà Raffaele. L’uomo della Cosa nostra vecchia maniera, cresciuto a mafia e politica, scarcerato per differimento pena dopo 15 anni trascorsi dietro le sbarre. La nuova vita dell’avvocato andreottiano, diventato mammasantissima con la benedizione di Bernardo Provenzano, era ricominciata il 25 maggio 2018 grazie alla concessione, per problemi respiratori, degli arresti domiciliari. Sei mesi da trascorrere a Catania, seppur lontano dal feudo mafioso di Barrafranca in provincia di Enna, a casa della figlia avvocata. 

Dopo essere stato buono e zitto nonostante un ergastolo e il carcere duro perché mandante di un omicidio, Bevilacqua avrebbe ricominciato a tessere relazioni per tornare a comandare. La sua, secondo i detective della procura di Caltanissetta, era una «famiglia intrisa di mafiosità» che negli anni si sarebbe mossa per consentire a don Raffaele di dirigere l’altra famiglia: quella mafiosa. Adesso dietro le sbarre sono finiti anche altri due figli: Alberto e Giuseppe. I carabinieri ascoltano, registrano e annotato. Il profilo di Alberto, gestore del bar Roma di Barrafranca, è quello di un uomo «desideroso di mostrarsi all’altezza del padre». E in questo caso la statura è quella criminale. Una sorta di pupillo di famiglia, tanto da essere vantato da mamma Giuseppa che, rivolgendosi a don Raffaele, diceva: «Questo è più diavolo di te».

Secondo i magistrati della procura nissena Maria Concetta, descritta come «lucida e determinata» avrebbe favorito il padre alternando il ruolo di figlia a quello di penalista. Professione che le avrebbe consentito di adoperarsi anche come postina con gli affiliati. Perché, non a caso, don Raffaele a chat, Whatsapp e telefonate, preferiva sempre carta e penna. Grazie all’operato della figlia-avvocata il boss avrebbe ottenuto, in virtù di una quadro sanitario più grave di quello che era realmente tanto da programmare un intervento chirurgico, anche un proroga dei domiciliari. Prima di finire sotto i ferri degli specialisti di un centro cuore di Pedara il boss ripeteva ai figli che doveva togliersi qualche «pensiero». 

Bevilacqua secondo i pm intendeva dettare le regole. Per questo motivo il 27 gennaio 2019 avviene un incontro mafioso che gli investigatori definiscono storico. Nella casa, a due passi da corso delle Province in cui era ai domiciliari, arriva, direttamente da Barrafranca, Alessandro Salvaggio, 80 anni ritenuto un fedelissimo della famiglia ennese. Un faccia a faccia, compreso un baciamano, che Maria Concetta chiede di farsi raccontare subito dopo: «Te l’ha baciata la mano? Dai guardami – diceva – sì o no?». In quelle parole secondo i pm si mischiano ritualità mafiose e orgoglio: «Mi devi raccontare tutte cose – continuava Maria Concetta – dalla testa ai piedi». E sul progetto, forse origliato, di uccidere l’ex sindaco di Barrafranca Totò Marchì, la donna non usava giri di parole: «Se fai una cosa di questa non ti guardo più. Fino a prova contraria i tuoi ordini io li cambio. Posso permettermelo».

Salvaggio non è l’unico a conferire davanti il boss. Qualche mese prima, ma solo per pochi minuti, era toccato a Salvatore Privitelli e ancora prima a Mirko Tomasello, fratello della moglie del figlio Alberto. Ma a casa del boss ai domiciliari finisce anche chi non è inserito nell’ambiente mafioso. Come un amico della figlia che, come emerge dall’inchiesta, venne fatto nascondere in una stanza durante un controllo domiciliare delle forze dell’ordine. In quell’occasione la figlia ha la prontezza di togliere un bicchiere di troppo dal tavolo: «Vedi come sono sperta?», si vantava con il padre. 

Ma il vero spartiacque in questa storia arriva la notte in cui scatta il blitz Kaulonia sulla mafia ennese. L’avvocata riceve la nomina per difendere il cognato Tomasello e Calogero Bonfirraro e grazie al suo ruolo riesce ad accedere alle carte dell’inchiesta, scoprendo che gli inquirenti stanno indagano su di lei e la sua famiglia. Praticamente è l’inizio della fine e, tra pianti e preoccupazione, a poco serve il piano, solo accennato, da papà Raffale e dai figli di architettare una possibile collaborazione con l’autorità giudiziaria per mascherare i faccia a faccia con i boss che viaggiavano dalla provincia di Enna al cospetto dell’ex uomo della DC.


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