I ricercatori della Facoltà garantiscono la disponibilità - limitata a 12 CFU e condizionata a solo un anno - a riprendere gli insegnamenti, per permettere lavvio del secondo semestre. Lo facciamo per garantire un servizio pubblico e per salvare le lingue a Catania dicono. Ma la protesta contro la Riforma Gelmini continua sul piano giuridico
Lingue, (ri)partenza condizionata
Disponibilità limitata ad un numero ristretto di crediti formativi e condizionata soltanto a quest’anno: ecco la scelta dei ricercatori della Facoltà di Lingue di Catania per coprire gli insegnamenti del secondo semestre. Le lezioni avevavo stentato a prendere il via a causa della protesta di molti membri del Coordinamento che, per contrastare l’approvazione in Parlamento della legge Gelmini e dare un segnale forte alla sede centrale, si erano dichiarati indisponibili ad assumere gli insegnamenti a loro affidati. “La facoltà ha preso atto delle indisponibilità e ha verificato che senza i ricercatori è impossibile fare partire i corsi” dice Attilio Scuderi, docente di italianistica e fra i più attivi nella mobilitazione.
“Data la prevalenza di insegnamenti affidati a ricercatori, qui a Lingue si sarebbe di fatto interrotto un pubblico servizio – spiega il docente. Sull’indisponibilità si è aperto un dibattito in ambito nazionale e si è individuato un ventaglio di modalità di protesta e noi abbiamo scelto questa opzione. Circa 20 ricercatori su ventiquattro hanno firmato un documento in cui dicono che, alla luce della richiesta della facoltà, si renderanno disponibili, ma solo per quest’anno”.
Le lezioni ripartiranno quindi, ma la protesta non si ferma: “Ci prepariamo a fare ricorso, affinchè venga riconosciuto che l’università non sta funzionando più. E andremo avanti con la protesta anno per anno: per il secondo semestre si è stabilita una quota di 12 CFU, e si è stabilito anche di legare questa disponibilità limitata ad un ricorso, che stiamo elaborando con i nostri legali. Questa è la linea su Lingue. Abbiamo scelto questa formula perché riteniamo che quello dei ricorsi sia uno strumento politico importante. Ci stiamo affidando alla legge anche per il blocco degli scatti stipendiali, per cui siamo già pronti a partire. Chiediamo ai giudici di riconoscere la nostra funzione docente, alla luce della legge e della scelta del Ministro di mettere come figura ad esaurimento, su un binario morto, i 26mila ricercatori dell’università italiana”.
“I ricercatori continuano la protesta non perché non desiderino fare lezione – sottolinea Renata Gambino, docente di germanistica – Ci sono dei motivi strutturali che spingono a continuare. Comprendiamo le effettive difficoltà per gli studenti, che sono la parte lesa, e abbiamo studiato questa terza via, approntando un piano didattico che consenta di attivare in tutti i corsi di laurea tutte le materie, tranne alcuni corsi a scelta che comunque erano già decaduti”. La ricercatrice ne approfitta anche per chiarire i punti del piano didattico eleborato dalla facolta per andare incontro alle esigenze degli iscritti. “Abbiamo diviso i corsi in maniera molto ragionata, abbiamo lavorato molto per ottenere questa quadratura del cerchio. Il preside Famoso è riuscito a trovare i fondi per alcuni contratti e possiamo garantire quest’anno la continuità didattica e la copertura dei corsi, per dare la possibilità agli studenti di completare regolarmente l’anno accademico”.
“Gli insegnamenti di lingua, affidati interamente a ricercatori, saranno tutti coperti – garantisce la docente di Lingua e Letteratura Tedesca, il cui corso, ad esempio non era ancora cominciato – ma ci sarà un grande problema. Le lingue sono materie annuali, hanno un carico frontale che supera quello che si fa in un semestre, quindi, per motivi tecnici, sarà necessario fare lezione, ad esempio tre volte alla settimana, o di accorpare gruppi di lezioni. Quindi gli studenti avranno un carico orario superiore a quello che è stato negli anni passati”.
Questa l’attuale situazione di Lingue. In altre facoltà invece, alcuni membri del Coordinamento non hanno ritirato le indisponibilità. Come ci spiega la professoressa Gambino, la scelta della Facoltà di Lingue non è stata casuale: “Noi ci siamo dichiarati disponibili solo perché crediamo che sia importante che a Catania si continui a mantenere in vita l’asse formativo linguistico, che invece adesso la sede centrale sta con sistematicità prendendo a picconate. Nello specifico, si sta attuando una politica che distrugge ogni possibilità di futuro per l’asse formativo linguistico. È anche in questo senso che si dirige la nostra protesta”.
“Noi abbiamo avuto piena consapevolezza dei disagi degli studenti, ma ci sarebbe piaciuto trovare una maggiore risposta – lamenta infine Scuderi. Sappiamo che gli studenti ci hanno capiti, ma siamo colpiti dal loro stato di passività. È una rassegnazione dalla quale le nostre nuove generazioni o hanno la capacità di riscuotersi, oppure verranno cancellate dalla storia di questo continente. C’è stata una partecipazione, ma non hanno colto pienamente ciò che stava accadendo. A parte frange limitate, prevale un interesse spiccio: dare la materia, passare l’anno. Esigenza comprensibile, ma dal nostro punto di vista, priva di una prospettiva”.
La mobilitazione dei ricercatori quindi prosegue e adesso si sposta su due fronti: il primo è quello dei decreti attuativi, ovvero i dispositivi tecnici che renderanno attiva la riforma: “Ne saranno emessi nei prossimi mesi almeno una cinquantina. Su questi noi vigileremo, guardandoli, discutendoli, facendo ricorsi”, assicura Scuderi. L’altro fronte è quello delle “carte costituenti degli atenei”, gli Statuti, sui quali i membri del Coordinamento si riservano di proporre petizioni e forum di discussione. “La legge Gelmini è passata e noi abbiamo subito una sconfitta parlamentare, ma non morale – conclude Scuderi – In questo quadro, dobbiamo provare a svuotare la legge dall’interno”.