Laura, il pm chiede 16 anni Al via la sottoscrizione

Nessun agguato premeditato, ma nemmeno la risposta a una provocazione. Andrea Rizzotti avrebbe sparato per futili motivi. Colpendo per sbaglio, nel luglio dello scorso anno in piazza Dante a Catania, la studentessa Laura Salafia, appena uscita dall’università. E’ questa la ricostruzione del pm Pasquale Pacifico che durante l’udienza a porte chiuse di ieri ha chiesto al giudice Luigi Barone 16 anni di reclusione per l’ex impiegato comunale e custode della chiesa di San Nicolò l’Arena. Sentito anche Maurizio Gravino, pregiudicato affiliato al clan Zuccaro e vero obiettivo di Rizzotti: una testimonianza durata dieci minuti scarsi, ma che non smentisce le attese.

Con una lettera Gravino aveva fatto sapere che non si sarebbe mai presentato, nonostante l’ordine di accompagnamento coattivo disposto dal giudice il 22 settembre. E invece arriva puntuale in tribunale e racconta la sua versione. Nega di aver mai provocato Rizzotti, nemmeno con il gesto delle corna. Un’ingiuria riferita a una presunta relazione clandestina tra Gravino e la moglie di un nipote di Rizzotti che – secondo i racconti dell’imputato – avrebbe portato quest’ultimo all’esasperazione. Il pregiudicato nega anche di essere stato armato, quel giorno in piazza Dante. Quella che Rizzotti, poche ore dopo la sparatoria, aveva indicato ai magistrati come una pistola puntata contro di lui, secondo Gravino era solo un cellulare nero. E anche l’imputato ritratta. «Ho potuto distinguerla con chiarezza» faceva mettere a verbale il primo luglio dello scorso anno. Durante l’udienza, invece, racconta solo di aver visto Gravino avvicinare una mano alla cintura e di aver sparato per paura. Nessuna arma, quindi, che comunque poteva essere stata scambiata per il cellulare. «Un assist all’imputato» si commenta dopo l’udienza, chi con soddisfazione, chi con amarezza.

Un particolare importante per le parti, che fino a oggi hanno tentato di provare i motivi del comportamento di Rizzotti. Quasi premeditazione, secondo Carmelo Peluso, avvocato della famiglia Salafia, unica parte civile del procedimento. Nonostante l’aggravante sia stata scartata dal pm, il legale si dice soddisfatto: la richiesta di condanna è per lui «sufficientemente severa». Una reazione dovuta allo «stato d’ansia in cui Rizzotti viveva» per le provocazioni di Gravino, invece, secondo il suo legale Giorgio Antoci. Che sottolinea: «Il mio cliente durante l’udienza ha chiesto scusa alla famiglia Salafia. Ma non perdono, perché quello presuppone che ci sia stata una volontà da parte sua di provocare quello che è successo».

Tra queste posizioni si è inserita quella della procura che contesta l’aggravante dei futili motivi per l’accusa di duplice tentato omicidio a carico di Rizzotti. «Non trattandosi di due gentlemen inglesi, è possibile che ci sia stata una parola di troppo o qualche sguardo» ammette il pm Pacifico durante la requisitoria. Troppo poco però per parlare di una provocazione. Rizzotti quindi, secondo l’accusa, avrebbe reagito in modo spropositato. Sparando a Maurizio Gravino e colpendo alla nuca Laura Salafia, ancora in un centro di riabilitazione a Imola, paralizzata dal collo in giù.

Nei prossimi mesi – forse anche prima di Natale – la studentessa tornerà a Catania, ma avrà bisogno di una casa senza barriere architettoniche. Altre spese che la famiglia dovrà affrontare da sola: da Rizzotti, infatti, comunque vada il processo, non arriverà nessun risarcimento. «Ma a breve partirà una sottoscrizione – spiega l’avvocato Peluso – Chiunque potrà contribuire e aiutare Laura». La stessa idea lanciata negli scorsi mesi ma poi lasciata cadere dal rettore dell’università di Catania Antonino Recca. «L’iniziativa è nostra – precisa il legale – ma il rettore mi ha richiamato dicendosi disponibile a partecipare».

 

[Foto di Antonio Guarino]


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Ultime udienze per la sparatoria del luglio dell'anno scorso in piazza Dante, dove è rimasta ferita una studentessa. L'ex impiegato comunale ha sparato per futili motivi, dichiara l'accusa. Una reazione per lo «stato d'ansia in cui viveva» ribatte la difesa. Chiave del processo il vero obiettivo dell'imputato: il pregiudicato Maurizio Gravino, sentito ieri in aula

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