L’agenda politica che Musumeci lascia al suo successore Tra riforme mai nate e piccoli grandi problemi non risolti

Eredità pesante, perlomeno sul piano delle promesse, che toccherà (qualora il centrodestra si confermasse alla guida della Sicilia) portare avanti (sempre, e non è escluso, che i programmi non vengano stravolti) a un palermitano (o magari a una siracusana come la quotata Stefania Prestigiacomo). Ragionando sulle dimissioni di Nello Musumeci le parentesi e i distinguo in cui ci si imbatte non sono pochi. A dire il vero, anche i punti fermi non mancano e tra questi ci sono senz’altro il fatto che il prossimo governatore di centrodestra non sarà – stando a quanto detto ieri da Musumeci a Catania a proposito delle proprie origini – un catanese e che si ritroverà a dover mettere mano a tanti temi che nei quasi cinque anni di legislatura sono rimasti in sospeso. Nonostante gli annunci, i disegni di legge di iniziativa governativa e una rivoluzione che, al pari o quasi di quella decantata dal predecessore Rosario Crocetta, si è fermata sulla carta. Passare in rassegna le riforme incompiute equivale a compiere un viaggio nel tempo, ma anche a ritrovarsi un elenco, peraltro soltanto parziale, delle cose che non funzionano in Sicilia. Problemi di cui se è difficile individuare l’inizio, risulta ancora più arduo immaginare il momento in cui verranno risolti. Al netto, si intende, dei proclami che accompagneranno il percorso di avvicinamento al voto del 25 settembre

La prima riforma mai nata che viene in mente, non fosse altro che da mesi si guadagna le prime pagine dei giornali, è quella riguardante i rifiuti: dopo avere ricevuto nel 2018 i poteri straordinari dal governo nazionale, Musumeci ha rivendicato il risultato di avere portato l’isola fuori dall’emergenza dopo vent’anni. Parole che si sono scontrate con l’implosione della gestione del servizio in più parti della Sicilia, tra discariche sature, impianti pubblici che non vedono la luce e una riorganizzazione della governance del settore che avrebbe dovuto mandare in soffitta le tanto criticate 18 Srr in favore delle Ada, una per provincia, ma che non è mai stata approvata dall’Ars, con tanto di passi falsi in aula. Musumeci è stato anche il primo fautore della realizzazione di due termovalorizzatori ma, dopo la manifestazione d’interesse e l’individuazione dei progetti da mandare in gara, l’intero iter sembra essersi arenato, forse raffreddato da un punto di vista politico anche da logiche elettorali.

Meno sentito a livello pubblico ma con un elevatissimo numero di soggetti interessati è la questione legata alla riforma del settore forestale. I sindacati, prima sotto l’assessore Edy Bandiera e poi con Toni Scilla, hanno proposto e atteso segnali chiari dalla politica regionale ma ad oggi ogni piano per cambiare le sorti degli operai stagionali è rimasto al palo. E dire che in una certa fase si era immaginata anche una stabilizzazione poi rimodulata in una abolizione della categoria dei 78isti. Il tema della cura del territorio interessa anche le tante riserve naturali presenti in Sicilia e per le quali Musumeci e il governo avevano pensato a una centralizzazione nella gestione, con pro e contro che però non sarà possibile testare all’atto pratico, a meno che il prossimo governo non decida di dare seguito al disegno di legge presentato l’anno scorso e annunciato ancora prima.  

Chi ha a cuore le politiche abitative ha senz’altro provato curiosità nell’immaginare cosa sarebbe cambiato nella gestione degli alloggi popolari con l’istituzione dell’Agenzia per la casa. Un progetto per centralizzare la governance e superare gli Iacp, molti dei quali l’anno scorso invece hanno registrato la nomina dei presidenti o la proroga dei commissari. Tra le prime speranze alimentate dal governo Musumeci c’è stata quella di trovare una soluzione al fenomeno Ipab, gli istituti pubblici di assistenza e beneficenza attorno a cui in passato ha ruotato parte dell’offerta socio-assistenziale ma che nel recente passato ha significato per molti lavoratori l’esperienza di un calvario. All’approvazione della riforma, l’anno scorso, aveva vincolato la propria ricandidatura anche la deputata Angela Foti, avvicinatasi a Musumeci dopo l’uscita dal Movimento 5 stelle. 

L’elenco delle riforme mancate potrebbe proseguire con lo stallo delle Asi e il limbo in cui tutt’oggi versano i Consorzi di bonifica. L’idea era sempre quello di accorpare i due esistenti – seppure anche questa divisione nasconda all’atto pratico un panorama ancora più frastagliato – ma nulla si è concretizzato e anzi gli enti sono finiti nell’occhio del ciclone per avere toppato l’appuntamento con il Pnrr. Rimanendo in tema, aveva fatto discutere anche il progetto di revisione della normativa che regola il servizio idrico, ma il problema alla fine non è stato affrontato all’Ars. All’appello mancano anche cose che, pur non rientrando nell’ambito delle riforme, sono state attese invano. È il caso sicuramente del problema legato alla cenere vulcanica che nel 2021 è caduta decine di volte nell’hinterland catanese. Musumeci aveva assicurato di avere una soluzione per lo smaltimento sfruttando una cava dismessa, la cui individuazione però non è mai avvenuta, con la conseguenza che la terra in molti comuni continua a giacere agli angoli delle città oppure in luoghi di raccolta trasformatisi, con il passare dei mesi, in discariche. Potessero parlare, a domandarsi cosa accadrà con il prossimo governatore sarebbero senz’altro i cavalli della tenuta Ambelia. Il sito della Regione, che ospita razze autoctone e che si trova nel paese natale di Musumeci, in questi anni è stato al centro della valorizzazione del governo, con cospicui investimenti e l’organizzazione di eventi fieristici dedicati.


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