La Nena de Laredo uccisa dai narcos Torturata perché postava la verità

Ancora non è chiaro quale fosse il suo vero nome, se Marisol Maria Castaneda o Mary Elizabeth Castro Macias. Non importa. Basterà ricordarla con il suo nickname, “NenaDLaredo”, la ragazza di Laredo. Era messicana, trentanove anni. Lavorava per il giornale locale Primera Hora. NenaDLaredo non hai mai scritto un articolo sul narcotraffico in Messico, eppure sabato 24 settembre la sua testa mozzata è stata trovata per strada. C’era l’ombra di una statua di Cristoforo Colombo che le toglieva il sole, e due tastiere per computer ai lati. Un cartello lì di fronte spiegava l’orrore.

«Ok Nuova Laredo Live e altri social network. Io sono “la ragazza di Laredo”, e sono qui per quello che ho scritto io e voi… per coloro che non vogliono credere, questo è accaduto per le mie azioni e per aver confidato nella Sedena [segreteria per la difesa nazionale messicana, n.d.a.] e nella marina… Grazie per la vostra attenzione. La “ragazza di Laredo… ZZZZ».

La condanna a morte è spiegata. Nena non scriveva articoli, Nena postava notizie su un social network locale, Nuova Laredo En Vivo. Denunciava i cartelli della droga della città, collaborava attraverso un nickname con le forze dell’ordine, forniva loro i luoghi e i nomi che si sentivano per le strade. Qualcuno però ha fatto una soffiata, ha rivelato l’identità della Nena, prontamente torturata, smembrata, mostrata come ammonimento, zittita.

Non era l’unica che sfruttava l’anonimato del web 2.0 per parlare. Sono ormai molti i cittadini messicani che si riuniscono in apposite piazze virtuali e denunciano. Sono i nuovi eroi, armati di modem e monitor invece che di spade, scudi o pistole. Ci vuole coraggio per essere un utente della Wikinarco, che raccoglie quante più informazioni possibili sulle mafie messicane. Per condividere i dati sulla lotta al narcotraffico nel portale Frontera al Rojo Vivo. Per aggiornare puntualmente El blog del narco, con le ultime dinamiche delle alleanze mafiose.

Ci vuole coraggio, soprattutto, per parlare di chi ha ucciso Nena. La firma, “ZZZZ”, è inconfondibile: sono Los Zetas, gli Zeta. E’ il cartello della droga più violento dell’intero Messico. E’ stato fondato nel 1999 dal militare corrotto Arturo Guzmán Decena, uno dei migliori del reparto speciale Gafes (Grupo Aeromóvil de Fuerzas Especiales). Lo seguirono altri trenta disertori: in fondo la droga paga, più dello stato. Decena fu il leader indiscusso fino alla sera del ventuno novembre 2002, quando un paio di colpi di pistola gli bucarono il cranio in puro stile mafioso al ristorante. Il capo ora è Heriberto Lazcano, detto El Verdugo, Il Boia, classe 1974.

Fino al 2005, quando la maggior parte dei trentuno mebri furono uccisi o arrestati, gli Zeta si contraddistinguevano nel panorama sudamericano per una spiccata abilità strategico-militare. Tutti i componenti vantavano elaborati addestramenti che li rendevano soldati d’elite, tanto che nel 2003 l’allora Ministro della Difesa messicano li definì «la più formidabile squadra della morte nella storia del Messico». C’erano i muscoli, ma non mancava neanche il cervello. Il capo Decena e i suoi collaboratori avevano costruito una fittissima rete di contatti, in grado di racimolare informazioni utili fin negli ambienti più sensibili delle forze di polizia e della politica.

I nuovi Zeta hanno perso quell’aura di professionalità – se di professionalità si può parlare – delle origini. Prima si ammazzavano i giudici e i personaggi chiave della lotta al narcotraffico, ora si staccano le teste alle ragazze di Laredo. E’ vero quando si dice che a volte per soldi e potere ci si dimentica di essere umani. Si diventa ratti, sporchi ratti pronti a tutto per sgrafignare gli avanzi di una debole umanità che ha bisogno di qualche grammo di droga per sentirsi viva per mezz’ora.

Lo ha scritto anche Nena in uno dei suoi ultimi tweets: «Caceria de ratzzz si ven a donde korren esos DENUNCIELOS». Caccia ai ratti [le tre zeta finali sono un gioco di parole in riferimento agli Zeta, n.d.a], se vedete dove corrono, segnalateli.

 

[Foto di chilcy e Libertad digital]

Stefano Gurciullo

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