La foto di Maesano fermato e la deontologia I pareri di Franco Abruzzo ed Enrico Trantino

«Nel caso del giornalista, si tratta di cronaca». Così il presidente della Camera penale etnea, Enrico Trantino, chiarisce il suo punto di vista sulla pubblicazione delle immagini del fermo di Ascenzio Maesano, il sindaco di Aci Catena indagato dalla Procura di Catania perché accusato di aver preso una tangente e attualmente rinchiuso nel carcere di piazza Lanza a Catania. A sollevare il dibattito sulla deontologia, argomento fondamentale per la professione giornalistica e troppo spesso trascurato, è il quotidiano on line L’Urlo, richiamando un comunicato della stessa Camera Penale. MeridioNews, unica testata a pubblicare quelle immagini da un video originale e non tratte dal successivo filmato diffuso dalla Dia, ha deciso di cogliere l’occasione offerta dai colleghi per aggiungere due punti di vista alla discussione.

Al centro della questione c’è la presunta violazione dell’articolo 114 comma 6-bis del codice di procedura penale che vieta la pubblicazione di immagini che ritraggono individui sottoposti a «coercizione fisica». Nel più classico dei casi si tratta delle manette. Limitazione che, nel caso di Maesano, secondo la Camera penale si manifesterebbe invece con la presenza dei due agenti della Direzione investigativa antimafia seduti in auto accanto al primo cittadino catenoto. «La nostra nota era rivolta principalmente alla Dia – spiega Trantino a MeridioNews – perché troviamo che sia curioso che figure dello Stato, deputate a far rispettare le leggi, siano le prime a violarle». Divulgando le immagini di controlli e arresti, poi pubblicate dai media.

Il rischio, per il presidente della Camera penale, è che si finisca per portare le vicende giudiziarie dalle aule del palazzo di giustizia alle piazze. «La nostra associazione cerca di far rispettare dei principi – continua il legale -. Ci sono casi, come quello di Massimo Bossetti (il presunto omicida di Yara Gambirasio, ndr) in cui le stesse forze dell’ordine hanno ammesso di aver divulgato immagini per favorire un determinato clima di opinione pubblica». Circostanza che capita quasi ogni giorno per tutte le testate, tra foto segnaletiche e filmati di blitz, ma che raramente solleva tanta attenzione. «Sono principi che valgono per tutti – ribadisce Trantino -. Secondo l’ex capo della Procura di Catania, Giovanni Salvi, la pubblicazione di queste foto poteva incentivare i cittadini a collaborare con la giustizia, ma noi non abbiamo condiviso la sua posizione». 

Chi invece ritiene che non ci sia bisogno di soffermarsi sul profilo criminale e pubblico del soggetto fotografato è uno dei massimi esperti in Italia di deontologia giornalistica: Franco Abruzzo. Già storico presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Abruzzo spiega a MeridioNews come nelle immagini che ritraggono Maesano non ci sia alcuna violazione della privacy. «È un caso sollevato dal nulla, le leggi parlano chiaro – commenta -. L’articolo 97 della legge sul diritto d’autore dice che “non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto” ed è ovvio che un sindaco che viene arrestato è un fatto di pubblico interesse». Abruzzo, infine, ricorda che l’unica situazione in cui non è permesso pubblicare le immagini è quando il soggetto viene ritratto con le manette. «Esiste anche una recente sentenza della Corte di Cassazione che lo dice», aggiunge l’esperto.

Il pronunciamento a cui fa riferimento Abruzzo è il 7261/2008 della prima sezione civile della Cassazione, già noto anche ad alcuni cronisti perché citato in un corso di aggiornamento professionale online, organizzato dall’Ordine dei giornalisti (che consigliamo ai colleghi perché ricco di utili spunti). In quella sentenza i giudici ermellini, esaminando un ricorso del Corriere della Sera, davano ragione al quotidiano, accusato di aver pubblicato una foto di un soggetto in stato di fermo, in un contesto molto simile a quello che ha visto protagonista il primo cittadino catenoto. La suprema corte, in quel caso, scrive: «Il Tribunale ha effettuato una valutazione in punto di fatto ritenendo che quanto rappresentato nella foto non evidenziava alcuno stato di costrizione fisica dell’imputato non essendo visibili le manette ed essendo l’imputato stesso e i carabinieri al suo fianco in posa del tutto rilassata».


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