Di fatto, quello ipotizzata ieri a palermo dal segretario regionale nell'incontro con i sindaci, e' un'idea della politica agli antipodi dai 'giochi di palazzo' di lumia e crocetta. Gli interventi di cracolici, zambuto, capodicasa ed enzo bianco. La posizione dei giovani amministratori, molti critici con la regione
Il PD siciliano di Fausto Raciti: un Partito costruito dal ‘basso’ al di là delle correnti
DI FATTO, QUELLO IPOTIZZATA IERI A PALERMO DAL SEGRETARIO REGIONALE NELL’INCONTRO CON I SINDACI, E’ UN’IDEA DELLA POLITICA AGLI ANTIPODI DAI ‘GIOCHI DI PALAZZO’ DI LUMIA E CROCETTA. GLI INTERVENTI DI CRACOLICI, ZAMBUTO, CAPODICASA ED ENZO BIANCO. LA POSIZIONE DEI GIOVANI AMMINISTRATORI, MOLTI CRITICI CON LA REGIONE
Gli ‘Stati Generali’ del Partito Democratico dislocati nel territorio siciliano – cioè nei Comuni dell’Isola – convocati ieri a Palermo dalla segreteria regionale, hanno avuto lo scopo di prendere le distanze dalla disastrosa esperienza di Governo di Rosario Crocetta.
Insomma, ieri, a Palermo – come potete leggere in altri articoli del nostro giornale – il segretario del PD siciliano, Fausto Raciti, ha voluto fare il punto della situazione politica nei Comuni amministrati dal centrosinistra, con in testa ovviamente gli esponenti del Partito Democratico. Dall’incontro è venuto fuori un coro unanime di insofferenza verso l’attuale Governo regionale.
Questa circostanza è apparsa evidentissima fin dai primi interventi del dibattito post relazione. E’ stato, ribadiamo, un coro unanime di insoddisfazione dei militanti e degli amministratori locali sul modo di governare la Regione da parte di una persona che formalmente appartiene al Partito Democratico, ma che con le politiche del PD ha poco in comune.
Che questo sentimento fosse assai diffuso lo avevamo registrato già prima che iniziassero i lavori del convegno, dalle risposte che alcune militanti ed amministratrici ci avevano rilasciato. Militanti ed amministratrici che rappresentavano gran parte delle presenze nella sala del convegno, a dimostrazione che le donne partecipano massicciamente alla vita politica, e ciò fa senz’altro piacere registrarlo.
Per meglio capire l’aria che si respirava nella base del partito riportiamo alcune dichiarazioni che abbiamo raccolto nell’attesa che iniziassero i lavori.
Tania Licciardi, 23 anni, assessore alle politiche sociali e giovanili, sport e riserva terrestre del Comune di Ustica, di sicuro la più giovane amministratrice della Sicilia: La Regione non sta bene. La politica regionale è precaria e danneggia i Comuni. Avremmo bisogno di un Governo più credibile. Sarebbe auspicabile mettere fine a questa esperienza di Governo e andare a nuove elezioni. Ma la vedo improbabile. Va detto, però, che il danno è stato già fatto e che dobbiamo rimboccarci le maniche per ripartire.
Caterina Provenza, consigliere comunale a Lascari: I Sindaci ormai sono ridotti ad esattori di tasse e ci mettono pure la faccia. Sono qui per capire quale ruolo è assegnato ai Comuni in relazione ai tagli finanziari che ne bloccano le funzioni.
Sara Lanza e Federica Cilea del circolo PD di Bagheria. Dice Sara: Abbiamo bisogno come partito di ritrovarci, c’è troppa divisione e manca una visione complessiva della politica. Ed alla domanda: vuoi dire che non c’è un partito?, risponde Federica: Per certi versi è proprio così. E prosegue: E’ necessario tornare presto a votare, ma con altra legge elettorale, con minori sbarramenti e meno presidenzialismo.
In questo clima alle ore 11,30 Fausto Raciti inizia la sua relazione che si sviluppa secondo quattro direttrici: finanza locale, riforma degli enti intermedi, piano rifiuti e programmazione dei fondi europei.
Sul primo punto in maniera sintetica accenna alla necessità di fare degli enti locali i soggetti della programmazione territoriale, dotandoli di strumenti finanziari idonei a conseguire lo sviluppo locale. Questo processo è già iniziato con la legge che istituisce i Consorzi dei Comuni, ma che deve essere completato e trovare l’assetto di lunga lena con l’attribuzione delle competenze. Argomento assai significativo dal momento che occorrerà trasferire ad essi funzioni che in atto sono della Regione e che in capo ad essa assumono sapore centralistico. Mandando, cioè, a catafascio il principio di sussidiarietà.
Sui rifiuti, argomento che tocca da vicino i Comuni che a questo fine incassano la relativa tassa, la Tari, la valutazione di Raciti è che il sistema così com’è non va affatto bene e che questi debbono essere considerati una risorsa quale fonte energetica e pertanto la loro gestione deve vedere protagonisti, oltre che i Comuni, anche gli operatori economici i centri di ricerca scientifica e gli operatori sociali. In questo senso va rafforzata la funzione amministrativa dei Comuni e il loro associazionismo territoriale.
La relazione del segretario si è poi conclusa con un riferimento al partito e al suo ruolo di soggetto rappresentativo di istanze popolari, lamentando la crisi della rappresentanza sia della politica che dei corpi intermedi della società.
In assenza di un progetto istituzionale adeguato partiamo dai territori e dai loro enti. Un partito è tale se è capace di riportare a progetto complessivo l’insieme di tutte queste insufficienze e tramutarle in realizzazioni.
L’ex Sindaco di Agrigento, Marco Zambuto, apre la serie degli interventi il cui filo conduttore, al di là delle singole esperienze comunicate da ognuno di loro, è l’incomunicabilità che intercorre tra i Comuni e la Regione siciliana, in particolare con la burocrazia regionale, che spesso pretende di prevaricare le competenze e le funzioni di chi ha un mandato popolare, imponendo la visione burocratica degli adempimenti e delle funzioni proprie dell’amministratore.
Questo aspetto fondamentale è stato definito con particolare efficacia dal sindaco di Partinico, Salvatore Lo Biundo, che è anche vice presidente dell’Anci Sicilia, l’associazione dei Comuni siciliani: I comuni non sono ascoltati né sulla programmazione, sia locale che regionale, né sulla questione dei rifiuti che è una competenza primaria dell’amministrazione locale.
Segue l’intervento dell’onorevole Antonello Cracolici, del quale non si è capito il senso rispetto all’impostazione dell’introduzione del segretario Raciti. L’argomento trattato da Cracolici è stata la legge sull’istituzione dei Consorzi di Comuni e delle Città metropolitane. Infatti, egli si dichiara assertore dell’ipotesi che il territorio delle Città metropolitane coincida con quello delle Province appena dismesse. Come dire, l’espressione classica del riformismo gattopardesco: cambiare tutto per non cambiare niente!
Secondo la tesi cracoliciana, è sufficiente cambiare il nome ad una istituzione per realizzare una riforma. Il territorio resta lo stesso, le competenze non si sa, l’importante che non si chiamino più Province, ma Città metropolitane. L’apoteosi del riformismo!
Per non parlare, poi, del modo di eleggerne gli organi istituzionali. Ma quale democrazia popolare, gli organi di gestione dei Consorzi di Comuni? Ci riuniamo in sede ristretta e li nominiamo, che centra coinvolgere i cittadini: è una inutile perdita di tempo.
E meno male che Raciti aveva posto il tema della crisi della rappresentanza. Cracolici ha indicato la via giusta per ‘rafforzarla’…
Si badi: i due si richiamano alla medesima filosofia politica cuperliana. Però come come realizzare le riforme Raciti e Cracolici non sembrano sulla stessa lunghezza d’onda.
Un’osservazione di un qualche rilievo Cracolici l’ha posta a proposito degli Ato (Ambiti ottimali) acqua e rifiuti, quando, a proposito del loro numero, ha messo in evidenza le incongruenze concettuali ‘elaborate’ dal Governo Crocetta, che – mentre teorizza che ogni Consorzio di Comuni deve prevedere un Ato-acqua ed uno rifiuti – nel suo progetto di legge sull’acqua, richiamandosi ai principali bacini idrici del territorio siciliano, ne individua appena tre. Su questo argomento sollecita il partito a dire la sua, piuttosto che scegliere la soluzione secondo la quale a megghiu parola è chidda ca nu si rici. Un contegno omertoso che non fa bene a nessuno.
Angelo Capodicasa, ex presidente della Regione e più volte deputato regionale e nazionale, si è soffermato puntualmente sui singoli punti proposti dalla relazione introduttiva e ne ha sviluppato i contenuti in relazione alle prospettive che la crisi finanziaria nazionale comporta sul loro futuro. Secondo le sue previsioni, la crisi si protrarrà ancora per qualche anno atteso che sino al 2017 le previsioni di crescita sono teorizzate in appena lo 0,6 per cento del Prodotto nazionale lordo (Pil).
Previsione che, com’è avvenuto nel recente passato, appare ottimistica e pertanto non è previsto alcuno sviluppo del reddito e dell’occupazione, pertanto la crisi finanziaria si protrarrà nel tempo. I costi di questa crisi comporteranno altri tagli ed altre privazioni per cui, secondo il criterio che informa la finanza derivata, i tagli colpiranno sempre coloro che stanno nel gradino più basso: dallo Stato verso le Regioni e i 4 miliardi di euro, unitamente ad un altro miliardo e mezzo di tagli ai Comuni, già annunciati nella legge di Stabilità, sono solo un assaggio.
Questo stato di cose implica, secondo Capodicasa, la maggiore qualificazione della spesa dei fondi strutturali europei, dei quali ha rilevato che se ne parla sempre in termini di quantità della spesa e mai della sua programmazione e della qualità dei loro impieghi. Della loro programmazione e del loro impiego i soggetti territoriali dovranno assumere un ruolo più incisivo e qualificato.
Tutte queste circostanze evidenziano la necessità di una profonda revisione degli assetti istituzionali e, pertanto, va da sé che in Sicilia non è più possibile continuare a mantenere un apparato amministrativo elefantiaco ed è perciò necessario un profondo decentramento della gestione e del personale, conservando alla Regione il compito di programmazione, d’indirizzo e di verifica. Per adempiere a tali incombenze, alla Regione siciliana occorrerà un apparato amministrativo di poche centinaia di persone altamente qualificate e basta. Tutto il resto dovrà essere trasferito ai territori.
Sono seguiti altri interventi del Sindaco di Vittoria, Giuseppe Nicosia, del Sindaco Gela, Angelo Fasulo, dei consiglieri comunali di Sciacca, di Pace del Mela e di Catania, ognuno dei quali ha testimoniato le difficoltà che si incontrano nei rapporti con la Regione siciliana.
In definitiva, è stato un coro unanime di denuncia delle politiche, o meglio, delle non politiche espresse dal Governo di Rosario Crocetta.
Le conclusioni vengono affidate al Sindaco di Catania, Enzo Bianco. Che più che delle questioni amministrative legate al suo compito di di primo cittadino si è intrattenuto su vicende più interne al suo partito, non trascurando i problemi legati alla istituzione delle tre Città metropolitane, invocando il recepimento in Sicilia della legge Delrio, che sul terreno nazionale sta trovando applicazione senza arrecare complicazioni e forzature.
Fausto Raciti nel suo brevissimo intervento conclusivo ha annunciato che a fine novembre si terranno gli stati generali sulla Cultura, confermando l’avvio di un metodo che tende a dare al partito un progetto politico complessivo costruito dal basso con la partecipazione attiva della base e non attraverso le mediazioni fra le diverse anime che lo compongono.