Un bizzarro e demagogico convegno andato in scena oggi a messina ripropone le tre citta' metropolitane (le altre due sarebbero quelle di palermo e catania). Chi le propone si sta mettendo sotto i piedi lo spirito della legge nazionale che le ha istituite: la 142 del 1990. Non sappiamo se questi signori ignorino questa legge. Ma sappiamo che vorrebbero far sparire da 50 a 60 comuni dell'isola trasformandoli in orride periferie, secondo un disegno che sa tanto di quarto reich. . .
Il ministro Giampiero D’Alia e il grande imbroglio metropolitano
UN BIZZARRO E DEMAGOGICO CONVEGNO ANDATO IN SCENA OGGI A MESSINA RIPROPONE LE TRE CITTA’ METROPOLITANE (LE ALTRE DUE SAREBBERO QUELLE DI PALERMO E CATANIA). CHI LE PROPONE SI STA METTENDO SOTTO I PIEDI LO SPIRITO DELLA LEGGE NAZIONALE CHE LE HA ISTITUITE: LA 142 DEL 1990. NON SAPPIAMO SE QUESTI SIGNORI IGNORINO QUESTA LEGGE. MA SAPPIAMO CHE VORREBBERO FAR SPARIRE DA 50 A 60 COMUNI DELL’ISOLA TRASFORMANDOLI IN ORRIDE PERIFERIE, SECONDO UN DISEGNO CHE SA TANTO DI QUARTO REICH…
Noi abbiamo grande rispetto per il Ministro della Pubblica amministrazione, Giampiero D’Alia. Ma la ‘convegnessa’ che ha organizzato oggi a Messina sull’improbabile città metropolitana nello Stretto – e sulle altrettanto improbabili città metropolitane di Palermo e Catania – non ci convince proprio. Proviamo a illustrare il perché.
Intanto vediamo cosa ha detto il ministro partendo dal comunicato stampa diramato dall’ufficio stampa di D’Alia.
“Dobbiamo aprire un dibattito – ha spiegato il ministro – che coinvolga la politica, fuori da ogni colore di partito, i cittadini, le forze sociali, sindacali, le forze imprenditoriali, gli ordini professionali, così da redigere una proposta da affidare ai nostri deputati regionali, per scrivere insieme la legge che vogliamo per i nostri territori”.
“Non abbiamo bisogno di Province rachitiche o di liberi consorzi – ha aggiunto – ma dobbiamo lavorare per il rilancio e la crescita delle municipalità. La nascita dei consorzi dei Comuni, inoltre, non cancellerà lidentità dei piccoli Comuni, ma questi ultimi, aggregandosi, avranno più possibilità di agire sui territori, guadagnare autonomia economica e amministrativa con la possibilità di crescere, valorizzando le proprie specificità”.
DAlia, inoltre, ipotizza tre grandi città metropolitane così pensate: “Palermo, Capitale della Sicilia, deve avere più poteri e autonomia; Catania città metropolitana dei distretti produttivi; Messina città metropolitana dellarea dello Stretto, insieme a Reggio Calabria, con molti servizi organizzati e gestiti direttamente dalle due città”.
Intanto va detto che – stando almeno a quello che leggiamo nel comunicato – notiamo un paio di contraddizioni. “Non abbiamo bisogno di Province rachitiche o di liberi consorzi”, dice il ministro, riferendosi, ovviamente, ai liberi consorzi di Comuni. Successivamente dà per scontata la nascita degli stessi liberi consorzi di Comuni che prima dice di non volere. Ministro: li vuole o non li vuole ‘sti liberi Consorzi di Comuni?
“La nascita dei consorzi di Comuni, inoltre, non cancellerà lidentità dei piccoli Comuni…”: ministro, ma ha letto attentamente quello che dice nel comunicato? Ma dove l’ha letto che i consorzi di Comuni cancellerebbero “l’identità dei piccoli Comuni”? Egregio ministro, i “liberi consorzi di Comuni” sono previsti dall’articolo 15 dello Statuto e, una volta costituiti, non metterebbero certo in discussione l’identità degli stessi Comuni.
Piuttosto, come hanno giustamente l’assessore regionale alle Autonomie locali, Patrizia Valenti, e il segretario regionale del suo Partito, senatore Giovanni Pistorio, i consorzi di Comuni debbono nascere liberamente, sennò non sarebbero “liberi”: concetto, questo, che – a nostro avviso opportunamente – l’assessore Valenti e il senatore Pistorio hanno cercato di illustrare al presidente della prima Commissione dell’Ars, Antonello Cracolici, che, da buon ex comunista-stalinista, vorrebbe imporre a tutti le sue idee, che sono l’esatto contrario di quanto previsto dallo Statuto siciliano.
Egregio ministro, sa invece, che cosa rischia di cancellare non soltanto l’identità, ma da 50 a 600 alcuni Comuni della Sicilia? Sono proprio le aree metropolitane che lei vorrebbe introdurre a Palermo, a Catania e nella sua Messina.
Noi la invitiamo a leggere la legge nazionale n. 142 del 1990, ovvero la legge che ha introdotto nel nostro ordinamento le città metropolitane e i Sindaci metropolitani. Si accorgerà che la ragione di fondo di questa legge non è quella che lei, il Governo regionale e i Sindaci di Palermo, Catania e, purtroppo, anche il Sindaco di Messina perseguite: e cioè fare scomparire 50, forse 60 Comuni per salvare i dissestati bilanci di Palermo. Catania e Messina:
Noi che abbiamo qualche anno più di lei le raccontiamo perché questa legge nazionale – o meglio, questa parte della legge nazionale n. 142 – non è mai stata applicata. Non è stata applicata perché prevede il miglioramento dei servizi che dovrebbero interessare, per l’appunto, una grande area metropolitana nel quadro della valorizzazione dei Comuni.
Ma per far questo ci vogliono ingenti risorse finanziarie. Che lo Stato e le Regioni non hanno mai voluto approntare.
Ora le chiediamo: non le sembra molto strano che città metropolitane mai istituite in tempi di ‘pace’, perché non c’erano i soldi per istituirle, dovrebbero invece essere istituire in tempo di ‘guerra, cioè ora che di soldi ce n’è ancora meno? E non le sembra ancora più strano che le tre aree metropolitane da istituire in Sicilia vadano a coincidere – ma guarda un po’ che caso – con tre grandi Comuni, cioè Palermo, Catania e Messina, in dissesto finanziario non dichiarato?
Onorevole ministro, abbiate almeno il coraggio di dire le cose come stanno: voi i 50-60 Comuni li volete fare sparire nel disperato tentativo di salvare i tre Comuni più grandi dell’Isola dal dissesto finanziario. Condannando all’abbandono gli abitanti di 50-60 Comuni. Quest’idea ve l’ha suggerita il gruppo di Bilderberg o l’avete mutuata dalla Grecia, non di Pericle, ovviamente, ma dalla Grecia amministrata dal quarto Reich della signora Merkel?
Di fatto – diciamo le cose per come stanno – voi vorreste trasformare 50-60 Comuni siciliani, che tra mille problemi, fino ad oggi, hanno mantenuto la propria identità, in squallide periferie. ma le sembra un progetto politico serio?
Tra l’altro – e questo è forse l’aspetto più incredibile di questa storia – le è nato politicamente nella provincia più sturziana della Sicilia. Una provincia dove i Comuni, da sempre, sono un punto di riferimento essenziale per i suoi abitanti. Proprio secondo quanto insegnava il fondatore del Cattolicesimo sociale.
I 108 Comuni della sua provincia sono il risultato di una lunga sedimentazione culturale, sociale, economica e politica. E desta in noi grande stupore nel vedere un uomo politico come lei – che bene o male dovrebbe discendere da una tradizione sturziana – cimentarsi nel maldestro e, ce lo consenta, un po’ rozzo tentativo di sbaraccare non abbiamo ancora capito quanti Comuni della sua provincia.
In politica, poi, il rapporto tra linguaggio e realtà dovrebbe essere sempre comprensibile e non dovrebbe mai scadere nella demagogia. La demagogia lasciamola fare ai fascisti, ai nazisti, all’Unione europea, alla Bce. Ministro D’Alia, che cosa significa “lavorare per la crescita delle municipalità” se fate sparire i Comuni? Un Comune è tale se raccoglie e amministra una comunità, se ha un Sindaco, una Giunta, uffici, competenze e, soprattutto, risorse finanziarie.
Ma se gli levate le risorse finanziarie – perché è questo quello che volete fare – per poi togliergli il Sindaco e la Giunta, visto che siamo in clima di spending review al grido di “l’Europa lo vuole – a che cosa servirebbe la “municipalità”?