I ragazzi di Pippo Fava, a Catania l’anteprima «Un maestro che ci ha dato un’occasione»

«Non è l’omaggio a Pippo Fava come persona, lo celebro come maestro». Antonio Roccuzzo, giornalista, caporedattore de La 7 e scrittore, era uno dei carusi che lavorava nella redazione de I siciliani, mensile d’inchiesta diretto dal cronista ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Quel periodo, tanto intenso quanto difficile, è già stato protagonista del suo libro Mentre l’orchestrina suonava gelosia. Dal volume, assieme a Gualtiero Peirce, ha tratto la sceneggiatura del docufilm I ragazzi di Pippo Fava che verrà presentato a Catania, al teatro Bellini, lunedì alle 20 e poi trasmesso la sera del 5 gennaio su Rai Tre.

Che non si tratta di un’opera che punta alla retorica, lo scrittore lo ripete a più riprese, per poi sottolineare: «Questa non è l’antimafia che piange». Più che il ricordo di una figura importantissima del giornalismo a trent’anni dal suo omicidio, Roccuzzo tiene a precisare come il film sia una maniera per narrare, in maniera giornalistica, una vicenda. «Non è un altarino: è il racconto di quella storia», spiega con decisione. E aggiunge: «Fava non era un eroe e noi non eravamo allievi di un eroe. È la storia di un gruppo di giovani – prosegue – La mafia era centrale, e lo è ancora oggi, ma noi eravamo persone normali».

Sono tre gli elementi alla base de I ragazzi di Pippo Fava, il più importante dei quali è il «rapporto che si instaura tra allievi e maestri – afferma il giornalista – I giovani hanno bisogno di buoni maestri che sono sempre più rari». Si tratta anche di una storia che parte con l’offerta di un’occasione concreta, una condizione che scarseggia sempre più. «Un ragazzo tra i 18 e i 25 anni ha bisogno di lottare, altrimenti quale sarebbe la differenza con un adulto? Gli serve un’occasione», una chance che Fava ha concesso al suo gruppo di carusi, tutti poco più che ventenni. E, elemento altrettanto importante, riguarda la libertà di stampa, in un tempo e una terra nei quali si rischiava la vita e la si perdeva per scrivere la verità. «La Catania di 30 anni fa è l’Italia di oggi – descrive Antonio Roccuzzo – Sono problemi che non sono stati risolti e abbiamo pensato che questa storia fosse attuale anche 30 anni dopo».

Quella che il giornalista descrive come una scommessa è l’intreccio di tre diversi livelli. Da una parte la fiction, con il racconto delle vite dei giovani membri della redazione de I siciliani. Dall’altra lo stesso Pippo Fava visto attraverso la famosa intervista rilasciata a Enzo Biagi poco prima di morire, alcuni spezzoni recuperati negli archivi della Rai e un prezioso filmato amatoriale, un intervento in una scuola di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa, cittadina natia del giornalista. «Diceva delle cose con trasporto, faceva trasparire questa capacità comunicativa straordinaria, d’altronde parlava con dei ragazzi», descrive Roccuzzo. Un carisma che, a distanza di anni, si avverte anche nelle parole di chi lo ha conosciuto. A completare il quadro del docufilm e fornire delle indicazioni allo spettatore contribuiscono due interventi, dello stesso Roccuzzo e di Claudio Fava, figlio del giornalista e anche lui membro della redazione.

L’anteprima serale sarà preceduta da un incontro alle 10, nel foyer del teatro, dal titolo Imprese e legalità. «La Catania dei cavalieri non c’è più, ma di problemi simili ce ne sono ancora», spiega il giornalista riferendosi ai quattro imprenditori Francesco Finocchiaro, Gaetano Graci, Carmelo Costanzo e Mario Rendo accusati da Fava di aver costruito le rispettive fortune grazie alla collusione con la mafia. «Uno dei punti centrali de I siciliani era la denuncia forte e dura delle imprese che a Catania facevano affari con Cosa nostra e l’economia mafiosa – continua – Abbiamo pensato allora di fare qualcosa di utile per la città e la regione, far conoscere quali sono oggi le alternative, presentare delle testimonianze che vanno in quella direzione. Un presente diverso». Porteranno la propria esperienza Enrico Bini (presidente della Camera di commercio di Reggio Emilia, fondatore con Libera di uno sportello antiracket e antiusura), Tiziana Primori (presidente Coop Sicilia e vicepresidente Coop Italia, coordinatrice della rete Despar dopo la confisca a Cosa nostra), Mimmo Costanzo (imprenditore edile, ha consegnato in anticipo un lotto di undici chilometri della Salerno-Reggio Calabria) e Ornella Laneri (presidente di Confindustria Sicilia alberghi e turismo). Ma si parlerà anche di imprese giovani, come quella di Officine culturali e del nostro quotidiano, assieme alle storie di Mario Scuderi, fondatore di Youthub Catania, ed Enrica Arena, cofondatrice di Orange fiber.


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Lunedì sera, al teatro Bellini, verrà presentato il docufilm che racconta la storia dei carusi che scrivevano per il mensile d'inchiesta I siciliani. Un'opera che parte dal volume del giornalista Antonio Roccuzzo, anche lui membro della redazione creata dal giornalista ucciso da Cosa nostra il 5 gennaio 1984. La proiezione verrà anticipata da un incontro, nella mattinata, sull'intreccio tra imprenditoria e mafia. «Abbiamo pensato di fare qualcosa di utile per la città e la regione, far conoscere quali sono oggi le alternative», afferma il cronista

Lunedì sera, al teatro Bellini, verrà presentato il docufilm che racconta la storia dei carusi che scrivevano per il mensile d'inchiesta I siciliani. Un'opera che parte dal volume del giornalista Antonio Roccuzzo, anche lui membro della redazione creata dal giornalista ucciso da Cosa nostra il 5 gennaio 1984. La proiezione verrà anticipata da un incontro, nella mattinata, sull'intreccio tra imprenditoria e mafia. «Abbiamo pensato di fare qualcosa di utile per la città e la regione, far conoscere quali sono oggi le alternative», afferma il cronista

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