"titola il giornale di sicilia: "dossier choc sulla formazione: sprechi ed abusi". E, giù il commento sulle conclusioni della commissione dell'ars che si è occupata di guardare dentro uno dei fattori critici, si fa per dire, della spesa regionale. Il commento, naturale, sarebbe che hanno scoperto l'acqua calda. Da anni si accavallano denunce, la stessa corte dei conti si è fatta spesso portavoce della denuncia di sprechi ed abusi. Niente di nuovo sotto il sole. Tema antico, sul quale bisognerebbe, una volta e per tutte, mettere mano in modo serio anche se per fare questo si debbono compiere scelte dolorose.
Formazione professionale, dovè la novità?
“Titola il Giornale di Sicilia: “Dossier choc sulla formazione: sprechi ed abusi”. E, giù il commento sulle conclusioni della Commissione dell’Ars che si è occupata di guardare dentro uno dei fattori critici, si fa per dire, della spesa regionale. Il commento, naturale, sarebbe che hanno scoperto l’acqua calda. Da anni si accavallano denunce, la stessa Corte dei Conti si è fatta spesso portavoce della denuncia di sprechi ed abusi. Niente di nuovo sotto il sole. Tema antico, sul quale bisognerebbe, una volta e per tutte, mettere mano in modo serio anche se per fare questo si debbono compiere scelte dolorose.
Ma non è questo di cui scrivo, piuttosto è il racconto di una vicenda di molti anni fa, una sorta di favola con tanto di morale. Siamo negli anni Settanta, periodo in cui i governi di solidarietà autonomistica erano impegnati a recuperare il differenziale di produzione legislativa che separava la Sicilia dalle regioni a statuto ordinario. C’era una grande mobilitazione, una capacità di lavoro ed un impegno che non avrebbero certamente fatto gridare allo scandalo quanti oggi lamentano gli abusi e le esagerazioni in quanto a privilegi che interessano parlamentari e rappresentanti del popolo. Tutte le parti politiche, da destra a sinistra, si sentivano allora impegnate a portare un contributo di qualità, anche se spesso, troppo spesso, le soluzioni che si manifestavano erano frutto dello scambio fra le parti, io do una cosa a te e tu consenti una cosa a me.
Nonostante tutto, nonostante l’evidente, brutto consociativismo, quella fu una stagione di grande dinamismo autonomista, un’autonomia che avrebbe dovuto disegnare un modello diverso di società regionale. E qui inizia la favola. Proprio in quella stagione faceva parte dell’Assemblea un giovane deputato messinese, docente universitario ed avvocato che, pur provenendo da una famiglia di democratici cristiani, si era formato fra i e duri dei gruppi giovanili del Fuan. In Ars, il giovane deputato, era arrivato con una concezione manichea, impietosamente divideva fra buoni ed i cattivi: i buoni erano tutti da una parte e i cattivi dall’altra, e lui, carico di sacri furori, pronto a partire, lancia in resta, contro i cattivi. Fu assegnato alla Commissione Lavoro, allora presieduta da Vincenzo Culicchia. Una Commissione importante visto che il lavoro è il problema della gente di Sicilia. Che ti fa l’ingenuo neodeputato? – a proposito, non tutti i deputati sono della stessa pasta, ve ne sono pure come il nostro – non allunga lo sguardo verso la formazione professionale? Fu quello il maggiore impegno della sua unica legislatura.
Chiese, ed ottenne, dopo una lunga pressione, che si istituisse una commissione d’inchiesta, come quella di oggi, per guardare dentro il maleodorante recipiente della formazione professionale. Pensava di potere rispondere, in questo modo, alla sua parte politica, di dare un ceffone al malaffare. Ma i giorni, i mesi, gli anni passarono, mentre il povero deputato si arrovellava in denunce e proteste per spingere alla conclusione dei lavori. Stranamente, non si era accorto che quello della Formazione professionale era un canale caro a tutti, ad ogni partito e ad ogni sindacato, pure la Cisnal: il suo segretario aveva infatti ‘sistemato’ qualche parente stretto, al quale, come esponente del Movimento sociale italiano, faceva riferimento, vi pescava dentro per trarne, secondo un ideale e rigoroso manuale Cencelli, la propria parte.
Alla fine, la legislatura si concluse trascinando nella sua fine anche l’inchiesta che il deputato ingenuo sponsorizzava. Tutto finì così. Anzi, ci fu una coda, il deputato ingenuo non fu più eletto. La morale… la lascio al lettore.