Videochiamate e social abusivi da dentro le carceri: il caso dei video su TikTok da una cella di piazza Lanza

L’ultimo caso, i cui contorni sono ancora tutti da chiarire, è quello che ha riguardato Niko Pandetta. Il cantante, in carcere per una condanna definitiva, avrebbe videochiamato il rapper Baby Gang durante il concerto dell’1 maggio alla Playa di Catania. Diffusa la notizia, è stata avviata un’inchiesta e nella cella di Pandetta – nel carcere di Rosarno, in Calabria – la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un cellulare. I telefonini dietro le sbarre sono sempre più diffusi e a dirlo sono sono soprattutto i numeri: nel 2024 in Italia sono stati scoperti 2252 dispositivi con un aumento del 107 per cento rispetto al 2022 quando ne vennero sequestrati 1084. «Ormai non si tratta di casi isolati. Avere un cellulare in carcere è diventata una routine», spiega a MeridioNews Calogero Navarra, segretario regionale in Sicilia del sindacato autonomo polizia penitenziaria. «Trovarli non è semplice anche perché l’unico modo che abbiamo è quello di procedere con delle perquisizioni straordinarie. Ad Agrigento, recentemente, durante un blitz abbiamo sorpreso un detenuto che telefonava dentro il bagno». Fermare le comunicazioni illegali è, però, tutt’altro che semplice anche perché non sono attive le apparecchiature per schermare i penitenziari. In parte acquistati nel 2018 ma mai installati per svariati motivi.

Il cellulare in carcere non serve però soltanto per comunicare con i familiari, gestire affari illeciti o per dare ordini all’esterno. Qualcuno è riuscito pure a organizzare un pestaggio per poi assistervi in videochiamata. Su TikTok sono diversi i profili, rigorosamente anonimi, in cui vengono pubblicati video dall’interno delle celle. Uno dei più recenti, scoperto dal nostro giornale, è quello registrato come cuore17. Nove video – il primo pubblicato il 27 aprile – tutti girati dal primo piano del reparto Amenano della casa circondariale di piazza Lanza a Catania. Chi utilizza lo smartphone non si riprende mai, ma nei filmati si vedono le sbarre gialle della finestra e i palazzi all’esterno del carcere su via Ficarazzi. In sottofondo le immancabili canzone neomelodiche. Uno dei video pubblicati da questo profilo ha superato 100mila visualizzazioni con decine di commenti a sostegno dei detenuti. «Stanno chiusi ma a loro non manca nulla, grazie alle famiglie», sottolinea una donna rispondendo a un utente che invocava maggiori controlli.

«Quando mi collego su TikTok mi vengono i brividi – spiega Navarra – E tutto questo demoralizza l’intero sistema. Altro che pizzini, adesso viaggia tutto tramite WhatsApp e social. Possiamo dire che è stato messo in discussione il sistema sicurezza generale dello Stato e non soltanto quello penitenziario». Nel tempo, sono cambiati anche i cellulari che vengono utilizzati. Non soltanto i microtelefoni ma smartphone di ultima generazione. «Vengono sequestrati anche telefoni molto costosi che si piegano come le pagine di un foglio», aggiunge il segretario del sindacato autonomo della polizia penitenziaria. I dispositivi, insieme alla droga, riescono a superare i controlli nei modi più svariati. C’è chi utilizza i droni dall’esterno per rilasciarli nel perimetro delle prigioni, chi li nasconde nei manici delle padelle e ci sono le immancabili complicità, come recentemente emerso in alcune intercettazioni contenute nelle carte dell’inchiesta Caronte delle procura di Catania.

«L’amministrazione penitenziaria permette ai detenuti di stare in contatto con i familiari anche con le videochiamate ma evidentemente a tanti questo non basta», aggiunge Navarra. Anche sui colloqui a distanza esiste, però, un inquietante capitolo. Spesso, specie su TikTok, proprio i colloqui vengono ripresi con un secondo smartphone e pubblicati sui social dagli stessi familiari. In alcuni casi basterebbero dei semplici screenshot, spesso pubblicati sui social, per essere utilizzati per mostrare all’esterno lo stato di salute dei detenuti. Un caso del genere è emerso nell’inchiesta della procura di Palermo sul boss detenuto Salvatore Salvino Sorrentino. «I cellulari entrano perché non abbiamo i mezzi per controllare bene tutto. Abbiamo i cani antidroga, ma i microcellulari vengono inseriti anche nelle parti intime dai familiari e poi consegnati ai detenuti – conclude Navarra – Una volta si cercavano i coltelli e i pennini per fare i tatuaggi, adesso il mondo è cambiato». E mentre il fenomeno non conosce battute d’arresto, 48 ore dopo il caso Pandetta-Baby Gang è stata diffusa anche l’anticipazione di un nuovo singolo in duetto dal titolo Minorile. Una coincidenza che, considerato quanto successo sul palco dell’1 maggio, potrebbe avere il sapore di una trovata comunicativa.


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