Presentata a Catania la nuova rivista di Emergency, la cui vendita servirà anche a finanziare lassociazione. Gino Strada attacca la cultura della guerra e ripropone la via del disarmo. «Unutopia? Sì, ma anche l'abolizione della schiavitù lo era»
«E», un mensile contro la guerra
Pace, uguaglianza, rispetto, democrazia, giustizia sociale, disarmo. Contro guerra, ingiustizia, discriminazioni, (dis)informazione. Questi i temi caldi affrontati venerdì alle Ciminiere, presente Gino Strada, per presentare “E”, il nuovo mensile dell’associazione Emergency. Inchieste, reportage, rubriche e racconti, 128 pagine in edicola dal 6 aprile, al costo di 4 euro. “E”, diretto da Gianni Mura e Maso Notarianni, presenta anche collaboratori illustri, quali Andrea Camilleri, Claudio Bisio che si occuperà della posta, Neri Marcorè. Lo stesso Strada curerà una rubrica, “Per Inciso”. «Gino aveva pensato di chiamarla “Bisturi” – racconta Notarianni – ma il secondo nome ci è sembrato più consono».
Il mensile è un nuovo progetto di Emergency, un po’ folle come era stata, all’inizio, la creazione dell’associazione, ma con cui si vorrebbero ottenere risultati altrettanto straordinari, «perché sappiamo quanto in questo paese ci sia bisogno di ricominciare a pensare a crescere e smettere di delegare ad altri» conclude Notarianni.
Un giornale bello e intelligente che colpisce e si fa leggere, un giornale che ha anche bisogno del sostegno dei lettori. Ogni numero, acquistato in edicola o tramite abbonamento, andrà a sostenere gli ospedali di Emergency. E ancora, un giornale che racconta storie di persone normali, perché c’è bisogno di raccontarsi l’un l’altro, c’è bisogno di dialogo. La linea editoriale è contenuta nel manifesto di Firenze, lanciato nel settembre 2010. «Nel nostro Paese assistiamo alla progressiva e sistematica demolizione di ogni principio di convivenza civile – spiega Gino Strada –. Un paese che non investe nella sanità, nella cultura e nel lavoro è un paese finito, sanità ed istruzione sono sacre e inviolabili». Strada critica la “finanza di progetto” che trasforma gli ospedali in aziende ospedaliere, e la privatizzazione delle scuole. «Scuola e sanità private sono crimini». Senza dimenticare la questioni dell’acqua e del nucleare.
Sono tanti i temi, connessi alla guerra, trattati nel corso della serata. Strada racconta di Vasilij Arkhipov, l’ufficiale sovietico che evitò la terza guerra mondiale e che avrebbe meritato davvero il premio Nobel per la pace; racconta delle novanta testate nucleari che si trovano in Italia, e che non costituiscono certo un elemento di sicurezza. Parla del disarmo come unica via per arrivare a una cultura di pace. «Così come accadde per l’abolizione della schiavitù, che sembrava un’utopia, perché non provare ad abolire la guerra?». E parla ancora del nucleare, dell’«incubo Fukushima» e della questione energetica.
Grande attenzione anche alla Costituzione italiana, in particolare all’art 11: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”. Strada sottolinea che si è imposta una cultura di guerra e che l’Italia sottostà alle scelte internazionali, senza interpellare i cittadini che – anche solo per ragioni economiche, di fronte a spese esorbitanti, come i sei milioni di euro al giorno spesi per il solo Afghanistan – farebbero probabilmente scelte diverse da quelle dei governi. E parla, naturalmente, anche della violenza della guerra e dell’impressionante numero di vittime civili e militari. Che è poi il campo di attività di Emergency.
Emergency non è contro la guerra solo per ragioni ideologiche, ma perché vive la guerra. Grazie all’attività svolta dall’associazione, sono state curate ad oggi quattro milioni e mezzo di persone. «Cominciare a disegnare un mondo che sappia disintossicarsi dalla cultura della violenza, appassionarsi a quest’utopia e rasformarla in un progetto che rappresenta una sorta di puzzle. Questo giornale sarà, sul piano culturale, un piccolo pezzo di questo puzzle…», conclude Strada. Con la speranza che il «Mondo che vogliamo» possa diventare realtà.