«Iniziamo con una certa emozione questa udienza che ha dietro un lavoro di 15 anni», sono le parole utilizzate dal pubblico ministero Antonino Fanara per l’inizio della requisitoria del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a Mario Ciancio Sanfilippo. Editore, imprenditore, ex monopolista dell’informazione ed ex direttore del quotidiano La Sicilia. Novanta primavere e un ruolo che rimane di primo piano. La vicenda processuale di Ciancio è passata da tre procuratori della Repubblica – Enzo D’Agata, Giovanni Salvi e Carmelo Zuccaro – due udienze preliminari e anche dalla corte di Cassazione. Nel 2012 era stata la stessa procura a volere l’archiviazione dell’indagine ma a il giudice Luigi Barone aveva respinto la richiesta disponendo un supplemento di indagini. La giudice Gaetana Bernabò Distefano nel 2015 aveva decretato il non luogo a procedere. Proscioglimento poi annullato con rinvio dalla Cassazione con il rinvio a giudizio del 2017 disposto dalla gup Loredana Pezzino. «Noi in questa requisitoria dimostreremo che Ciancio non solo era amico di Cosa nostra, non era certo vittima, e si avvantaggiava dei servizi della mafia ponendo in essere delle condotte che erano un contributo causale all’associazione mafiosa», continua Fanara affiancato dalla magistrata Agata Santonocito.
Insieme alla figura di Ciancio sono finiti sotto la lente d’ingrandimento affari, in particolari quelli legati ai centri commerciali Porte di Catania e Sicilia Outlet Village, le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, e la gestione dell’informazione attraverso il quotidiano cartaceo. La prossima udienza è stata fissata per il 6 marzo ma con ogni probabilità i pm concluderanno la requisitoria soltanto il 20 marzo. Le parti civili del processo – che si celebra davanti il giudice Roberto Passalacqua – sono l’associazione Libera, il Comune di Catania, i fratelli del commissario Beppe Montana, rappresentati dall’avvocato Goffredo D’Antona e l’Ordine dei giornalisti di Sicilia con l’avvocato Dario Pastore. L’editore, invece, è difeso dagli avvocati Giulia Bongiorno e Carmelo Peluso.
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