È iniziato questa mattina a Pisa il processo con rito ordinario davanti alla corte di Assise per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà di leva siracusano di 26 anni trovato morto nell’agosto del 1999 nella caserma pisana Gamerra, sede del centro di addestramento della Folgore. Imputati sono gli ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, solo quest’ultimo era presente oggi aula. Entrambi erano stati rinviati a giudizio a fine novembre, quando sono stati invece assolti, nell’ambito del procedimento con rito abbreviato, gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia accusati di favoreggiamento perché il fatto non sussiste e il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico, accusato di omicidio volontario aggravato, per non avere commesso il fatto.
«Abbiamo depositato l’atto di impugnazione, sotto il profilo civile, per l’assoluzione di Andrea Antico (il 41enne originario di Casarano, in provincia di Lecce, ancora in servizio presso il settimo Reggimento dell’aviazione dell’esercito a Rimini, ndr) e lo abbiamo inoltrato anche alla procura che ne terrà conto nel suo ricorso che presenterà nei prossimi giorni – ha detto il legale Ivan Albo che rappresenta la parte civile per la famiglia Scieri insieme all’avvocata Alessandra Furnari – Riteniamo che la corte d’Assise sia la sede naturale per accertare la verità dei fatti. Da parte nostra – ha aggiunto abbiamo presentato una corposa lista di 140 testi». Intanto, è stata fissata per il 7 maggio la prossima udienza del processo con rito ordinario per il 41enne Alessandro Panella – residente a San Diego (in California) ma domiciliato a Cerveteri (in provincia di Roma) – e per il 43enne Luigi Zabara, nato in Belgio e residente a Castro dei Volsci (in provincia di Frosisone). Quest’ultimo è anche l’autore del libro Coscienza di piombo, nel quale viene affrontato il tema del rimorso. «I protagonisti commetteranno degli errori irreversibili. Come si può continuare a vivere la propria vita in maniera normale – si chiede l’autore nella quarta di copertina – dopo aver commesso il più tremendo degli sbagli?».
«Posso solo dire che in questi anni nessuno tra i media ha coltivato il dubbio che io possa essere innocente e, invece, fino a prova contraria io lo sono». Sono state queste le parole pronunciate da Zabara durante una pausa del processo di questa mattina a cui si è arrivati a più di vent’anni dalla morte del paracadutista in servizio di leva. È il settembre del 2017 quando la procura di Pisa riapre le indagini dopo la relazione della commissione parlamentare d’inchiesta nata per fare luce sul caso. La procura generale militare della corte d’appello di Roma chiede all’autorità giudiziaria di Pisa il trasferimento dell’indagine. Per un periodo i due procedimenti vanno avanti parallelamente, poi è la Corte di Cassazione a risolvere il conflitto di giurisdizione a favore del tribunale ordinario. «Con coraggio e determinazione andremo avanti – dichiara Carlo Garozzo, il presidente dell’associazione Giustizia per Lele che non è stata ammessa come parte civile nel processo – La giustizia deve fare il suo corso e la verità deve essere affermata: 23 anni di giustizia negata sono un’eternità, sono vergognosi e indelebili. Oggi, con il cuore e con lo stomaco, siamo anche noi dentro quell’aula di tribunale».
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