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Nelle campagne del Ragusano lo sfruttamento comincia dalle strade: «Meno furgoni dei caporali, oggi si muore a piedi o in bici»

I proprietari terrieri stanno fermi mentre i braccianti sono costretti a spostarsi. Un concetto apparentemente banale, ma che nasconde un tema complesso e spesso sottovalutato, ossia quello della mobilità dei lavoratori sfruttati in ambito agricolo. In provincia di Ragusa, da Acate, a Santa Croce Camerina passando per Vittoria, centinaia di lavoratori – spesso migranti e senza tutele per quanto riguarda contratti e paghe – si spostano per raggiungere i campi. Spostamenti che possono avvenire con i mezzi dei caporali – cioè coloro che fanno da intermediari per il reclutamento della manodopera – o con quelli propri. In quest’ultimo caso si è quasi obbligati a muoversi in bici o a piedi. Tragitti lunghi anche chilometri per fare la spola dagli insediamenti abitativi di fortuna – quasi sempre fuori dal contesto urbano, in particolare per i lavoratori stagionali – ai terreni. Il tutto percorrendo pericolose strade statali senza gli adeguati strumenti per essere individuati dagli automobilisti. Per questo motivo, nonostante non ci siano numeri ufficiali, sono tanti i lavoratori dei campi che ogni anno vengono investiti e uccisi. L’ultimo caso è quello di Ayaouy El Alami, 46 anni, senza fissa dimora originario del Marocco, che sabato scorso è stato travolto da una macchina lungo la strada statale 115. Il guidatore non si è fermato a prestare soccorso, salvo poi presentarsi in caserma spiegando di non essersi reso conto di avere investito una persona.

Un giubbotto catarifrangente o una luce di posizione avrebbero potuto salvargli la vita? Non c’è una risposta certa a questa domanda, nonostante proprio in provincia di Ragusa, ormai da anni, vengano distribuite dal sindacato Cgil delle pettorine con colori molto appariscenti, come il giallo o l’arancione. Migliaia di capi d’abbigliamento che poi non sempre vengono utilizzati su strada dai lavoratori. «Non sappiamo perché avviene questo. Noi continuiamo con la distribuzione e adesso stiamo provvedendo a fornire loro dei triangoli in stoffa catarifrangenti che possono essere applicati nella parte posteriore della bici, senza la necessità di essere indossati come indumenti», spiega a MeridioNews Giuseppe Scifo, fino al 5 novembre segretario generale della Cgil di Ragusa, incarico che ha lasciato dopo aver concluso il suo doppio mandato alla guida del sindacato.

«Il problema non è però solo l’equipaggiamento di sicurezza, ma il fatto che nella catena dello sfruttamento di queste persone uno dei temi che andrebbe affrontato è quello della mobilità – continua Scifo – Queste persone non solo vanno a lavorare in campagna in condizioni precarie e sottopagate, ma devono farlo con mezzi propri. Essendo poveri, usano quasi sempre le bici o delle motorette. Sono persone che non possono permettersi una patente, figuriamoci una macchina. Questa è la conseguenza della loro esclusione sociale, con le aziende che non si occupano della mobilità di queste persone». Il tutto in mancanza di alternative, come potrebbe essere un trasporto pubblico efficiente. Nel triangolo agricolo Vittoria-Acate-Santa Croce Camerina sono attivi circa 15mila lavoratori, ma il numero non è preciso, essendo riferito ai dati Inps. «La buona parte di questi lavoratori vive così – continua Scifo – Abbiamo delle eccezioni se facciamo riferimento alla comunità tunisina, che è più radicata e gode di risorse per la cooperazione. Stesso discorso per gli albanesi. Il problema diventa serio quando si prendono in considerazione i braccianti provenienti dall’Africa subsahariana, dalla Romania e dal Bangladesh».

I momenti di maggiore afflusso dei braccianti lungo le strade è al mattino molto presto o di sera, quando è già buio. Quando devono raggiungere i campi coltivati o smontano dal turno di lavoro. Esistono alternative per questi spostamenti? Nel 2020 a Cerignola, in provincia di Foggia, è nato AGoGo, un progetto pilota di mobilità etica basato su un servizio navetta prenotabile telefonicamente. L’operazione però sembra essersi conclusa alcuni mesi dopo l’avvio. «Bisogna sottolineare anche che queste morti a bordo strada – in bici come a piedi o con gli scooter – avvengono in quello che è, a tutti gli effetti, il tragitto casa-lavoro – conclude Scifo – Si tratta a tutti gli effetti di morti sul lavoro, ma nella realtà dei fatti non si riesce a portare avanti nessun discorso di natura economica, perché si tratta di lavoratori in nero».


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