«Chiederò di incontrarlo: ha diritto di partecipare al processo». Parla l’avvocato di Messina Denaro

«Non l’ho mai visto prima ma adesso chiederò di incontrarlo». Giovanni Pace è l’avvocato d’ufficio che difende Matteo Messina Denaro nel processo in corte d’Assise d’Appello di Caltanissetta in cui è imputato come mandante delle stragi di via D’Amelio e di Capaci. La prossima udienza, già fissata nell’aula bunker per le 9.30 di giovedì 19 gennaio, potrebbe essere la prima in cui l’ormai ex superlatitante originario di Castelvetrano (nel Trapanese) comparirà in un’aula giudiziaria dopo il suo arresto avvenuto questa mattina a Palermo nella clinica privata La Maddalena. Finora è stato giudicato da latitante (in primo grado è stato condannato all’ergastolo) e tutto il processo si è svolto in sua assenza. Nella prossima udienza sono previste proprio le conclusioni della difesa dopo la requisitoria del procuratore generale Antonino Patti e delle parti civili.

Un programma che, al momento, resta confermato. «Ha diritto di partecipare all’udienza come ogni altro imputato di ogni altro procedimento – commenta a MeridioNews il legale Pace che lo difende d’ufficio insieme al collega Salvatore Baglio – Se gli uffici della procura generale non faranno in tempo a notificargli l’avviso e, quindi, se non potrà comparire per questo, chiederò il rinvio dell’udienza». Il legale d’ufficio, a cui finora l’incarico non è stato revocato in favore di un avvocato scelto di fiducia, ha intenzione di chiedere di incontrare Messina Denaro. «Non so ancora se riuscirò prima di giovedì», dichiara al nostro giornale l’avvocato che assiste il boss mafioso fin dai tempi dall’udienza preliminare del processo.

«Io e il collega non abbiamo mai incontrato né lui né nessuno dei suoi familiari – ci tiene a sottolineare il legale – Finora abbiamo basato tutto l’impianto difensivo sulle delle carte che avevamo a disposizione e su quanto è emerso durante l’istruttoria dibattimentale. Per acquisire informazioni utili – aggiunge Pace – siamo anche andati all’aula bunker di Firenze dove abbiamo ascoltato le testimonianze di altri boss di grosso calibro». Un ruolo complicato quello del difensore di uno dei più pericolosi boss stragisti di Cosa nostra. «Non ho scelto questo incarico – spiega l’avvocato – ma, quando il call center mi ha scelto come difensore d’ufficio, non potevo rifiutare perché sarei anche andato incontro a sanzioni disciplinari. Proprio perché – aggiunge – in ogni caso, quello alla difesa è un diritto che va garantito a tutti».


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