All'indomani delle amministrative che hanno riconsegnato il governo della città all'uscente Orlando, gli sconfitti si misurano con l'incapacità di non aver saputo convincere gli astensionisti a recarsi alle urne. I motivi li spiega Giancarlo Minaldi, palermitano, docente di Scienza politica alla Unikore di Enna
Amministrative 2017, il flop del voto di rottura «Sgonfiato da candidati deboli e poco credibili»
«Il voto di protesta si sgonfia». Mentre gli sconfitti alle amministrative palermitane tirano le somme e cercano di capire cosa non ha funzionato, abbiamo chiesto un parere a Giancarlo Minaldi, palermitano, docente di Scienza politica alla Unikore di Enna. Il contesto è fatto di amarezza: sia per il suo principale avversario Fabrizio Ferrandelli, sia per i Cinque Stelle che si aspettavano un riscontro nettamente superiore. «I nostri successi e i nostri fallimenti sono tra loro inscindibili, proprio come la materia e l’energia. Se vengono separati, l’uomo muore». La citazione di Nikola Tesla, lo scienziato serbo osteggiato ai propri tempi e rivalutato negli ultimi anni, non è casuale. Beppe Grillo da tempo lo ha eletto a mentore del M5s, ed è con lui che sceglie di commentare l‘esito delle amministrative 2017. Il suo post, intitolato Successi, fallimenti e obiettivi non cita espressamente Palermo anche se è facile incasellare il capoluogo siciliano alla voce fallimenti.
«In molte città, come a Palermo, siamo la prima lista», si consola l’ex comico genovese. Per poi affermare che si tratta di «risultati che sono indice di una crescita lenta, ma inesorabile». L’obiettivo dichiarato rimane la Sicilia: «Il 5 novembre ci saranno le regionali siciliane e ci mobiliteremo per far sì che quella splendida isola diventi la prima regione a 5 Stelle». Eppure è chiaro che nel capoluogo siciliano il voto pentastellato non ha attecchito, tra meetup dilaniati tra faide interne e l’alto tasso di astensionisti per i quali i cinque stelle non sono risultati abbastanza credibili. Come ammesso tra l’altro dallo stesso candidato pentastellato Ugo Forello.
Da un’analisi del voto nel capoluogo regionale, in generale emerge che la bassa affluenza alle urne è il sintomo che «il voto di protesta si sgonfia». «Inoltre il competitor principale di Orlando ha perso tantissima credibilità accettando il patto di coalizione con i partiti del vecchio centrodestra – spiega Minaldi -. A questo punto alcuni risultati di questa amministrazione sono emersi in modo imponente». Anche da parte del Movimento cinque stelle, secondo il docente, c’è stata una incapacità di capitalizzare il consenso. «Credo principalmente perché aveva un candidato piuttosto debole, fenomeno che si riscontra anche in altre aree, e perché la storia cittadina del M5s negli ultimi mesi è stata piuttosto travagliata». In generale, afferma ancora Minaldi, «sta passando un po’ la retorica che il M5s abbia difficoltà nell’amministrare le città e allo stesso tempo si riconosce la competenza politica a chi ha già amministrato».
Ed è dello stesso avviso anche il grande sconfitto di queste elezioni, ovvero Fabrizio Ferrandelli, nuovamente battuto da Orlando. «È mancato l’attivismo del M5s che stimavano maggiore – dice il leader de I Coraggiosi -, e anche l’astensionismo, forse dovuto al fatto che si votava solo di domenica. Con più elettori, una legge diversa e una migliore performance dei Cinque stelle, oggi parleremmo di ballottaggio e la partita sarebbe finita diversamente».
Ancora più amaro il commento di Ciro Lomonte, neofita della politica (insieme a Ismaele La Vardera) che con la lista indipendentista I Siciliani liberi non è riuscito a fare breccia tra la popolazione raccogliendo meno del due per cento dei voti: «Sono ammutolito di fronte a risultati che mi lasciano a bocca aperta – dice l’architetto -. L’astensione, soprattutto: il 47 per cento degli aventi diritto non ha ritenuto di potere contribuire a migliorare le condizioni della nostra città». Per poi ribadire, nello stesso momento in cui Ferrandelli già parla da leader d’opposizione, che «non sono un politico di mestiere né voglio diventarlo. Per questo mi ha dato fastidio stanotte sentire commenti improntati al calcolo, al cinismo, al “te l’avevo detto io”. Il voto di ieri ha premiato la rassegnazione, le regole del gioco, il “non si può fare meglio di così”. Nel frattempo Palermo muore, giovani e meno giovani emigrano mentre la città stagna sempre di più dietro una facciata tristemente festaiola».