Sono passati quasi sei anni, ma i risarcimenti erogati sono pochissimi, i ritardi enormi. Nella notte tra il 18 e il 19 ottobre 2018 in Sicilia si sono verificate piogge di portata eccezionale che, in alcune aree, hanno provocato ingenti danni ad abitazioni, auto e imprese agricole. Ore a spalare fango, famiglie evacuate e la necessità di fare intervenire anche l’esercito. Quell’alluvione – che ha colpito soprattutto la zona della piana di Catania e del Calatino – è stata eccezionale per intensità e durata, tanto che molti Comuni sono rimasti isolati per alcune ore, con le strade provinciali di collegamento impraticabili. Come succede sempre in questi casi, passata l’emergenza, si valuta se gli argini dei fiumi erano fatti bene, se le grate avevano ricevuto la giusta manutenzione e se le istituzioni avevano fatto il possibile per evitare che piogge eccezionali causassero danni straordinari. Nel frattempo, però, molte aziende hanno perso produzione, soldi e investimenti.
Produzione, soldi e investimenti che, in casi come questi, spesso non si riescono a recuperare. Allora tocca ai risarcimenti pubblici fare la loro parte, soprattutto per fare ripartire le realtà che a causa di eventi come questi subiscono danni più delle altre: le imprese agricole. «L’alluvione è stata nel 2018, ma ancora moltissime aziende i risarcimenti non li hanno visti: attendiamo da 2142 giorni», dice a MeridioNews Corrado Vigo, imprenditore agricolo e agronomo catanese. «A un anno dall’alluvione – continua – è stata pubblicata una direttiva della Protezione civile siciliana che stabiliva l’80 per cento di rimborsi per i danni, dopo la redazione di una perizia asseverata», cioè quel tipo di perizia la cui veridicità è confermata da un perito, sotto la sua personale responsabilità. «Noi le abbiamo prodotte – dice – Abbiamo fotografato, verificato e documentato, solo che sono stati fatti dei tagli enormi che hanno ridotto a nemmeno il 20 per cento i risarcimenti».
Vigo e altri imprenditori danneggiati lamentano «una lentezza mostruosa, ingiustificata e ingiustificabile. E il ministro per la Protezione civile è siciliano. Ma lo sa? Pensate se era della Valtellina…». Il riferimento è all’ex presidente della Regione Nello Musumeci. «Dopo solo sei anni – dice ironicamente – la protezione civile nicchia per i pagamenti: una volta per il Durc (Documento unico di regolarità contributiva, ndr), una volta per le copie dei documenti – che peraltro gli ispettorati provinciali dell’agricoltura hanno già trasmesso – poi per chissà cos’altro». Gli ispettorati provinciali dell’agricoltura sono gli enti che devono valutare le perizie e quantificare i danni riportati dall’azienda. Tagli «incomprensibili», dice Vigo che parla anche di «ritardi infiniti» e di «pratiche riviste tante volte: quattro perizie per ogni pratica, documenti infiniti, fatture e bonifici». Secondo l’imprenditore, «dalla Regione sono arrivati geometri che non capiscono niente: cose mai viste in 40 anni di professione. Visto che non mi stai risarcendo e non mi stai dando quello che era previsto dalla direttiva – dice Vigo – questa la dobbiamo chiamare protezione civile o sprotezione civile?».
«Ci era stato detto che per i risarcimenti c’erano circa 78 milioni – continua – ma nella direttiva si parlava dell’80 per cento di quella cifra, che gli uffici della Regione hanno ridotto al 50 per cento. Poi un’ulteriore riduzione del 20 per cento, praticamente sei milioni di euro. E per ora- lamenta Vigo – è stata pagata una cifra tra 800mila e un milione di euro». In un documento che il dipartimento regionale della Protezione civile ha fornito a MeridioNews si legge che il contributo massimo ammissibile ammontava a circa 7,7 milioni di euro. Cifra che, dopo l’istruttoria degli ispettorati provinciali dell’agricoltura, è stato ridotto a 3,6 milioni (contributo liquidabile previsto). La relazione riporta che al 30 giugno sono stati erogati risarcimenti per un milione e 119mila euro, su un importo impegnato di circa due milioni e 482mila euro. E a queste cifre si è arrivati dopo vari ridimensionamenti, visto che ad agosto 2022 l’allora ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali aveva stanziato per la Sicilia circa 14,3 milioni di euro. La parte più grande – circa 7,9 milioni – sarebbe dovuta andare alla provincia di Siracusa, seguita da Catania – tre milioni – ed Enna, circa 1,8 milioni. Dietro tutte le altre province. Assente quella di Trapani, dalla quale non sono arrivate istanze di risarcimento.
Nel documento viene messo nero su bianco che «al 30 giugno sono state emesse 120 disposizioni di pagamento su 367 aventi diritto», cioè un terzo delle imprese che hanno fatto richiesta di risarcimento. Il punto è capire perché, a quasi sei anni dall’alluvione, i pagamenti sono così in ritardo e soprattutto come mai le cifre a disposizione sono state così ridimensionate. Le imprese agricole hanno sovrastimato i danni subiti – mentre gli ispettorati provinciali dell’agricoltura hanno fatto delle stime più verosimili – oppure non sono bastati i fondi per risarcire tutti i danni? «Sono vere entrambe le cose», dice al nostro giornale un dirigente del dipartimento regionale di Protezione civile. «In caso di calamità naturali – continua il dirigente – alcune aziende, a volte, esagerano con la richiesta di risarcimento danni».
Alcune imprese agricole lamentano anche un errore nell’interpretazione della direttiva. Secondo Vigo, il documento afferma che chi era assicurato contro eventi meteo di questo tipo avrebbe ricevuto meno fondi pubblici, «e ha senso perché avrebbe ricevuto parte del risarcimento dall’assicurazione». Secondo lui, però, sarebbe stato fatto il contrario: sono state o saranno le imprese assicurate a ricevere più soldi. E in effetti sta succedendo proprio questo, ma non c’è nessun errore. Infatti, nella Gazzetta ufficiale della Regione si legge che «gli aiuti concessi sono ridotti del 50 per cento salvo quando siano accordati a beneficiari che abbiano stipulato una polizza assicurativa». Dalla protezione civile trapela che questo «è un modo per incentivare le imprese agricole ad assicurarsi per questi eventi – perché non lo fa quasi nessuno – e per premiare chi lo ha fatto».
Dal 50 per cento, però, «si è scesi al 20, perché ci si è accorti che i fondi non sarebbero bastati», dice il dirigente. «I fondi per le calamità naturali sono sempre meno e gli eventi meteorologici estremi sono aumentati negli ultimi anni. Forse i soldi sono meno proprio perché gli eventi estremi sono aumentati». Ok, ma perché sono passati sei anni e ancora solo un terzo delle imprese sono state risarcite? E quanto tempo ci vorrà per completare i pagamenti? «Purtroppo i tempi non li sappiamo – dice il dirigente – Appena riceviamo i documenti, disponiamo il pagamento. Solo che negli uffici della Regione c’è carenza di personale. L’ispettorato provinciale dell’agricoltura di Siracusa ha un personale ristrettissimo», ed è proprio da quella zona che sono arrivate più richieste di risarcimento. «Inoltre, spesso le imprese agricole non sono in regola con il Durc, poi c’è stato il Covid e le domande sono state tantissime. Gli ispettorati stanno istruendo», cioè valutando le richieste di risarcimento e le perizie, «ma in questo momento i tempi non possiamo quantificarli», conclude.
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