Alati, commissario dell’autorità portuale «Recupereremo l’accesso alla rete Core»

Insediatosi da poco più di due mesi, Giuseppe Alati è il commissario straordinario dell’autorità portuale di Catania. Poco tempo a disposizione – sei mesi il mandato – ma grande volontà e idee chiare. Vuole scegliere la strada ecologica con un molteplice scopo: far tornare il porto della città nella lista europea degli scali portuali strategici e attrarre investimenti grazie alla doppia personalità dell’infrastruttura, sia commerciale che turistica. Alati sostiene infatti che le due vocazioni devono convivere ed essere rafforzate piuttosto che cedere la parte commerciale ad Augusta e tenere quella turistica. Di questo e molto altro ha parlato con CTzen, nella sua prima intervista da commissario.

Qual è la situazione che ha trovato nel momento in cui si è insediato?
«I dipendenti sono soltanto otto anche se, secondo la pianta organica del 2003, dovrebbero essere 21. L’autorità portuale di Catania, seppure piccola rispetto ad altre come Barcellona o Rotterdam, ha molti impegni da fronteggiare e per questo devo ringraziare le risorse umane a disposizione, che riescono a rispondere alle necessità del porto a 360 gradi. Dal punto di vista economico la situazione è in attivo come richiede la legge».

Quali direttrici sta seguendo nella valutazione delle decisioni?
«Stiamo puntando a un porto sempre più green e, allo stesso tempo, all’applicazione del criterio di trasparenza. Stiamo mettendo online ogni documento pubblico e contiamo di approvare, entro il mese di giugno, il piano triennale anti-corruzione. La trasformazione in senso ecologico del porto è importante per l’ambiente ma rappresenta il volano per una serie di importanti iniziative sociali. Pensiamo all’arrivo, il prossimo 21 giugno, della nave Disney che costituirà una grande attrattiva per la città. I lavori per la nuova darsena ci danno già l’opportunità di ridefinire la gestione degli spazi per una maggiore integrazione tra il porto la città e perché si incrementino le prestazioni ambientali dello scalo. Parliamo di interventi come l’uso di un combustibile con un minore impatto ambientale all’interno del porto oppure di un servizio di energia elettrica per le navi fornita da pannelli fotovoltaici. A questo si possono aggiungere dei gas alternativi per l’utilizzo di macchinari e attrezzature».

Il porto di Catania è stato escluso dalla lista di quelli considerati strategici dall’Unione europea, le cosiddette reti Core. Perché?
«Diciamo che la Commissione ha ritenuto i dati di traffico forniti da Catania non elaborati secondo le metodologie statistiche richieste. Non aggiungo altro perché non sono solito dare giudizi sull’operato di chi mi ha preceduto. Chiaramente, non possiamo accettare questa situazione perché è importante fare parte delle rete Core che consente di accedere a finanziamenti che oggi ci sono negati. Faremo in modo di recuperarla».

Come?
«Ho già preso contatto con la direzione generale per la programmazione e il coordinamento delle proposte del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti affinché alcuni progetti internazionali possano essere messi anche a nostra disposizione. Recentemente, poi, siamo diventati ufficialmente stakeholder, ovvero portatori di interesse, di tre progetti co-finanziati con fondi comunitari delle reti Tent-t. Sono coordinati rispettivamente dall’amministrazione marittima olandese, dalla Fundación Valencia port e dall’amministrazione marittima svedese e prevedono la partecipazione del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e, nei diversi progetti, delle autorità portuali di Civitavecchia, Livorno, Genova, Venezia e Ravenna. Tutti sono volti a una migliore comunicazione informatizzata e standardizzata e per la sicurezza operativa nei porti. Al contempo, rappresentano una svolta in senso green grazie alle nuove tecnologie. È soprattutto questo su cui dobbiamo spingere».

Quali sono i tempi?
«Il regolamento comunitario prevede la possibilità di aggiornare l’elenco dei porti che fanno parte dei corridoi Core, ma ci sono una serie di passaggi per dimostrare che i requisiti sono adesso completamente in regola. Abbiamo intrapreso un’attività preliminare per capire quali documenti servono per rientrare nella rete. La procedura, però, è abbastanza lunga e la prima revisione del regolamento è prevista per la fine del 2015. Questo significa che abbiamo abbastanza tempo per regolamentare la burocrazia, ma certifica il fatto che non potremo accedere al bando previsto a settembre, perdendo così delle opportunità».

L’autorità portuale di Catania, però, sembra in bilico. Non è ancora chiaro, infatti, se nell’ambito della razionalizzazione e riorganizzazione degli enti di Catania troverà spazio. Secondo il progetto presentato da Debora Serracchiani, responsabile Infrastrutture del Partito democratico, che sembra parallelo a quello del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, questo spazio non c’è. Quali sono le prospettive?
«Il ministro non ha ancora ufficializzato nulla. Si è limitato, con un atto di indirizzo, a definire gli obiettivi prioritari del 2015. Tra questi, rientrano gli interessi sistematici dei porti e quindi l’organizzazione della loro efficienza e del sistema dei trasporti. Si aprono due possibili strade: quella del decreto e quella del disegno di legge. Se la riforma verrà presentata sotto forma di decreto ci saranno 60 giorni per avere la legge, se non sarà così i tempi si allungano. Per come è organizzato il sistema, comunque, non è pensabile togliere le autorità portuali per non mettere nulla».

Anche Augusta, seppure faccia parte della rete Core, non è stata presa in considerazione nei piani del governo. Qualcuno pensa a una fusione tra le due autorità, altri a una differenziazione dello scopo dei due porti: Augusta commerciale e Catania turistico. Lei ritiene si tratti di un’ipotesi plausibile?
«Sto lavorando molto con il commissario straordinario di Augusta, la collaborazione è la strada. Augusta però è un porto che nasce come petrolifero e ancora oggi ha questa vocazione. Non ci sono dunque banchine per il traffico commerciale e, anche se hanno iniziato dei lavori, saranno presumibilmente ultimati tra quattro anni. Catania ha invece una doppia vocazione che non va persa, ma rafforzata. Parlare soltanto dell’aspetto turistico è chiaramente riduttivo. La visione di un porto verde in sinergia con il tessuto cittadino, inoltre, è legata a una città ricca di beni artistici e monumentali che non è Augusta. La nuova darsena rappresenta per noi una grande operazione di riqualificazione con impianti di fitodepurazione anche della parte terminale del torrente Acquicella. La bonifica è già iniziata ed entro il due settembre dovrebbero essere consegnati i lavori. Ci saranno anche nuove banchine per nuove crociere. Catania non ha grossi numeri se confrontati con altri porti come quello di Genova, ma ha una posizione strategica nel Mediterraneo per i collegamenti con il Nordafrica e il Medio Oriente, che di certo non può passare inosservata».

Nell’ultimo periodo, però, si è ridotto il numero delle navi da crociera. La Msc ha di recente stipulato un contratto con Palermo lasciando Catania, ad esempio. Che succede?
«Diverse sono le motivazioni che hanno portato a questa situazione. A volte c’è stato un atteggiamento distorsivo delle altre autorità ad esempio. Bisogna infatti dire che non esiste una regolamentazione unica per cui, ad oggi, assistiamo ad una vera e propria lotta tra autorità per accaparrarsi i clienti. Tutto dipende dalla qualità dei servizi che offri e il trasformarsi in un porto green non può che, anche in questo caso, essere a nostro favore».

Il Piano regolatore portuale risale al 1978. Tante le proposte e i tentativi di modificarlo, ma non è mai stato raggiunto l’obiettivo. Quali handicap comporta e cosa fare perché la politica possa sbloccare questo iter?
«È necessaria una procedura di consultazione pubblica che non può prescindere dall’associazionismo, dai movimenti, dai singoli cittadini pur nel rispetto dei ruoli di ognuno, ma purtroppo la situazione è di stasi e non sembra cambiare a breve. Intanto siamo legati a una regolamentazione vecchia».

Il suo mandato dura sei mesi, ne sono già passati due. Alla luce della scadenza del suo incarico e della ridefinizione delle autorità portuali, quale futuro attende Catania?
«Potrei essere confermato, in attesa di capire le mosse del governo a proposito della riforma della pubblica amministrazione che comunque, credo, abbia una sua logica oltre a una certa mediaticità. Mi auguro però che non ci sia la necessità di un periodo di commissariamento così lungo. Il mio predecessore è già stato in carica 17 mesi».


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