Il vescovo Rosario Gisana sarebbe stato a conoscenza di altri casi di abusi che riguardano sacerdoti che sono ancora oggi in servizio nella diocesi di Piazza Armerina. È quanto emerso ieri nel corso dell’udienza del processo con rito abbreviato a carico di Giuseppe Rugolo, il sacerdote 40enne di Enna arrestato il 27 aprile scorso a Ferrara (in Emilia Romagna) con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori. Il prete era presente nell’aula del tribunale di Enna.
Il padre della vittima ha ribadito il racconto già fatto dal figlio. L’ex poliziotto, oggi in pensione, durante una delle scorse udienze, era stato accusato dai legali dell’imputato di abuso d’ufficio per delle registrazioni effettuate. Poi è stato il procuratore capo Massimo Palmeri a condurre, insieme alla pubblico ministero Stefania Leonte, l’interrogatorio del vescovo che è stato sentito come testimone nel corso di un’udienza durata quasi dieci ore. Ascoltato poi anche un altro ragazzo che frequentava la stessa associazione giovanile guidata dall’ex parroco. Il giovane ha raccontato di avere subito attenzioni morbose da parte di Rugolo in diverse occasioni e di avere riferito tutto al vescovo. Episodi per i quali nessun provvedimento sarebbe stato preso.
Durante l’interrogatorio del vescovo si è tornati anche sulle questioni economiche: «La diocesi ci offrì dei soldi della Caritas in cambio di una clausola di riservatezza e del silenzio di nostro figlio», avevano denunciato i genitori della vittima. Il vescovo ha ribadito quanto aveva dichiarato quando è stato sentito in procura come persona informata sui fatti, ovvero che sarebbero stati i genitori a fare alla diocesi una richiesta di denaro. Una vicenda che sarebbe anche al centro anche di alcune intercettazioni che i periti stanno trascrivendo. Nei dialoghi registrati che sono già stati prodotti in fase di indagine, ci sarebbero anche conversazioni tra l’imputato e alcuni esponenti di vertice del clero che, quindi, sarebbero già stati a conoscenza della vicenda. Nel corso dell’esame – che è durato più di quattro ore – il vescovo ha anche ammesso di avere elargito nei confronti di Rugolo ingenti somme di denaro provenienti dai fondi destinati alle opere caritative.
«I genitori avevano chiesto alla diocesi – dice a MeridioNews l’avvocata Eleanna Parasiliti Molica che assiste la vittima – di prendere dei provvedimenti nei confronti del prete». Ci sarebbe agli atti anche un messaggio in cui il legale che all’epoca (nell’aprile del 2020) affiancava la famiglia avrebbe riferito di una proposta di soldi in contanti (25mila euro) da parte della diocesi. Proposta che il giovane avrebbe rifiutato considerandola anche «illecita e immorale». Da quel momento in poi, le trattative in questo senso si sarebbero interrotte. Nel processo la diocesi non è stata accolta come parte civile ma è rimasta invece come responsabile civile. Chiamata a risarcire il danno, insieme alla parrocchia di San Giovanni Battista dove sarebbero avvenute le violenze denunciate. Stando a quanto emerso dalle parole di Gisana, la diocesi avrebbe anche trovato un modo per convincere i fedeli a pagare per il risarcimento. La prossima udienza è stata fissata per il 17 gennaio con l’esame del vicario della diocesi.
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