A sei cronisti calabresi il premio “Pippo Fava”

«Alla memoria non va dedicata soltanto la giornata del 5 gennaio, ma tanti momenti dell’anno con costanza». Per Elena Fava ricordare il padre Giuseppe, ucciso dalla mafia il 5 gennaio del 1984, è un dovere da compiere tutti i giorni, soprattutto per far conoscere ai giovani la storia di un giornalista che vedeva il suo mestiere e il racconto della verità come una missione morale da compiere sempre con la schiena dritta.

 

Per questo, in occasione del ventisettesimo anniversario della sua morte, dal 2 al 5 gennaio la Fondazione Giuseppe Fava ha organizzato, come ogni anno, diverse iniziative volte a commemorarlo e a parlare di informazione libera con giornalisti che seguono il suo esempio (uno di questi, il freelance agrigentino Gaetano Alessi verrà insignito del premio Fava Giovani giorno 5), senza dimenticare però di ricordare che Pippo Fava era anche scrittore di romanzi, autore di teatro e pittore.

Step1 ha intervistato Elena Fava, che è presidente della Fondazione.

 

Cosa ha organizzato la Fondazione per questo anniversario, il ventisettesimo, della morte di Pippo Fava?

 

Anche quest’anno si svolgeranno delle iniziative a Catania e a Palazzolo Acreide, paese natale di mio padre. In particolare, il 2 gennaio alle 21 ci sarà al Centro Zo di Viale Africa a Catania la rappresentazione dei Siciliani, fatta da una piccola compagnia teatrale di Roma, la compagnia Magma, che racconta la storia della redazione del giornale I Siciliani, usando dialoghi e pezzi scritti da Pippo Fava. Il 4 gennaio a Palazzolo si svolgerà un incontro che vedrà la partecipazione delle giovani testate siciliane che sono esempio di stampa libera e il 5, dopo il raccoglimento davanti alla lapide al luogo dell’agguato, alle 18 si terrà la consegna del premio Fava e il convegno intitolato “La mafia dei fatti” al Centro Zo, dove saranno presenti anche il magistrato Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, e i due giornalisti di Repubblica, Alessandra Ziniti e Francesco Viviano, che hanno lavorato all’inchiesta sul presidente della regione, Raffaele Lombardo. Tutte le iniziative sono ovviamente a ingresso libero.

 

Quest’anno il premio Fava non sarà consegnato a una sola persona ma un gruppo di giornalisti calabresi. Quali sono le ragioni di questa scelta?

 

Sì, quest’anno saranno premiati sei giovani giornalisti calabresi, che sono quasi tutti giornalisti precari. Attraverso loro abbiamo voluto premiare un certo tipo di giornalismo, fatto con la schiena dritta nonostante le minacce e i proiettili ricevuti per posta. Volevamo far conoscere la loro storia di coraggio e determinazione. Parlarne e mostrare loro la nostra vicinanza vuol dire non lasciarli soli e quindi un po’ proteggerli.

 

Ci sono anche altre iniziative organizzate per giorno 5 che hanno lo scopo di ricordare suo padre, come quella del gruppo Lavori in corso di via Siena che raggruppa varie testate libere catanesi. Cosa ne pensa?

 

È importante che ci siano e poi andiamo tutti nella stessa direzione. Era un po’ spiacevole quando le iniziative si sovrapponevano, ma con gli anni abbiamo ottenuto che si incastrassero meglio come questa volta. L’incontro in via Siena è infatti alle 20.30.

 

Un altro modo per mantenere viva la memoria sono i libri. Quest’anno sono state pubblicate le riedizioni di Un Anno e Passione di Michele da Mesogea e tre nuovi volumi su Pippo Fava. Uno di questi, ne abbiamo parlato su Step1, è una novità assoluta perché lo racconta attraverso il fumetto.

 

È una novità per noi, perché in realtà la casa editrice Round Robin porta avanti da tempo il progetto di raccontare storie di vittime di mafia attraverso il fumetto, che è una forma di racconto più immediata e che coinvolge molto i ragazzi. Non a caso, questo libro è stato adottato in molte scuola di Roma, dopo la presentazione fatta a maggio.

I libri sono un modo per raccontare la storia, perché quella di mio padre non è mia o della mia famiglia: è storia e basta. È di tutti, anche di chi non c’entra per niente che però da essa può trarre esempio per agire all’interno della società civile.

Le altre opere sono “Giuseppe Fava per Catania” del professore Giuseppe Dolei e “Il Siciliano” di Massimo Gamba. Il primo parla di Giuseppe Fava come scrittore partendo da Passione di Michele.

Il libro di Gamba, che sarà presentato il 7 gennaio alla Feltrinelli, è invece secondo me un romanzo, perché racconta Pippo Fava in tutte le sue sfaccettature, di autore di teatro, di pittore e soprattutto di uomo. Ne mostra la vitalità, la passione, i difetti e contiene anche foto di famiglia.

 

Suo padre non era solo un giornalista e, oltre ad essere uno scrittore, si dedicava anche alla pittura. Questo aspetto però non è quasi mai ricordato. Ha mai pensato di esporre le sue opere?

 

Ho curato una mostra nel 1987 nella piccola galleria di un suo amico e nel 2001 ne abbiamo realizzata una bellissima a Taormina, che ha visto l’intervento anche del docente e critico d’arte Francesco Gallo. I quadri, certo, non sono numerosi e ce ne sono alcuni incompiuti, ma da tutte le opere – pitture a olio e incisioni – traspare la vivacità, la passione, la curiosità e la capacità di analisi che caratterizzavano mio padre.

Ogni volto, così inciso e sofferto, è una storia e la denuncia che ha sempre fatto come scrittore e giornalista è presente anche nei suoi quadri. In effetti, è vero che soprattutto i giovani non conoscono questo suo lato e sicuramente sarà proposto e approfondito in futuro. È bene centellinare tutto ciò che abbiamo per fare in modo che le iniziative votate alla memoria possano essere distribuite nel tempo.

 

Lei, infatti, dice sempre che la memoria non va alimentata solo il 5 gennaio, ma durante tutto l’arco dell’anno. Quali sono le prossime attività della Fondazione?

 

Per la fine gennaio è in programma una giornata sul teatro di Giuseppe Fava che stiamo organizzando con l’aiuto della libreria regionale e per la quale dovremmo avere come relatore Andrea Bisicchia (insegnante di Metodologia e critica dello spettacolo all’Università di Parma e direttore del Centro studi e comunicazione del Teatro Franco Parenti, l’ex Salone Pier Lombardo. Ndr). All’incontro, che si terrà il pomeriggio del 28 gennaio, seguirà nei due giorni successivi la messa in scena di “Ultima violenza” ad opera di una compagnia teatrale di Modugno, una cittadina alle porte di Bari, che ci ha contattato per portare lo spettacolo anche a Catania. La compagnia è finanziata dal Comune di Modugno e da sponsor di Bari. Noi diamo solo ospitalità, perché la Provincia, alla quale abbiamo chiesto aiuto, ci darà solamente, ma ancora non abbiamo ricevuto conferma, la possibilità di utilizzare uno spazio per la rappresentazione alle Ciminiere.

Avevamo chiesto un appoggio per finanziare tutta l’operazione, ma ci hanno risposto che non potevano dare seguito alla nostra richiesta perché la linea della Fondazione non è concorde con la loro linea politica, come se un autore di teatro abbia una linea politica e come se organizzare un evento per mantenere viva la memoria di un uomo di teatro e di cultura ucciso dalla mafia fosse una questione politica.

 

C’è un’altra iniziativa che ha a che fare con un ciclo di trasmissioni televisive curate da Pippo Fava

 

Sì, abbiamo finalmente recuperato dalla teche RAI le sei puntate dei Siciliani con la regia di Vittorio Sindoni, tutte inedite tranne l’ultima mandata in onda comunque dopo la morte di mio padre. Vogliamo proporre all’Università di Catania un progetto da far partire a fine febbraio, che prevede diversi incontri durante i quali verranno proiettate le puntate, che sono di 35 minuti l’una, seguite da dibattiti. Oltre ad essere attualissime, sono realizzate in modo dinamico con i dialoghi curati da mio padre e la partecipazione degli attori del Teatro Stabile.

 

A proposito del Teatro Stabile. Perché nei suoi programmi non compaiono le opere di Fava?

 

Questa è una storia a parte, che non capisco. Non comprendo perché la linea del Teatro Stabile non si sposi più con le opere di mio padre. Sono cambiati gli uomini e anche il teatro, è vero, però è quasi meschino dire che non si hanno i soldi per metterle in scena. Eppure, fino a quando c’è stato Mario Giusti, Fava era l’autore del Teatro Stabile e altri lo portano sulle scene con successo, come per esempio ha fatto Ida Di Benedetto con Pupa, adattamento di Foemina Ridens. Allo Stabile hanno messo in scena piccole cose, come Cronaca di un uomo ma senza mantenerne lo spirito. Il mio grande sogno è quello di vedere rappresentato in un grande teatro Ultima violenza, ma attualmente resta tale perché ci vogliono i mezzi e un teatro. Visto che con lo Stabile non c’è nulla da fare, noi aspettiamo che sia qualcun altro a raccogliere il nostro invito.


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