Blutec, la difesa dello studio legale Grande Stevens «Pagati 17,5 milioni di stipendi senza fondi pubblici»

«I profili occupazionali di Termini Imerese sono sempre stati al centro del progetto industriale di Blutec». Lo studio legale che difende Blutec – l’azienda che da giorni è sotto le luci dei riflettori nazionali per via del sequestro di 16 milioni di euro di patrimonio e dell’arresto dei vertici – è il Grande Stevens di Torino. Lo stesso che difende l’ex Fiat, ora FCA. Un nome, peraltro, quello di Franzo Grande Stevens che i tifosi juventini ricordano bene per il suo ruolo di presidente onorario della squadra torinese (oltre ad essere stato vicepresidente proprio dell’azienda automobilista torinese). I collegamenti tra Blutec ed FCA, insomma, continuano. Così come sottolineato, ad esempio, dai sindacati. 

Dopo la tempesta mediatica di questi giorni arriva ora la nota dello studio legale. «Il dottor Ginatta e Blutec respingono con forza le accuse riprese con grande enfasi dagli organi di informazione, e cioè di aver intrapreso il difficile rilancio del sito di Termini Imerese allo scopo di sottrarre 16 dei 21 milioni di finanziamenti pubblici ricevuti quale quota di un maggiore e più congruo finanziamento necessario sul sito». Si sottolinea inoltre come il presidente dell’azienda sia «alla quarta generazione di una famiglia di industriali» e il gruppo Blutec paghi «circa 65 milioni di stipendi l’anno a più di tremila dipendenti».

Per poi arrivare al focus della questione, ovvero Termini Imerese. Dal momento dell’ingresso dell’azienda (dicembre 2014) all’interno dello stabilimento palermitano – sponsorizzato proprio da FCA – «il gruppo Blutec ha investito più di 37 milioni di euro, pagando stipendi per un ammontare complessivo di 17,5 milioni con mezzi propri e senza attingere ad alcuna risorsa pubblica, confidando anzi nel supporto doveroso di capitale pubblico per il rilancio del sito secondo i termini e gli strumenti consentiti dalla legge e nell’interesse della collettività». 

«Ciò a dimostrazione del fatto che i profili occupazionali di Termini Imerese – prosegue la nota – sono sempre stati al centro del progetto industriale di Blutec. Risulta pertanto molto arduo, oltre che smentito dai fatti, immaginare una preordinata macchinazione per sottrarre fondi pubblici nettamente inferiori ai costi già ad oggi sostenuti in proprio da Blutec per la reindustrializzazione del sito e i relativi progetti occupazionali». Il presidente Roberto Ginatta «confida di poter dimostrare prontamente e in modo oggettivo che tutte le somme ottenute da contributi pubblici sono state impiegate nel progetto Termini Imerese, che per le sue intrinseche difficoltà non puo’ proseguire senza un binomio di un grande gruppo industriale e il sostegno agli investimenti come previsto dalla legge e dall’interesse collettivo». 

La nota dello studio specifica infine che «la difesa ha già assunto le necessarie iniziative per dimostrare l’oggettiva infondatezza dell’ipotesi di accusa allo stato formulata e mettere nuovamente nelle mani dei legittimi titolari le aziende di famiglia attinte esizialmente dai provvedimenti emessi dall’autorità giudiziaria». 


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