Stamattina 150 agenti hanno bussato alla porta di 17 persone, iscritte nel registro degli indagati per associazione mafiosa e per aver aiutato il numero uno di Cosa Nostra trapanese a sottrarsi alla cattura. Tra gli interessati anche gli imprenditori Giovanni Adamo ed Epifanio Napoli. C'è pure Baldassare Di Gregorio che intercettato diceva di aver incontrato il boss. In aggiornamento
Blitz per cercare Messina Denaro, chi sono gli indagati Anche alcuni imprenditori accusati di favorire il latitante
Un nuovo filone di indagini vede coinvolte 17 persone, accusate di associazione mafiosa e di aver favorito la latitanza di Matteo Messina Denaro, tecnicamente articolo 390 del codice penale, per chi ha aiutato qualcuno a sottrarsi all’esecuzione della pena. Alle prime luci dell’alba circa 150 agenti della polizia – del Servizio Centrale Operativo, delle squadre mobili di Palermo e di Trapani e del Reparto Prevenzione Crimine di Palermo, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo – hanno bussato alla porta di uomini e donne, molti dei quali già coinvolti in passato in operazioni antimafia, a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, Santa Ninfa, Salaparuta e Campobello di Mazara. La polizia ha riferito di aver sequestrato diversi documenti di elevato interesse investigativo, un pc e un tablet.
Il blitz ha interessato Giovanni Adamo, imprenditore edile a cui la Direzione investigativa di Trapani ha sequestrato beni e società per cinque milioni di euro. Insieme al figlio Enrico Maria (ex consigliere comunali fino al 2017 e precedentemente assessore a Castelvetrano), è accusato di aver fatto affari grazie alla vicinanza con Matteo Messina Denaro. Importante anche la sua rete di contatti politici. Sul provvedimento di sequestro è in corso un processo penale e recentemente il giudice ha nominato un perito.
Perquisizioni anche nelle abitazioni di Antonino Accardo, Vincenzo Ampola, Francesco Burrafato, medico chirurgo 76enne, ex primario di Chirurgia dell’ ospedale di Castelvetrano, a cui sono stati sequestrati un pc e un tablet. Leonardo Bianco e Baldassare Di Gregorio, titolare di un’autofficina di Mazara del Vallo, e considerato vicino a Vito Gondola, anziano boss mazarese. Nell’operazione Ermes 2, Di Gregorio viene intercettato nella sua officina mentre racconta di un incontro, non meglio individuato, col latitante che avrebbe pure visto giocare a carte con un mazzo truccato.
Iscritti nel registro degli indagati e oggetto di perquisizione anche Vincenzo di Gregorio, Giuseppe Giardina, Liborio Maggio, Pietro Martino, imprenditore di Santa Ninfa, Franco Messina (solo omonimo dell’avvocato penalista di Castelvetrano), Epifanio Napoli, imprenditore di Campobello di Mazara, pure lui coinvolto in passato in inchieste giudiziarie; Giuseppina Maria Passanante, Alessio Rallo, imprenditore di Partanna; Bartolomeo Turano, di Salaparuta; Pietro Zerilli e Andrea Zerilli. Perquisito pure uno studio legale di Castelvetrano.
Circa due mesi fa la Dda ha eseguito un’altra operazione, denominata Anno Zero, contro i clan di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo. In quel caso furono 21 gli arrestati, accusati anche di coprire la latitanza di Messina Denaro. Tra questi i suoi due cognati – Rosario Allegra e Gaspare Como – ma anche il boss di Partanna Nicola Accardo. «La sua famiglia andrebbe santificata», diceva uno degli indagati. Un altro blitz era infine scattato a dicembre del 2017, con perquisizioni a carico di altri trenta indagati, tra cui anche alcuni parenti del latitante, come il cugino Matteo Filardo e lo zio Giovanni Santangelo.