Alla Camera di commercio di Catania un'esposizione con numerose opere pittoriche del Ventennio. Fanno parte di un «discreto patrimonio artistico» scoperto al palazzo della Borsa, attualmente in via di recupero
Larte ritrovata, in mostra gli anni Trenta
Ci fu un’epoca in cui il Duce fece la sua comparsa a Catania. Per l’occasione gli artisti si applicarono a quello che era uno dei riconoscimenti massimi per l’autorità dell’epoca: il ritratto declinato in mille versioni, con tutto il sapore dell’agiografia del Ventennio. Ma erano anche anni in cui gli artisti celebravano la bellezza femminile, con canoni grafici ancora una volta legati a quel periodo storico.
Catania conserva traccia di queste opere nei locali della Camera di Commercio; opere chiuse nelle stanze per anni, spesso in cattivo stato di conservazione e oggi riportate a nuovo splendore, ma soprattutto allo sguardo del pubblico. Per osservare da vicino questo pezzo della nostra storia artistica, e non solo, c’è tempo sino al 23 gennaio; nella Sala delle Grida del Palazzo della Borsa sede della Camera di Commercio, è in mostra “L’arte ritrovata” (aperta tutti i giorni dalle 16 alle 21, sabato e domenica dalle 9.30 alle 21). L’iniziativa è stata finanziata dall’assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, progettata ed eseguita dal servizio Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Catania.
Si tratta di un’esposizione di opere pittoriche degli anni Trenta che fa seguito al restauro dei dipinti dei maestri Giuseppe Barone, Mario Siragusa e Angelo Sanfilippo. Alcune delle opere facevano già parte dell’arredo della Sala del Consiglio della Camera, mentre altre, di chiara ispirazione fascista, erano rimaste sepolte, per oltre sessant’anni, in uno stanzone-magazzino al terzo piano del Palazzo. Queste ultime, in cattivo stato di conservazione, sono state oggetto di un più attento intervento di restauro. Le due opere in questione, “la Meta” di Mario Siragusa (1884 – 1980) e “La carta del lavoro” di Giuseppe Barone (1887-1956), rappresentano entrambe, in maniera monumentale e secondo canoni classici, il Duce. Mentre la prima presentava screpolature, cadute di colore e un telaio deteriorato, la seconda era in pessime condizioni.
La tela, di vaste dimensioni, era stata strappata dal telaio, arrotolata e conservata. La cattiva conservazione ha causato sparse cadute di colore che correvano lungo il centro del dipinto. Dopo le dovute operazioni di restauro, che hanno caratterizzato il supporto (rintelatura, sostituzione telaio, ecc.) e lo strato pittorico, i due manufatti hanno riacquistato la leggibilità di un tempo. Il “grande pennello”, raffigurante Il duce a cavallo, dipinto nel 1933 (proprio per il Palazzo della borsa) in occasione della venuta di Benito Mussolini a Catania. Nonostante la monumentale e convenzionale classicità dettata dai canoni dell’epoca, è espressione di un periodo storico. Abile nel ritratto, il Barone, ha saputo inserire tra il popolo, volti autentici. Sobria e celebrativa è invece “La Meta” di Mario Siragusa.
Di ben altro stile sono le tele allegoriche realizzate da Angelo Sanfilippo (rappresentanti: commercio, artigianato, agricoltura, arti e trasporti), sovrapporte del Salone del Consiglio. Coinvolte nella recente riqualificazione artistica della Camera di Commercio, erano in discreto stato di conservazione, ma presentavano una fortissima “crettatura” (screpolatura e rottura dello strato pittorico), come spiega il restauratore Giuseppe Calvagna, che aggiunge: “probabilmente l’uso di materiali di fattura industriale, che in quell’epoca si affacciavano sul mercato, ha favorito il deterioramento dello strato pittorico”. Uno spesso strato di nerofumo e la lieve ossidazione dei colori ne avevano scurito il tono.
Ed è stato il restauro a riportare alla luce i colori intensi usati da Sanfilippo. Il fondo ocra, i verdi brillanti, il blu lapislazzuli, il tenue e sfumato incarnato, campeggiano sulle opere di un pittore (i cui dati biografici sono scarsi) che ha saputo aggirare l’imposizione ideologica degli anni ’30, non solo perché i soggetti erano meno impegnativi, ma anche grazie all’inserimento di simboli quasi “naif”. Oggetti e simboli che caratterizzano le sette “Allegorie delle Arti e dei Mestieri”: il salvadanaio per l’Allegoria del commercio o l’aereo per l’allegoria dei trasporti ci ricordano tanto la grafica dei primi del Novecento. “Sembra che il pittore fosse influenzato dalla grafica di quel periodo” suggerisce Calvagna; ciò si evince dalla tecnica di esecuzione che presenta innovative “sfumature a spruzzino”.
Ma dove saranno collocate le opere finita la mostra? E i ritratti di Mussolini, torneranno ad essere nascosti nel loro buio stanzone? “Nient’affatto” risponde Pietro Agen, presidente della Camera di Commercio, “l’arte va tutelata al di là dell’ideologia, le due opere saranno collocate nella biblioteca dell’edificio, mentre le Allegorie ritorneranno nel Salone del Consiglio”. In realtà tutto fa parte di un progetto più grande, racconta Agen: “Abbiamo scoperto un discreto patrimonio artistico all’interno del Palazzo della Borsa, in parte depredato e alienato nel tempo”: dai ritratti dei presidenti passati (di cui tre di “Saru” Spina, famoso pittore acese) ad opere di pregio in ceramica artistica di Caltagirone fino allo stesso mobilio degli uffici risalente agli anni ’30. “Per tutelare i manufatti presenti all’interno del palazzo, bisognava farne un censimento; se ne è occupata la Soprintendenza di Catania, inventariando le opere rimaste”.
La camera di commercio ora diventa promotrice d’arte. Cosa ci guadagna? Qual è il beneficio diretto per la città? “Anticamente – spiega Agen – la Camera di Commercio prendeva il nome di ‘Camera di commercio ed Arti’; non a caso fino al 1948 la Camera di commercio di Catania si dedicò all’acquisto di opere d’arte ed alla promozione di quest’ultima”. Usanza che stranamente si è perduta durante gli anni del boom economico. “Perché, dunque, non ricominciare ad acquisire un’opera d’arte per ogni anno” oltre alla riqualificazione dell’intero Palazzo della Borsa? La Camera di Commercio non punta alla visibilità, sembra di capire dalle parole del presidente: “Vogliamo coinvolgere più istituzioni possibili, gli Enti culturali debbono fare alleanza. Solo così possiamo ridare dignità al patrimonio della città, favorire l’arte e lo sviluppo economico. Il turismo senza l’arte non esisterebbe”.
La mostra è il prosieguo di un ciclo di manifestazioni che prevede un totale di quattro mostre sino alla fine del 2011 che vedrà susseguirsi i maestri Benaglia, Contraffatto, Rimini (antologica), Sciavarello e La Cognata.