A Perugia la radio è a colori

A Perugia fa caldo come a Catania. Ieri sera appena arrivati, dopo ore di aereo e treno, siamo andati nelle residenze universitarie che ci ospiteranno per questi tre giorni. Tutte comode, tutte con un portiere pazzo. Può sembrare strano ma è così, portieri isterici e molto confusi. Dopo lunghe trattative siamo riusciti a prendere possesso delle nostre camere. Questo è il mio secondo Fru, (Festival delle radio universitarie, per i neofiti, ndr). Anche quest’anno non ho potuto evitare paralleli tra le residenze e le mense catanesi con quelle di Salerno, in cui sono stato un anno fa, e quelle perugine in cui sto adesso. Il confronto non regge. Catania è messa male. Lasciandoci alle spalle paragoni e strani personaggi, con i colleghi siamo andati in centro per incontrare i ragazzi delle altre radio universitarie. Perugia è piena di gruppetti di magliette colorate. C’è l’armata rossa di Radio Sapienza (Roma), l’armata azzurra di Radio 6023 (Vercelli), l’armata verde di Fan (Verona), l’armata blu di F2 (Napoli) e l’armata nera Zammù. In mezzo un paio di armate bianche non ben identificate. Le armate si mescolano, dall’alto immagino che le stradine del centro di Perugia assomiglino ad un abito di arlecchino. La serata la trascorriamo salutando radiofonici che non vedevamo da tempo, con qualche birra in mano e tante chiacchiere. Si sa, raramente gli speaker delle radio non hanno qualcosa da raccontarsi.

Stamattina la sveglia ha suonato molto presto. È possibile che anche a Perugia mi tocca fare un sopralluogo per testare audio e rete Internet? Possibile, è successo. Nemmeno il tempo di fare colazione che mi trovo con Giorgio e Alberto (redattori di Radio Zammù entrambi, ndr) a tendere cavi e fare finta di capire cosa ci dice il tecnico del comune. Poi finalmente il caffè. Pian piano la piazza si riempie di nuovo di magliette colorate. Tutti ieri abbiamo fatto tardi e le facce si nascondono dietro agli occhiali da sole. Le armate si ricompongono e poco dopo spuntano da ogni tasca e borsa microfoni e registratori. Comincia il giro delle interviste, tutti intervistano tutti. Tutti si collegano con lo studio centrale e da Perugia partono fiumi di parole verso tutte le antenne italiane.

A metà mattinata il primo incontro: “Radio istituzionali e radio universitarie. Esperienze e confronti tra Italia ed Europa”. Le cose più interessanti le raccontano Elizabeth Hauke di ICRadio di Londra e da Lisbona Joao Bacalhau (giuro, è il suo cognome) di Radio Zero. La prima ferma sostenitrice del podcast, il secondo più legato allo streaming e al flusso in diretta. Joao mi ha stupito: coordina una radio con 100 collaboratori volontari. Lo ammetto, quando me lo ha detto ho esclamato: «Minchia!». Tra un paio di parole in spagnolo e un paio in inglese con Joao siamo diventati amici, lavorando insieme per registrare l’intervento che la zammuriana Stefania Tringali ha fatto in diretta su Radio Deejay. Poi il pranzo prima dell’incontro pomeridiano: “I format in radio. Incontro con i guru della radio”. Tra i guru Alma Grandin di Radio Tre, con lei anche Gioia Lovison presidente di Raduni, l’associazione degli operatori radiofonici universitari.

Intanto in piazza compaiono un paio di palloni. Un ragazzo urla: «Mi piacciono molto le ragazze, ma personalmente sono solo la terza cosa più importante della mia vita, dopo il calcio e Lost». Nemmeno il tempo di sorridere che lo vedo calciare un destro che va diritto in rete, battendo il portiere che prova a fare il suo dovere in una porta ricavata tra un arco e l’altro della piazza.  Alle sette sono già abbastanza cotto, ho voglia di rilassarmi un po’ prima dei live e dei contest di stasera. Vado verso la residenza con Giorgio, pensando che la facilità con cui scivolo per le discese di Perugia dopo sarà solo un ricordo. Le pendenze dei magnifici vicoli si rivolteranno contro di me. Giorgio mi legge nel pensiero e mi ruba le parole di bocca: «Perugia è bella, ma quante salite».


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