Goliarda è stata tutto questo

Dopo il debutto del maggio 2009, è tornato in scena lo scorso weekend, al centro culture contemporanee Zo, lo spettacolo teatrale “Io ho fatto tutto questo”, ideato e diretto dalla regista e filmaker catanese Maria Arena e dedicato alla scrittrice etnea Goliarda Sapienza.

 

Quest’anno lo spettacolo, presentato all’interno della rassegna Gesti contemporanei, era la conclusione del ciclo di eventi multidisciplinari dal titolo “Goliarda e le altre”, ideato e promosso dalla casa editrice indipendente Villaggio Maori, in collaborazione con il Corso di Laurea in Scienze storiche e politiche della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Catania e con la CGIL di Catania.

 

Una vita affascinante e intensa quella di Goliarda Sapienza, nata nel 1924 a San Berillo e che, in seguito ad un momento di profonda crisi depressiva intorno ai suoi 40 anni, venne sottoposta ad una terapia elettrica di “annientamento”, con sette elettroshock che le cancellarono quasi del tutto la memoria.

 

“Io ho fatto tutto questo” è il momento in cui Goliarda Sapienza riprende consapevolezza di sé, rinasce attraverso un viaggio a ritroso in un labirinto di ricordi confusi e frammentati.
Rappresentato su una scena minimale, in cui dominano il bianco di una pedana e di un insieme di fogli in cartoncino disordinatamente disposti sullo sfondo, lo spettacolo racconta questa grande inquietudine, dalla quale la Sapienza riuscì a venir fuori non solo grazie all’interessamento di un medico psicanalista, ma anche all’arte della sua gioia: la scrittura.

 

Quest’ultima è la sua personale salvezza: sono due, infatti, i romanzi autobiografici che l’autrice scrisse nel periodo della terapia psicanalitica: “Lettera Aperta” e “Il filo di mezzogiorno”, abilmente ripresi sulla scena, con alcuni brani selezionati e letti dall’attrice mantovana Emanuela Villagrossi. Un reading, quindi, accompagnato dalle performance di Daniela Orlando, che ha collaborato alla scrittura drammaturgica dei testi e dal suono di un’arpa suonata da Lucilla Scalia, figlia di Daniela Orlando, che rappresenta una Goliarda-bambina che si muove con altre due Goliarda, diverse, in mezzo a ricordi-oggetti sparpagliati su un palco che, all’occorrenza, diventa uno schermo supplementare per la proiezione dei video, realizzati anch’essi da Maria Arena.

 

Non si tratta di una vera e propria trasposizione teatrale di testi letterari, ma di una nuova partitura, in cui la parola, l’azione, la musica e i video concorrono alla creazione di un movimento, e ognuno di questi aspetti è una parte del modo di essere della Sapienza. Ne viene fuori una scena in cui talvolta un linguaggio squarcia l’altro: dalla lettura di un brano si passa alla proiezione di un’intervista fatta al regista romano Citto Maselli, compagno di Goliarda Sapienza per 18 anni; dal suono dell’arpa, al video in cui Carmen Consoli canta in dialetto siciliano un brano tratto da “Il filo di mezzogiorno”.

 

L’obiettivo che Maria Arena raggiunge non è quello di descrivere un’emozione, ma di suscitarla nel pubblico. È catturare il cuore di un’esistenza e donare la giusta attenzione ad una scrittrice contemporanea importante ma dimenticata. Una voce inattuale, forse perché troppo nuova.


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