Insegnare gratis? Troppo umiliante

Illustrissimo Presidente della Repubblica, Illustrissimo Ministro dell’Università e della Ricerca,

con la presente siamo ad esprimerVi le nostre perplessità in merito a ciò che sta accadendo all’interno delle università Italiane. Ci sembra doveroso richiamare la Vostra attenzione sul nostro specifico caso non perché sia di particolare rilevanza, ma in quanto rileva sintomi e difetti che in maniera più trasversale stanno interessando tutti gli Atenei italiani.

Da diversi anni insegniamo come docenti a contratto al Politecnico di Milano in materie afferenti alla progettazione architettonica (ICAR14). Da due anni coordiniamo un corso, inedito per la nostra Facoltà, che si occupa di indagare la progettazione architettonica nei Paesi in via di Sviluppo e nelle aree di marginalità e povertà. Tale corso si colloca al terzo anno della laurea magistrale tra i corsi opzionali. Nei due anni in cui si è svolto è stato oggetto di un certo interesse tra gli studenti tanto da diventare fin dal primo anno uno dei corsi più frequentati del Politecnico (circa 140 studenti), con un 85% di esaminati in primo appello e ottenendo ottime valutazioni da parte degli studenti. L’interesse su questa esperienza didattica ha oltrepassato i confini d’Ateneo e i risultati progettuali degli studenti saranno esposti in mostra a Palazzo Lucarini a Trevi all’interno della manifestazione Biennale Diffusa di Architettura Contemporanea “Attraversamenti” che si terrà a settembre 2009. Per queste ragioni il corso è stato confermato anche per l’anno accademico 2009/10.

Tuttavia i criteri di retribuzione per gli incarichi di insegnamento, approvati dalla giunta di Facoltà di Architettura Civile in data 24 giugno prevedono che “gli insegnamenti opzionali attribuiti mediante contratto di diritto privato a docenti non strutturati saranno conferiti a titolo gratuito, salvo discrezionalità del Preside…”. Ciò implica che a partire dall’anno prossimo tutti i docenti a contratto cui è stato affidato un insegnamento opzionale non saranno retribuiti. Paradossalmente, tutto ciò avviene nel momento in cui il Politecnico di Milano riceve encomio di Ateneo “virtuoso”. Ci si chiede dunque, se tale virtuosismo sia stato raggiunto sulle spalle delle fasce più precarie di lavoratori, quali ad esempio i docenti non strutturati. Allo stesso modo ci si chiede come questi docenti possano farsi carico personalmente di un corso universitario non sostenuto dalla stessa Facoltà. Nella piena consapevolezza che già operiamo in una condizione di gratuità (riteniamo infatti che l’attuale retribuzione, circa € 2.000 lordi/anno per 4 CFU, sia più simile ad un rimborso spese che ad uno stipendio) e senza appellarsi al disposto costituzionale per cui «l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro», ci sembra che dal punto di vista “simbolico” chiedere di lavorare gratuitamente all’interno di una Università italiana sollevi molteplici perplessità e spunti di riflessione.

Fra tutti sono due gli aspetti che in maniera più drammatica ci sembra che questa nostra personale storia sollevi. Il primo riguarda la natura dei tagli. Come si è recentemente appreso gli Atenei dovranno operare una razionalizzazione dei costi in modo da ridurre le spese, principio che personalmente riteniamo condivisibile. Tuttavia, se non si inseriranno immediatamente strumenti operativi per gestire la razionalizzazione delle spese, gli Atenei saranno inesorabilmente portati a tagliare dove possono e non dove sarebbe più opportuno operare. In altre parole i tagli riguarderanno principalmente quegli aspetti «addizionali» direttamente gestiti da presidenze e dipartimenti e difficilmente si assisterà a una profonda ristrutturazione del funzionamento delle Università capace di accorpare corsi di laurea, eliminare poli e sedi esterne che attualmente sono il vero buco finanziario di molte Università italiane.

Un secondo aspetto riguarda il reclutamento del personale. Un ente che riduce il personale «precario» caratterizzato da giovane età, maggiore produttività e minor costo e non riesce, invece, a razionalizzare il personale strutturato anche in caso di evidente difetto (o incapacità), dimostra tutta la sua fragilità. Esiste un enorme potenziale inespresso all’interno delle Università italiane capace di promuovere ricerche, migliorare la didattica e produrre ricchezza per i Dipartimenti attraverso le ricerche stesse. A nostro parere, se la riforma universitaria non affronterà con coraggio questi nodi, gli Atenei saranno abbandonati a se stessi e si assisterà nuovamente a giovani insegnanti costretti a lavorare gratuitamente in atenei nei quali si protraggono sprechi finanziari e si confermano docenti strutturati inadeguati. Per queste ragioni ci sembra che la richiesta di insegnare a titolo gratuito sia, dal punto di vista simbolico, troppo umiliante da accettare e salvo rettifiche della Presidenza di Facoltà, saremo costretti a rinunciare all’insegnamento. Nella speranza che questa nostra personale esperienza possa diventare occasione di proficua riflessione e confidando nelle vostre più acute osservazioni in merito allo stato in cui vertono le Università italiane, la natura dei finanziamenti e l’imminente entrata in vigore della riforma, vi porgiamo i nostri più cordiali saluti.

[Pubblicato su “Il Corriere della Sera” del 25 agosto 2009]


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