Faro Capo Zafferano, quattro proposte per la gestione Le associazioni: «Bene, purché resti aperto al pubblico»

Grande successo per il faro di Capo Zafferano a Santa Flavia, nel Palermitano. Sono ben quattro, infatti, le proposte per la richiesta in concessione della struttura che rientra tra quelle offerte in gestione dall’Agenzia del Demanio nel secondo bando di gara, presentato dopo l’estate, che ha proposto in concessione fino a 50 anni, 20 fari, torri ed edifici costieri di proprietà dello Stato. Alla scadenza sono arrivate, infatti, 54 proposte per il recupero e il riuso di questi siti di pregio storico e paesaggistico lungo le coste italiane. I bandi pubblicati il 16 settembre scorso hanno proposto al mercato un numero di strutture maggiore e di diversa tipologia rispetto al bando del 2015, si sono chiusi martedì raccogliendo molto interesse: notevole è stata infatti la partecipazione di investitori immobiliari italiani e stranieri, di associazioni, singoli imprenditori e imprese del settore alberghiero. 

Notevole il successo riscosso dal sito palermitano – le quattro proposte presentate al momento sono ancora top secret e si conosceranno solo nei prossimi giorni – preceduto soltanto dal faro delle Formiche nell’isolotto Formica Grande (Grosseto) con sei le richieste e da  quello di Spignon sull’isola di Spignon a Venezia (cinque le offerte presentate). Da anni abbandonato all’incuria del tempo e alle incursioni dei vandali, oggi il faro di Capo Zafferano potrebbe finalmente rinascere e ritornare all’antico splendore come suggestivo gioiello che sorge, peraltro, in un sito di interesse comunitario (Sic) – ricade nel parco urbano di monte Catalfano – perché ritenuto di grande valore naturalistico.

Una notizia accolta con entusiasmo dalle tante associazioni del territorio che da anni si battono per il recupero della struttura e i caseggiati, assai ampi, che cadono a pezzi sventrati dalle intemperie e invasi dai rifiuti: tra queste Legambiente, Wwf, il gruppo Facebook Addabbanna ‘a muntagna, di quà dal Faro, Archè Villabate e Partecipalermo. L’obiettivo, auspicato da tempo, quello di salvare il complesso assieme ai locali e salvaguardare il tratto di costa con forme di tutela che possano essere quelle di parco o riserva naturale, con un centro di studio della flora e della fauna in grado di attrarre studiosi di scienze ambientali da tutta Europa. Rimane il timore, tuttavia, che il sito possa essere affidato a privati – seppur temporaneamente – e trasformato in un resort di lusso, senza alcun fine di natura sociale.

«È una notizia che accogliamo con entusiasmo – racconta Mimmo Schillaci ambientalista di Legambiente Bagheria e dintorni – ma cosa succederà adesso? Da parte nostra abbiamo fatto in modo che le finalità pubbliche nella riqualificazione del bene (realizzare un centro ricerca, un osservatorio naturalistico, un museo del mare) venissero incluse tra i parametri da valutare ai fini della concessione. Ben vengano imprenditori e fondi privati per il recupero del bene, ma terremo desta la nostra attenzione affinché la fruizione pubblica e con finalità culturali e scientifiche del sito possa essere realizzata».

«Una notizia che non mi sorprende perché è un sito meraviglioso – afferma l’assessore ai Beni culturali e attività produttive di Santa Flavia Giusi Gerratana  che ha seguito tutte le fasi del bando – e ci sono state tantissime visite e manifestazioni di interesse. Certo, ora dobbiamo attendere per conoscere l’esito del bando di gara: mi auguro che il progetto selezionato, come previsto dall’Agenzia del Demanio, garantisca la fruizione al pubblico nella misura del 40 per cento. Un vincolo, infatti, amplificato dal fatto che il faro ricade in un’area Sic e in un punto del mare – lo specchio d’acqua antistante il faro – dove è stata già fatta richiesta, con il coinvolgimento dell’università, per farne una riserva marina. Non ci spaventa la partecipazione dei privati – conclude – noi continueremo a vigilare, ma sono fiduciosa perché la sintonia con il Demanio è totale». 


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Notevole il successo riscosso dal sito palermitano preceduto soltanto da quello delle Formiche (Grosseto) e quello di Spignon. Da anni abbandonato, potrà tornare all’antico splendore come suggestivo gioiello che sorge, peraltro, in un sito di interesse comunitario. Le proposte sono top secret e si conosceranno solo nei prossimi giorni

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