La procura etnea ha formalizzato il ricorso in Cassazione contro la sentenza della giudice Gaetana Bernabò Distefano sul processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell'editore Mario Ciancio. L'imprenditore è stato assolto dall'accusa il 21 dicembre 2015 poiché il «il fatto non costituisce reato»
Caso Ciancio, procura fa ricorso in Cassazione Per i magistrati c’è stata «violazione della legge»
La procura della Repubblica di Catania ha depositato il ricorso in Cassazione contro il «non luogo a procedere» – disposto dalla giudice Gaetana Bernabò Distefano – per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell’editore ed ex direttore de La Sicilia Mario Ciancio. La decisione della giudice etnea è arrivata il 21 dicembre 2015, al termine di un’udienza in cui l’imprenditore è stato prosciolto dall’accusa formulata dai magistrati Antonino Fanara e Agata Santonocito perché «il fatto non costituisce reato», aveva spiegato Bernabò Distefano.
I procuratori etnei contestano una presunta «violazione di legge nell’applicazione del codice di procedura penale», in merito alla definizione della norma sul concorso esterno in associazione mafiosa, e «l’illogicità della sentenza nelle motivazioni, con particolare riferimento a elementi essenziali per la decisione», precisano all’agenzia Ansa. La sentenza della giudice Bernabò Distefano non ha lasciato indifferente la magistratura e anche la politica.
Sulla vicenda è intervenuta anche la procuratrice Ilda Boccassini che, durante un incontro all’università di Milano, ha ribadito che il concorso esterno in associazione mafiosa è «un fatto sancito da sentenze della Suprema corte». Mentre il senatore del MoVimento 5 stelle Mario Giarrusso ha già annunciato l’intenzione di richiedere l’audizione della giudice Gaetana Bernabò Distefano alla commissione nazionale Antimafia. Insieme a Nunzio Sarprietro, capo del Gip di Catania, polemico nei confronti del «non luogo a procedere».