Perno del sodalizio per lo scambio di voti, secondo gli inquirenti, era Giuseppe Bevilacqua, il suo pacchetto di voti e il modo in cui venivano racimolati e promessi ai politici in corsa per un seggio all'Ars. Indagate 28 persone. Usati come merce di scambio anche gli alimenti per i bisognosi. La compagna di Bevilacqua a Meridionews: «Non so nulla, rivolgetevi agli avvocati»
I voti di Bevilacqua per i deputati regionali arrestati Corruzione, voto di scambio, usura per una poltrona
La compagna di Giuseppe Bevilacqua, l’uomo attorno a cui ruotano gli arresti di oggi, dice a Meridionews di non sapere nulla: «Parlate con i nostri avvocati – afferma Anna Brigida Ragusa -. Non abbiamo nulla da replicare e nulla da dire per difenderci dalle accuse. Attenetevi a quello che hanno detto e non detto i pm». Eppure la sua voce è nelle intercettazioni fornite dal nucleo di polizia valutaria della guardia di finanza e già nel 2013 era stata indagata, con la sorella di Bevilacqua, Teresa, per malversazione e appropriazione indebita la prima e solo per malversazione la seconda in riferimento ad una indagine sul business che si celava dietro al Banco Opere di Carità, all’insaputa dei volontari.
Perno del sodalizio per lo scambio di voti, secondo gli inquirenti, era dunque Bevilacqua, il suo pacchetto di voti e il modo in cui venivano racimolati e in un secondo momento, promessi ai deputati in corsa per le Regionali. Su questo si basa l’operazione Agorà che ha portato all’arresto di cinque persone, Nino Dina, (Udc), presidente della commissione Bilancio di Palazzo dei Normanni, Roberto Clemente, eletto nelle liste del Pid; l’ex deputato, già indagato per intestazione fittizia di beni, Franco Mineo; Leonardo Gambino, militare della guardia di finanza, e l’aspirante consigliere comunale Bevilacqua. Indagate 28 persone per i reati di scambio elettorale politico-mafioso, corruzione elettorale, peculato, malversazione ai danni dello stato, usura e corruzione.
Nel maggio del 2012 Bevilacqua, in quota Cantiere Popolare (sosteneva la candidata a sindaco Marianna Caronia, ndr), non riuscì a farsi eleggere al consiglio comunale di Palermo nonostante, secondo l’accusa, avesse pagato per quelle 1.114 schede con il suo nome sopra. Offrendo posti di lavoro ai familiari dei suoi elettori o, addirittura, sfruttando la distribuzione di beni di prima necessità che attraverso, il Banco opere di carità, dovevano essere destinate ai più indigenti e che, invece, con la complicità di altri soggetti, sarebbero stati distribuiti ai potenziali elettori, indipendentemente dalle loro condizioni di indigenza.
Un metodo fruttuoso che, come emerso dalle intercettazioni, sarebbe continuato anche dopo la campagna elettorale. Questa volta lucrandoci. Al prezzo di due euro cadauno, vendeva «i sacchetti della spesa» – così li chiamava – e ne ricavava soldi per le spese personali. A conferma il fatto che, a seguito delle perquisizioni, siano stati trovati nella sua abitazione prodotti con marchio «Aiuti Ue – prodotto non commercializzabile». Sembrerebbe che qualcuno all’interno del Banco opere di carità fosse a conoscenza della situazione. Uno degli indagati che operava con Bevilacqua farebbe infatti parte della fondazione.
Finite le elezioni comunali del maggio 2012 e visto il risultato, la cosa migliore era ottimizzare quel migliaio di voti racimolati e rivenderli ai più bisognosi. Ed è qui che entrano in campo i tre deputati dell’Ars arrestati: Franco Mineo, Nino Dina e Roberto Clemente che si preparavano ad affrontare le Regionali. Ad ognuno di loro Bevilacqua avrebbe promesso il suo pacchetto di voti in cambio di favori. Dina ad esempio, secondo quanto spiegato oggi dagli inquirenti, avrebbe promesso due incarichi per i familiari di Bevilacqua, destinati alla compagna e alla sorella. Le due donne avrebbero potuto anche non presentarsi presso gli enti pubblici, o sarebbero potute andare anche una volta a settimana, ma la retribuzione di 15mila euro sarebbe stata loro ugualmente.
Le indagini portate avanti dall’aggiunto Vittorio Teresi e dai sostituti Francesco del Bene, Anna Maria Picozzi, Dario Scaletta e Amelia Luise traggono origine da un altra operazione del 2011, denominata Hydra, che aveva portato in carcere quelli che gli inquirenti ritengono mafiosi di spicco come Calogero Di Stefano e Giuseppe Enea. Da quelle intercettazioni, incidentalmente, emersero anche i presunti rapporti dei mafiosi di Tommaso Natale con Bevilacqua. Quest’ultimo avrebbe ammesso che proprio grazie alle sue amicizie già nel 2007 aveva ottenuto la nomina a consigliere presso la VII circoscrizione di Palermo.
Primo dei non eletti del suo partito alle elezioni comunali del 2012, provò a giocarsi le sue carte alle Regionali, impegnandosi a portare i suoi voti al compagno di partito Roberto Clemente, in corsa per un posto all’Ars ma già eletto qualche mese prima a palazzo delle Aquile. In cambio Clemente si sarebbe dimesso dal consiglio comunale e Bevilacqua avrebbe ottenuto un seggio al Consiglio comunale. Ma nonostante il successo, Clemente non rispettò l’accordo, mantenendo fino a oggi il doppio incarico.
Franco Mineo invece, in cambio di voti, avrebbe promesso l’erogazione di un finanziamento di 20mila euro a favore di un’associazione riconducibile ad un familiare di Bevilacqua. Tra gli arrestati c’è anche Leonardo Gambino, appartenente al servizio aeronavale della Guardia di Finanza. L’uomo avrebbe garantito a Bevilacqua informazioni su eventuali attività di indagini a suo carico