Le risorse della Sicilia ai siciliani Via al meeting coi deputati nazionali

Una interlocuzione continua con i parlamentari nazionali eletti in Sicilia. E’ quanto chiede il Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ai deputai arrivati da Roma per l’incontro sul tema dell’articolo 36 dello Statuto e sui rapporti finanziari Stato-Regione. 

Un incontro seguito  in diretta streaming una quarantina di siti online «oltre alle principali testate giornalistiche» ha detto Ardizzone «segno che l’argomento è di grande interesse». Tra queste testate c’è anche la nostra. 

«Da quasi un anno – ricorda  il presidente Ardizzone aprendo l’incontro – l’Assemblea regionale ha approvato, all’unanimità, lo schema di progetto di legge (legge voto) costituzionale per la riforma dell’articolo 36 per consentire alla Regione di incamerare il gettito delle imposte di produzione, attualmente riservate allo Stato, in applicazione del principio di territorialità dell’imposta e in attuazione dei principi ispiratori del federalismo fiscale. La legge voto deve essere approvata dal Parlamento nazionale, ecco perché oggi chiamiamo a raccolta tutti i nostri deputai». 

La parola va dunque all’ex vicesegretario generale dell’Ars, Salvatore Di Gregorio: «La scelta di riprendere queste tematiche è una scelta impegnativa. Con la legge voto si chiede, infatti, di sottrarre risorse incamerate dal Bilancio dello Stato per darle alla Regione, cui certamente spettano. Ma è importante perché riporta in primo piano i rapporti finanziari Stato-Regione. E su questo punto una cosa è certa: la Sicilia è l’unica regione tagliata fuori dal principio di territorializzazione delle imposte sancito dalla Corte Costituzionale». 

Tutto ruota intorno alla mancata applicazione delle norme finanziarie del nostro Statuto (art.36-37-38). Che tradotto in soldoni, come abbiamo scritto qui nel dettaglio, significa che circa 10 miliardi di euro all’anno che spetterebbero alla Sicilia vengono invece incassati da Roma. 

De Gregorio sta facendo un excursus delle sentenze della Corte Costituzionale, che nell’arco di 60 anni, tra ambiguità e batoste, ha comunque ribadito di recente (con una sentenza dello scorso Luglio di cui vi abbiamo parlato qua) il diritto della Regione di riscuotere le imposte maturate sul sul suo territorio (non solo quelle riscosse in Sicilia dunque). Il riferimento è a tutti quei tributi pagati altrove da aziende che producono qui, ma hanno sede legale altrove (dalle raffinerie alle banche, solo per citare due esempi). 

E di numeri parla anche De Gregorio, che di discosta poco dalla nostra inchiesta, parlando «di circa oltre otto miliardi di euro».  

Un passaggio sottolineato da Ardizzone «Saremo brutti sporchi e cattivi, ma non siamo fessi». Il Presidente dell’Ars si riferisce agli attacchi mediatici che dipingono sempre malissimo la Sicilia. Senza mai dire che le risorse dei siciliani sono letteralmente depredate. 

«Nell’Isola – ha aggiunto- raffiniamo il 40% del petrolio, sopportiamo il costo del danno ambientale e di salute dei cittadini, ma le imposte vengono pagate altrove, a differenza di quanto avviene, per esempio, in altre regioni come il Trentino e la Sardegna».

La parola passa al professor Salvatore Sammartino che parla di Iva: «Che sia una imposta sui consumi è pacifico. Ma a quale soggetto pubblico deve andare? La Sicilia è un mercato di consumo da 5 milioni di persone. Questo tributo lo paghiamo noi consumatori beni e servizi. Ma lo incassa lo Stato, sia nella fase di produzione (i prodotti consumati sono realizzati fuori dall’Isola) che nella fasi successive.

Occorre porsi una domanda: nelle casse della Regione quanto resta dell’Iva pagata dai consumatori siciliani? Certamente una parte infinitesimale. Non solo. I nostri operatori economici, in maggioranza commercianti, quando sono a credito di Iva nei confronti dello Stato, vengono risarciti dalla Regione. Quindi non solo non incassa, ma deve anche risarcire un’Iva versata altrove». 

Altro che dieci decimi…

«Il rimedio? Ci sono precise statistiche sui consumi. Individuiamo il gettito complessivo a livello nazionale. Se è 100, al netto dei rimborsi, facciamo delle proporzioni in base ai consumi e in Sicilia siamo 5 milioni di consumatori, si individua quella cifra che spetterà alla Regione». 

Interviene dunque Antonio Verde, docente universitario ed esponente della Commissione paritetica Stato- Regione che esorta il Governo ad avviare una trattativa politica con Roma sulla questione. 

Sulla diminuzione delle risorse del Piano di azione e coesione si è soffermato il dirigente Vincenzo Falgares, che sottolinea il rischio di riduzione del cofinanziamento statale nella spesa europea. 

Quindi il via al dibattito con i parlamentari nazionali. Con Vncenzo Gibiino, senatore di Forza Italia, e coordinatore in Sicilia del suo partito, che ha garantito il suo impegno a Roma su questi temi. Mentre Azzurra Cancelleri, del M5S, oltre a ricordare le interpellanze già presentate, ha esortato i colleghi della maggioranza ad attivarsi nella Capitale con il Governo. 

Quindi Angelo Capodicasa, ex Presidente della Regione e deputato del Pd, che ha parlato di una autonomia «rimasta senza rappresentanza» e ha chiamato in causa il Governo regionale «che dovrebbe giocare un ruolo da protagonista su questi temi». Ha anche ricordato di essersi astenuto (caso unico nel Pd) dal voto sullo Sblocca Italia per l’articolo 37, quello che dà il via alle trivellazioni selvagge nel mare siciliano. 

Anche Giampiero D’Alia, senatore Udc, tira le orecchie al Governo regionale «che deve pretendere dallo Stato un quadro preciso dei conti regionali. L’autonomia non deve essere un privilegio, ma è uno strumento per definire le nostre capacità di sviluppo e su quello si parametrano anche le azioni da intraprendere».

In sintesi, tutti i parlamentari nazionali, tra questi Giuseppe Marinello (Ncd), che ha proposto un emendamento alla legge di Stabilità, e Tonino D’Alì (Forza Italia) hanno promesso impegno per la Sicilia.

Vedremo, se nella pratica, sarà così. 


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