Gasdotto Malta-Gela, via libera della Regione. Schifani firma decreto d’intesa. «Sicilia sarà piattaforma energetica fondamentale»

Via libera dalla Regione Siciliana al progetto Melita Transgas Pipeline tra la Sicilia e Malta. Il governatore Renato Schifani ha firmato il decreto di intesa all’autorizzazione unica di competenza del ministero della Transizione ecologica alla Interconnect Malta Ltd per la costruzione del gasdotto sottomarino. L’autorizzazione unica dell’opera da parte del Mite comprende il parere di conformità urbanistica, l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, l’approvazione del progetto e la dichiarazione di pubblica utilità. Con questi passaggi burocratici si dà inizio all’opera dal valore di oltre 200 milioni di euro.

«In una situazione in cui sta cambiando radicalmente il panorama delle forniture energetiche – sottolinea il presidente della Regione – abbiamo espresso il nostro consenso, nella forma sancita dalla Conferenza Stato-Regioni, alla procedura in capo al Ministero per la realizzazione di una infrastruttura strategica per l’interconnessione tra l’Italia e Malta. In questa prospettiva- dice ancora Schifani – la nostra Isola ricopre e ricoprirà sempre più il ruolo di piattaforma energetica e logistica fondamentale».

L’opera, finalizzata all’esportazione di gas dalla rete nazionale italiana, è lunga complessivamente 159 chilometri e si compone di quattro sezioni principali: una prima onshore, ovvero a terra, in Sicilia, lunga circa 7 chilometri, e interesserà il Terminale di Gela, in località Piana del Signore all’interno del territorio gelese, fino alla linea di costa; una seconda sezione offshore, in mare, partirà dalla costa fino al limite delle acque territoriali italiane, sarà lunga circa 57 chilometri; quindi un’altra sezione ancora in mare, lunga circa 94 chilometri, dal limite delle acque italiane fino alla costa nord-occidentale di Malta; infine, un’ultima sezione a terra, lunga circa 700 metri, sul territorio maltese fino al Terminale di Malta.

Negli ultimi anni a fare discutere è stata la localizzazione dell’approdo sul suolo italiano: il tracciato che porta a Gela è stato ritenuto la migliore tra le sette possibilità immaginate, e questo nonostante l’attraversamento di siti appartenenti alle Rete Natura 2000. A tal proposito, a mostrare il proprio disaccordo era stato l’ente gestore della Riserva Biviere. Nel parere, inviato a Roma a inizio anno, si sottolineava come il territorio gelese sia già ampiamente provato da decenni di sfruttamento industriale. Rimarcando come nel tratto di mare davanti alla costa i livelli di sostanze radioattive, come gli isotopi di Uranio Torio.

 Il caso dei radionuclidi – su cui a fine maggio è stata presentata anche un’interrogazione alla Commissione europea da parte del parlamentare Ignazio Corrao – è riportato anche nel parere della Cts nazionale, ma non ha inciso sul giudizio finale. La società proponente, collegata al governo maltese, dovrà soltanto attenersi al rispetto di una serie di prescrizioni ambientali disposte dal ministero. Nel proprio parere, la riserva del Biviere aveva invece chiesto che – in assenza di alternative al tracciato – venissero imposte delle misure di compensazione per alleggerire l’effetto cumulativo di un’opera che andrà a sommarsi alle tante già presenti a Gela e dintorni. 


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