Il nuovo bluff del Governo Crocetta: l’imbroglio metropolitano di Palermo, Catania e Messina per far scomparire da 150 a 200 Comuni. Così si calpesta l’art. 15 dello Statuto

OGGI L’ENNESIMA MISTIFICAZIONE DI UN ESECUTIVO CHE PROVERA’ A CONTRABBANDARE LA PROPOSTA DI FAR SCOMPARIRE CENTINAIA DI AMMINISTRAZIONI COMUNALI ON UNA FINTA RIFORMA

Stamattina assisteremo ad una nuova conferenza stampa del presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta. Tema: le città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Argomento che è stato affrontato ieri sera dalla Giunta regionale. Con molta probabilità, andrà in scena una nuova mistificazione. Invece di raccontare come stanno le cose, il governatore racconterà che siamo in presenza di una riforma ‘epocale’. 

Per la cronaca, le città metropolitane sono state istituite con la legge nazionale n. 142 del 1990. ma non hanno avuto successo in alcuna parte d’Italia. Forse perché nel nostro Paese la tradizione dei Comuni è forte e resistente. E forse perché quella dele città metropolitane è una riforma che presuppone grandi investimenti.

Un altro motivo che ha sempre bloccato l’avvio delle città metropolitane è la pretesa – che contraddice la stessa legge – di farle coincidere con le Province italiane. Questo perché lo Stato italiano si articola in province: si pensi a tutti gli uffici statali e ai rilevamenti Istat. L’idea di un Sindaco metropolitano – figura introdotta dalla legge nazionale n. 142 – non sarebbe sbagliata. Ma non è detto che debba coincidere con le vecchie Province, o con il Comune capoluogo di provincia.

In Sicilia l’istituzione delle città metropolitane cozza con l’articolo 15 dello Statuto. Questo è il vero motivo per il quale nella nostra Isola questa parte della legge nazionale n. 142 non è mai stata recepita. Adesso il Governo la vorrebbe recepire calpestando lo Statuto, solo perché in Comuni sono in crisi finanziaria e si vorrebbe risparmiare trasferendo ad un unico Comune le competenze – e soprattutto i soldi – dei Comuni che ruotano attorno a Palermo, Catania e Messina.

Non sfugge agli osservatori attenti che i Comuni di Palermo, Catania e Messina sono in grande sofferenza finanziaria. Appena due giorni fa il Consiglio comunale di Palermo ha approvato una delibera, su input della Corte dei Conti, che fa chiarezza su una situazione finanziaria disastrosa. Il Sindaco Leoluica Orlando non c’entra, trattandosi, in buona parte, di un’eredità lasciatagli dalla precedente amministrazione comunale.

L’atto deliberativo approvato dal Consiglio comunale di Palermo dimostra, inequivocabilmente, che lo steso Comune non può approvare il cosiddetto ‘bilancio consolidato’ (cioè un bilancio che contempli anche i conti delle società collegate allo stesso Comune di Palermo: Amat. Aemg, Ra, Sispi, Gesip) perché questo manderebbe in tilt i conti economici. O, in alternativa, comportebbe la chiusura di alcune delle società collegate allo stesso Comune.

Questo ci dice, in pratica, che i conti in ‘rosso’ del Comune di Palermo e delle sue società collegate verranno ‘stemperati’ dentro la nuova città metropolitana.

Di fatto – è inutile che ci prendiamo in giro – a pagare il conto saranno i piccoli Comuni del Palermitano, che rimarranno sì ‘Municipi’, ma che non conteranno più nulla, non avranno voce in capitolo in niente e, soprattutto, avranno meno soldi e meno servizi.

La stessa cosa avverrà a Catania e a Messina, due Comuni dove le passate amministrazioni hanno determinati nei conti economici in ‘rosso’. 

Oggi i rappresentanti del Governo regionale diranno che i Comuni non verranno cancellati, ma che resteranno come Municipi. In realtà, per molti dei piccoli Comuni della provincia di Palermo, Catania e Messina – ammesso che la legge venga approvata dall’Ars – questa legge regionale potrebbe segnare la loro effettiva scomparsa.

Un Comune esiste ed è tale se ha un Sindaco, un consiglio comunale e autonomia finanziaria. Se verrà a mancare il Sindaco – e, soprattutto, se scomparirà l’autonomia finanziaria – il Comune non esisterà più.

L’amara verità è che, con la scusa di una legge che travolte l’articolo 15 dello Statuto autonomistico della nostra Regione, il Governo si appresta a proporre all’Ars di abolire da 150 a 200 Comuni. In tantissimi casi, si tratterà di Comuni con meno di 5 mila abitanti che scompariranno del tutto e che diventeranno quartieri periferici di Palermo, Catania e Messina.

 

 


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