Ma nella Regione siciliana il presidenzialismo non esiste

di Salvo Salerno

RAFFAELE LOMBARDO PRIMA E ROSARIO CROCETTA ADESSO, NOVELLI DE GAULLE MANCATI IN SALSA SICULA, HANNO SOLO CREATO UNA GRANDE CONFUSIONE POLITICA E ISTITUZIONALE

Non esiste in capo al Presidente della Regione siciliana quell’esclusività monocratica che, prima il presidente Raffaele Lombardo ed oggi il presidente Rosario Crocetta vorrebbero accreditare. Né sussiste una personalità “unitaria” dell’Amministrazione regionale, bensì ne sussiste una policentrica, anzi “disaggregata” tra Presidenza ed assessorati.

Con gli artt. 9 e 20 dello Statuto regionale era stato infatti fin dall’origine dell’Autonomia, costituito che la Regione Siciliana, per quanto concerne l’attività amministrativa in relazione alle competenze legislative degli artt. 14, 15 e 17 dello Statuto, non avesse una propria soggettività unitaria, facendo invece essa capo ai singoli assessori, cui nell’ambito delle rispettive funzioni, è tuttora attribuita propria specifica competenza con rilevanza esterna.

In attuazione degli artt. 9 e 20 dello Statuto, veniva emanata la Legge regionale 29 dicembre 1962 n. 28 “Ordinamento del Governo e dell’Amministrazione centrale della Regione Siciliana”. A questa legge occorre guardare con molta attenzione poiché, anche dopo le modifiche subìte ad opera della recente legge regionale 16 dicembre 2008 n. 19, essa continua ad affermare alcuni eloquenti princìpi:

art. 2: il Presidente ha il potere di dirigere “la politica generale” e di mantenere “l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività degli Assessori”, mentre il Presidente è obbligato ad assumere una previa delibera di Giunta, sia per mantenere gli atti assessoriali nell’orbita dello “indirizzo generale del Governo”, sia anche per “avocare” a sé “affari di competenza assessoriale”.

A ben vedere si tratta di poteri presidenziali molto poco monocratici (coordinare gli assessori non significa dirigerli) e men che meno accentratori;

art. 3: tale disposizione definisce le attribuzioni individuali con rilevanza esterna degli assessori regionali i quali infatti “rappresentano gli assessorati ai quali sono preposti” e sono “responsabili … individualmente degli atti dei loro assessorati”

artt. 6 bis e 7: La prima disposizione recita: “Il Presidente della Regione esercita i propri compiti a mezzo … dei dipartimenti della Presidenza della Regione …”, mentre per la seconda disposizione gli “assessori regionali esercitano i propri compiti a mezzo dei [loro] dipartimenti…”;

art. 12: “Le attività amministrative demandate al Presidente della Regione ed agli assessori regionali dalla presente legge sono esercitate nell’ambito delle attribuzioni previste dallo Statuto della Regione ed in relazione all’art. 43 dello stesso”. Tale disposizione, richiamando l’art. 43 dello Statuto sulle norme di attuazione dello stesso sulle materie trasferite dallo Stato, dimostra che la distinta soggettività di Presidente ed assessori è simmetrica rispetto al modello statale ministeriale e sopratutto conferma che, nell’assetto della legge, la ripartizione di attribuzioni tra Presidente ed assessori è coerente e funzionale con la distinta soggettività che lo stesso Presidente e gli assessori ricevono dallo Statuto regionale, in particolare dalle seguenti disposizioni:

art. 9 u.c.: “La Giunta regionale è composta dal Presidente e dagli assessori. Questi sono preposti ai singoli rami dell’Amministrazione”;

art. 20: “Il Presidente e gli assessori regionali …svolgono nella Regione le funzioni esecutive ed amministrative concernenti le materie di cui agli articoli 14, 15 e 17 …[gli articoli che elencano le competenze legislative esclusive e concorrenti] Essi sono responsabili di tutte le loro funzioni, rispettivamente, di fronte all’Assemblea regionale ed al Governo dello Stato”.

art. 16 comma 1: “… i diritti, le facoltà e gli obblighi attribuiti da disposizioni legislative e regolamentari all’Amministrazione regionale in genere, o a singoli rami della stessa, si intendono riferiti alla Presidenza od all’Assessorato nella cui competenza la materia, oggetto della norma, ricade in virtù del presente ordinamento” . Tale ultima disposizione in commento della L.R. n. 28/1962 stabilisce chiaramente che la capacità giuridica (diritti, facoltà e obblighi), non è attribuita all’Amministrazione regionale in genere, bensì specificamente alla Presidenza od all’Assessorato nella cui competenza la materia, oggetto della norma, ricade, cioè appunto la legittimazione sostanziale viene attribuita dalla legge separatamente ed autonomamente alla Presidenza ed a ciascun assessorato regionale.

In buona sostanza, nella Regione siciliana – unica tra le regioni italiane – non esistono solo due poteri: il Presidente e la Giunta, ma effettivamente a quei poteri occorre aggiungere anche il potere, con rilevanza sostanziale esterna, del singolo assessore. Anche dopo la riforma costituzionale di cui alla Legge costituzionale 31 gennaio 2001 n. 2, che introdusse l’elezione diretta del Presidente della Regione, la struttura costituzionale della Regione siciliana non è cambiata.

La massima giurisprudenza di tutte le Corti, ordinarie ed amministrative è concorde in tal senso.

Il Governo di Salvatore Cuffaro, in occasione della vicenda giudiziaria del Presidente, provò a tentare la strada di un giudizio costituzionale contro la Legge 19 marzo 1990 n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso) che lo caducava dalla carica, assumendo che ormai in Sicilia si fosse instaurato un assetto “semi-presidenziale” e che il Presidente veniva ormai eletto nell’ambito di un collegio elettorale coincidente con l’intero territorio regionale. Si assumeva poi che lo stesso Presidente, poi, nomina e revoca gli assessori, tra cui un vice presidente, «senza essere neppure tenuto ad attingere i nominativi dall’Assemblea regionale».

Ma la Corte Costituzionale (sentenza n. 352/2008), parlando di pretesa trasformazione della forma di governo regionale in “(semi) presidenziale”, rigettò il ricorso di Cuffaro, anzi del suo Vicepresidente, non senza ricordare allo stesso Presidente, che egli era prima di tutto, anche un deputato, come tutti gli altri 89.

La situazione che abbiamo descritto è valida ancora oggi e quindi il quadro costituzionale che abbiamo ancor oggi in Sicilia è quello di un sistema prevalentemente parlamentare, nel quale l’elezione diretta del Presidente ha certamente comportato “l’attribuzione a tale organo di forti e tipici poteri per la gestione unitaria dell’indirizzo politico e amministrativo della Regione”, per usare le stesse parole della Corte Costituzionale, ma come già peraltro era previsto dall’art. 9 dello Statuto.

Epperò, oltre questo dato, nulla, nello Statuto e nell’ordinamento regionale, autorizza il Presidente della Regione a ritenersi in Sicilia l’esclusivo detentore del potere politico e di governo e quindi il ruolo della Giunta deve essere inteso non già come fittizia collegialità di figure o contro-figure istituzionali politicamente irrilevanti e manovrabili dal Presidente, bensì come sintesi collegiale di soggetti, gli assessori, i quali tuttavia, anche da singoli, hanno una precisa missione a rilevanza esterna, verso il Parlamento siciliano, verso la comunità dei cittadini siciliani ed anche verso lo Stato.

Non vi è dubbio, pertanto, che un simile modello istituzionale-statutario di assessore regionale, non può tollerare la subordinazione a prerogative meramente potestative del Presidente, ma anzi ne implica e ne sottende l’autonomia politica e correlativa autorevolezza al cospetto del Presidente.

 


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