I ‘Forconi’ secondo Piero Grasso

I siciliani protestano? Non possono farlo. Se lo fanno – e magari, in certi frangenti, hanno pure ragione, come nel caso degli agricoltori e dei pescatori ormai alla frutta – debbono comunque stare attenti alla mafia. Anzi, debbono stare attenti a non essere presi per mafiosi. Cornuti e mazziati, insomma.
Dopo il presidente degli industriali siciliani, Ivan Lo Bello, che ha parlato di possibili “infiltrazioni” nel movimento di protesta che in questi giorni sta vivacizzando la vita dei siciliani, anche Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, dice la sua sulle infiltrazioni della mafia teorizzate dai ‘filosofi’ di Confindustria Sicilia.
“Non c’è dubbio – leggiamo in una notizia Ansa diffusa stasera – che in realtà complesse e in territori dove c’è da sempre una presenza della criminalità organizzata di tipo mafioso è possibile che questi fenomeni ci siano. Però vanno accertati con rigore e severità”. In questo caso il procuratore Grasso, che peraltro è palermitano e ha fatto il magistrato nel capoliuogo dell’Isola, ci regala, forse, un luogo comune. Con un piccolo sconto, per nostra fortuna (e per la fortuna di chi in questi giorni invade le strade della Sicilia): infatti, a differenza di Lo Bello, che verso la protesta dei siciliani è giustizialista (mentre ad Agrigento, dove opera il suo vice presidente Giuseppe Catanzaro, indossa i panni del garantista, se è vero che, ancora oggi, non ci sembra che gli industriali siciliani si siano molto interessati della discarica di Siculiana sulla quale ha scritto oggi il nostro Riccardo Gueci e nemmeno di Girgenti Acque, altra impresa gestita da ‘bravi’ imprenditori), il procuratore nazionale antimafia ci concede il beneficio di accertamenti che dovrebbero essere etfettuati con “rigore e severità”.
Per Grasso, si riscontrano inserimenti e infiltrazioni “di organizzazioni criminali nel settore agroalimentare”, con l’interesse dei mafiosi “in tutta la filiera, dall’acquisto dei terreni alla produzione, dal trasporto all’acquisto di supermercati. Tutto ciò – aggiunge il procuratore nazionale antimafia – genera una situazione aberrante. I produttori abbandonano e i consumatori pagano un prezzo dieci volte superiore al prezzo normale”.
“Nelle tavole degli italiani – ha precisato il Procuratore Antimafia – c’è un invitato in più: l’organizzazione criminale che mangia quello che dovrebbero mangiare gli italiani. Esiste anche una globalizzazione del fenomeno e le indagini hanno come oggetto la produzione di beni contraffatti dislocati in filiere di Paesi anche fuori dall’Europa. C’è un’area grigia accanto all’organizzazione criminale che presta la propria attività: avvocati, commercialisti, società di money transfer, società di import/export, necessari perché le organizzazioni criminali non hanno queste competenze. La nostra legislazione – ha aggiunto Grasso – è all’avanguardia, ma tutto è migliorabile”.
Grasso, che aveva cominciato la chiacchierata con i soliti luoghi comuni, chiude con argomenti interessanti. Almeno questo.

 


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