Trapani, in ospedale aborti solo una volta a settimana Sindacati: «Il medico lavorerà in catena di montaggio»

Torna a far discutere la carenza di medici non obiettori in provincia di Trapani. Dopo il caso dell’ospedale Sant’Antonio Abate, dove nelle scorse settimane l’unico medico disposto a praticare l’interruzione di gravidanza è andato in pensione, a commentare lo stato della sanità sono i sindacati e nella fattispecie i coordinamenti donne Cgil e Uil. Le due sigle si rivolgono all’assessore regionale Baldo Gucciardi affinché dia «risposte concrete e definitive per una efficace applicazione della legge 194/78».

Risposte che, secondo le firmatarie Antonella Granello e Antonella Parisi, non possono limitarsi alla misura straordinaria adottata dall’Asp che ha garantito, per il capoluogo, la reperibilità di un medico non obiettore per un giorno a settimana. «In provincia di Trapani, al momento gli aborti sono garantiti soltanto a Castelvetrano, mentre nel capoluogo questo servizio viene garantito soltanto una volta a settimana dall’unico ginecologo abortista della provincia, costretto a fare la spola». Soluzione che inevitabilmente rischia di non dare le dovute garanzie alle pazienti. «Nessun chiarimento sul tipo di interruzione che verrà garantita né su come in un solo giorno alla settimana potranno essere effettuati un numero di aborti che secondo i dati in nostro possesso dovrebbero essere non meno di 40 al mese – proseguono le due -. A questo punto ci chiediamo che cosa può significare per una donna recarsi il giovedì mattina, l’Abortion day, in ospedale e mettersi in fila per un intervento di tipo seriale, che visti i tempi ridotti, sarà inserito in un contesto che avrà le caratteristiche di una catena di montaggio».

L’attenzione alle donne, tuttavia, riguarda anche la garanzia di altri servizi. «Servizi che l’ospedale di Trapani sarebbe tenuto a fornire e che pare non siano in questo momento garantiti – si legge -. Ci riferiamo in particolare ai servizi relativi agli esami ecografici gratuiti per le donne, compreso l’esame morfologico, che se non erogati comporterebbero un grave disagio per le gestanti, che si vedrebbero costrette a rivolgersi a privati o a strutture fuori Provincia arrivando a dover spendere anche duecento euro per farli». 


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