Zamparini, il presidente compra & vendi

di Roberto Salerno

Come forse non era troppo difficile prevedere, l’avventura di Giuseppe Sannino alla guida del Palermo è durata lo spazio di qualche mattino. Un precampionato così così, il passaggio del turno in Coppa Italia contro una squadra di terza serie e il terribile impatto col campionato di serie A: 0-3 con Napoli e Lazio, uno stentato pareggio in casa col Cagliari. Inevitabile l’esonero. Raccontata così non sembra in fondo ci sia nulla di particolarmente strano. I risultati sono stati molto severi e la squadra guidata da Sannino non è sembrata né tatticamente né atleticamente gran cosa. Forse sarebbe migliorata e forse no, ma non è certo la prima volta che un allenatore salta dopo un periodo del genere. Però.

Però Sannino era il ventiduesimo allenatore da quando Maurizio Zamparini acquistò il Palermo da Franco Sensi. Era il 21 luglio del 2002 e la squadra del capoluogo dell’Isola vagava, come nei 30 anni precedenti, tra serie B e serie C. L’arrivo di Zamparini non scosse particolarmente dal torpore il gattopardesco pubblico palermitano, pronto a recitare per l’ennesima volta la parte del principe di Salina di fronte al solito Chevalley settentrionale. Ma le cose sono andate diversamente. Il Palermo sfiorò subito la serie A, persa in una domenica di giugno a Lecce, venne promosso l’anno successivo e da allora – era il 2004 – gravita stabilmente in serie A con alterne fortune. E con 22 allenatori.

La costanza con cui Zamparini (foto sopra, a sinistra, tratta da ultras-palermo.blogspot.com) ha licenziato e riassunto allenatori (ma anche giocatori e direttori sportivi o interi staff tecnici) non è passata inosservata e ha convogliato sul Palermo, ma soprattutto sul suo presidente, l’attenzione sia dei media nazionali che persino di politici locali e non. Giudicato più o meno folcloristico, quando non un “cattivo esempio” da additare all’imberbe popolo calcistico, Zamparini si è guadagnato vari appellativi e non tutti lusinghieri. Adesso, lo troviamo persino nei dibattiti politici in quanto pare si sia messo in testa di “scendere in campo”, come un suo più anziano collega, capace di vincere addirittura la coppa dei campioni, passaggio indispensabile per governare una delle democrazie industriali più avanzate del mondo. Notizie dell’ultimora ce lo danno, quando si dice il caso, alleato proprio del delfino del vecchio presidente del Milan.

Ma quali sono stati gli obiettivi del friulano a Palermo in questi 10 anni? Ci viene in soccorso un pamphlet, anche se oggi si dovrebbe dire un instant book, di Claus Cahib, “Il calcio in bocca. L’epopea rosanero al tempo di Zamparini” (Nuova Ipsa editore, pp. 5-89, € 3,00). Lo sconosciuto autore prova a ricostruire con passione, la decennale attività del presidente del Palermo. E lo fa senza sconti e lasciando trasparire la frustrazione del tifoso deluso. Cahib ci porta per mano nel farci scorgere da una parte le infinite contraddizioni del Presidentissimo, e dall’altra nel mostrarci l’incredibile “movimentazione” di circa 550 persone tra giocatori, allenatori, direttori sportivi, magazzinieri, nane e Panucci. Cahib sembra pronto a scommettere che questo che stiamo vivendo sarà l’ultimo anno del Palermo in serie A e legge l’avventura di Zamparini come quella di un padrone delle ferriere, forse un po’ instabile, che è venuto a Palermo con la sola idea di trovare un terreno fertile per i suoi affari. Il compra&vendi di Zamparini esce dalla dimensione folcloristica per apparire, nel testo dell’autore, funzionale all’idea di trattare la squadra di calcio come una gigantesca opportunità per migliorare i propri affari all’interno, si sarebbe detto una volta, di una sorta di capitalismo selvaggio, in cui non c’è certo posto per i sentimenti di una tifoseria. (sopra, Zamparini con Giuseppe Sannino, l’allenatore appena sostituito con Giampiero Gasperini, foto tratta da goal.com) 

Quello che potrebbe essere letto come mancanza di programmazione, nelle mani di Cahib diventa più o meno lucida strategia per evitare di tirare troppo la corda e per svolgere i propri affari nascondendoli dietro una retorica a volte piagnona. In ogni caso, il Palermo non deve aspirare ai piani alti della classifica perché non è quello che interessa al suo presidente, ci sembra dire Cahib. Al suo presidente interessa lo stadio, il centro commerciale, vendere e comprare. Ma così non si fa una squadra, sostiene l’autore, e – delitto supremo – si prendono in giro i tifosi. Che dal canto loro, ancora con la verve dell’amante deluso e tradito, sono presentati da Cahib in un modo che qualcosa concede agli stereotipi, pronti a dare indefinitamente fiducia a qualcuno solo perché si sono convinti che quel qualcuno è un benefattore, e disposti a chiudere infinite volte gli occhi di fronte allo scempio tecnico e alla distruzione sistematica di squadre che avrebbero bisogno di programmazioni almeno di medio periodo.

Il libro di Cahib è divertente e si legge di un fiato – anche perché la metà è formata da tabelle che ci ricordano quanti giocatori sono passati da Palermo e quanto tutto questo sia costato in termini economici – e sicuramente verrà incontro al senso di frustrazione che in questo periodo sta cogliendo la tifoseria rosanero. E se è sicuramente efficace nel descrivere come sembra che davvero al presidente del Palermo dei risultati in fondo importa poco, lo è ancora di più nel notare le infinite contraddizioni rintracciabili non solo nelle dichiarazioni pubbliche di Zamparini, ma anche nella, per usare le parole di Cahib, “schizofrenia societaria” il cui esempio più lampante riguarda l’Europa League: grandi sforzi per raggiungerla, un grande disinteresse per disputarla.

L’istant book paga qualche prezzo alla verve del suo autore. Non tanto per gli inevitabili refusi – sia permesso il solito consiglio: rileggere, rileggere, rileggere, prima di dare alle stampe – sparsi qui e lì per il testo, quanto perché la brillantezza espositiva rischia di essere confusa dal “lettore non tifoso” con un senso di frustrazione per i risultati mancati. Cionostante il testo rimane pieno di notizie interessanti e offre spunti sicuramente rilevanti e magari da approfondire. E in quest’ottica riteniamo debba essere letto. Se non proprio da Zamparini, magari da Gianpiero Gasperini, l’allenatore numero 23.

 

Roberto Salerno

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