Windsurf, incendiato il circolo La Tartaruga Il proprietario: «In fumo una vita di lavoro»

Una vita intera dedicata allo sport, e gli ultimi sette anni alla gestione di uno stabilimento balneare per far sopravvivere l’associazione sportiva. Il lavoro di Carlo Silvestro, 31 anni a maggio, è andato in fumo in un paio di notti, quelle che sono servite affinché l’incendio che è stato appiccato al lido Belvedere della playa di Catania e al circolo La Tartaruga, dedicato al windsurf, distruggesse i 400 metri quadrati della struttura. Un danno stimato di 80mila euro, «ma preferisco non pensare a tutto quello che ho perso, perché quel posto era una mia creatura».

Carlo è un atleta, pratica il windsurf da quando aveva dieci anni, lo insegna da quando ne aveva quindici. È uno dei volti di un paio di aziende d’oltreoceano che producono vele e tavole, passa sei mesi all’anno a cavalcare le onde in Brasile, e gli altri sei a Catania, sulla sabbia del litorale mediterraneo, a tenere lezioni agli appassionati etnei. «Prima lavoravo alle Capannine, con l’associazione Rosa dei venti, poi sono entrato in società con mio nonno, che era il proprietario del lido Belvedere», racconta il giovane. Ma le cose non sono andate bene, alla morte del nonno le sue quote societarie sono state divise con altri cinque eredi, «che non avevano intenzione di gestire il lido e credevano che le quote fossero attive, invece c’erano dei debiti da pagare». «A un certo punto, ho deciso di liquidare tutte le altre quote: tenere in piedi lo stabilimento mi serviva per tenere in piedi l’associazione, se avessi dovuto affittare un altro spazio alla Playa mi sarebbe costato molto di più».

«Adesso la società è composta da quattro persone: io, mio padre, mia madre e mio fratello». Lui ci mette i soldi e l’impegno: «Ho imparato non solo a gestire un’attività, ma anche a fare i lavori di manutenzione quotidiani». I problemi, però, sono cominciati quasi subito. «Non posso dire di aver subito intimidazioni, perché non lo sono state nel vero senso della parola, ma ho avuto a che fare con persone forse un po’ prepotenti». Cioè chi aveva in mano, da contratto, la gestione del ristorante: «Gente poco raccomandabile, che voleva entrare nella società del lido e portare i propri clienti». «Non mi piaceva il loro modo di lavorare, i loro dipendenti erano irregolari e non rispettavano le norme – spiega Carlo Silvestro – Non è così che volevo che andassero le cose». Così, alla scadenza del contratto, intorno al 2011, ha iniziato a occuparsi anche del servizio ristorazione. «Ma loro non sono spariti, e continuano a farsi vedere periodicamente».

«Se penso a tutto quello che ho fatto per mantenere in vita il circolo di windsurf mi sento un pazzo», sospira. Nel 2012 ha subito il furto di tutti gli utensili da lavoro («I furti in inverno sono normale amministrazione, alla Playa»), e a dicembre 2013 l’incendio che ha distrutto tutto. «Era il 23 dicembre, ero in Brasile con la tavola, quando mi ha telefonato un ragazzo che teneva la sua attrezzatura in deposito lì da noi», racconta. Prima qualcuno ha dato fuoco al bar, poi a tutta la struttura interna: al piano di sotto c’era La tartaruga, al piano di sopra il ristorante. «I vigili del fuoco hanno spento il primo incendio, ma qualcuno il giorno dopo è tornato a finire il lavoro».

Tavole, alberi, vele, attrezzature varie. È bruciato tutto. «È andato in fumo il materiale della scuola, e anche quello di chi lo teneva in deposito da me, una tragedia». Carlo è rimasto in Brasile, di dov’è originaria la sua compagna, fino al 9 febbraio. Poi è tornato a Catania e si è trovato davanti agli occhi una situazione «dieci volte peggiore rispetto a come l’avevo immaginata». Suo padre ha fatto le denunce, «ma non so se siano state aperte delle indagini». Qualcuno ha pensato che ad appiccare l’incendio sia stato un clochard francese: «Aveva iniziato a vivere all’interno del bar, e per due volte era stato denunciato e portato via dalle forze dell’ordine, ma onestamente io non credo che c’entri lui».

«Non saprei dire chi è stato – continua l’atleta – e pare brutto ricadere nei soliti luoghi comuni sulla Sicilia. Però guardiamoci in faccia: io il pizzo non l’ho mai pagato, sono una persona onesta e il risultato è che quello a cui ho lavorato per tutta la vita è stato dato alle fiamme». Oltre al danno, la beffa: «Ieri sono state scassinate alcune cabine e sono state rubate le mute che c’erano dentro». Niente a che vedere con l’incendio, secondo lui: «Saranno stati i pescatori di telline: sentono freddo e mettono le mute, non è affatto una cosa strana», afferma, sconsolato.

«Ora, però, è tempo di ricominciare», riprende. «Qualcuno è già venuto a fare windsurf, i soci dell’associazione riprenderanno a pieno regime tra un paio di settimane, io pulisco e ricostruisco, con le mie mani». Ma i soldi non ci sono. «Forse lancerò una raccolta fondi, per ricomprare almeno il materiale per la scuola: con le lezioni, riuscirei un pochino a riprendermi». Intanto, al circolo è rimasta solo la cenere da spazzare via.


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