Mafia, nei verbali di William Cerbo le truffe a Catania e la ricerca di appoggi politici a destra

«Io sono sempre stato vicino alla famiglia Mazzei, il nucleo principale. Alla fonte o, come si dice, alla testa dell’acqua. Armi, estorsione e droga li gestisce il clan sul territorio ma io non sono mai entrato». A parlare – di se stesso, ma anche di politica – con i magistrati della procura di Milano è William Alfonso Cerbo. L’ultimo collaboratore di giustizia di Cosa nostra catanese. Un imprenditore dai gusti eccentrici, con una passione dichiarata per il film Scarface e il mondo delle discoteche. In mezzo, la base operativa nel quartiere finanziario CityLife, a Milano, e il ruolo negli affari del clan Mazzei, grazie ai collegamenti con le mafie attive al Nord Italia. Un consorzio criminale – tra Camorra, Cosa nostra e ‘Ndrangheta – di cui Cerbo sarebbe stato uno dei protagonisti. E di cui racconta aneddoti anche legati alla politica, molti dei quali sono stati omissati nelle centinaia di pagine dei verbali.

Il medico e la scalata politica a Fratelli d’Italia

In uno dei verbali – datato 1 ottobre 2025 -, a proposito di politica, William Cerbo tira in ballo il medico milanese Ignazio Ceraulo (non indagato, ndr). «Siamo a fine aprile 2020 – racconta il collaboratore – Lo conobbi in quanto io avevo un papilloma labiale e mi sono premurato di accelerare una visita medica». Cerbo chiede informazioni a Giancarlo Vestiti, considerato dalla procura meneghina il luogotenente del clan camorristico dei Senese a Milano, figura più volte menzionata dall’imprenditore. «“Chiamiamo allo zio Santo”, mi disse»: il riferimento sarebbe il calabrese Santo Crea, considerato dai pm ai vertici della cosca ‘ndranghetista degli Iamonte.

Ma dal dottore, racconta Cerbo, dopo le questioni mediche si discute anche di politica. «Giancarlo mi dice – spiega il collaboratore riferendosi a Vestiti- che questo Ceraulo era un personaggio che si stava prodigando a fare il politico. Io non ne capisco di politica – aggiunge – però l’ho associato alla Meloni, al gruppo Meloni, quindi di destra… Alleanza d’Italia. Mi menzionava la Meloni e la Santanchè (Daniela Santanché, ndr). Questo signore si stava prodigando a candidarsi».

Il caso: dall’inchiesta a Milano alla trasmissione Report

Una storia, quella che lega il medico – non indagato – alle figure di Crea e Vestiti, già emersa nell’ambito dell’inchiesta Hydra sulle mafie in Lombardia. Con la Direzione distrettuale antimafia di Milano che ha già chiesto il rinvio a giudizio per oltre 140 persone. E un’udienza rinviata proprio per approfondire i racconti di Cerbo.

Nei mesi scorsi, anche la trasmissione Report si è occupata del triangolo politico tra il medico e il duo Vestiti-Crea, con il presunto obiettivo di arrivare ai vertici di Fratelli d’Italia. Tramite la creazione di un’associazione affiliata al partito. «Stava cercando voti – continua Cerbo nel verbale – E li ha cercati pure a me». «C’è lo zio Santo (Santo Crea, ndr) che si sta prodigando, mi sto prodigando io, ci stiamo prodigando tutti», avrebbe detto Vestiti a Cerbo. Santanchè, tramite Report, ha dichiarato di non conoscere i soggetti citati e di non avere avuto alcuna trattativa.

Fallimenti pilotati, truffe sugli ecobonus e il supermercato a Catania

Non solo politica, però: William Cerbo, nei verbali, cita anche tutti i suoi affari tra Catania, Roma e Milano. Sempre nell’orbita del clan Mazzei. «La mia specialità sono i fallimenti pilotati in operazioni truffaldine». Ma non solo: ci sarebbero i business con le agenzie interinali per la somministrazione di personale e poi gli ecobonus, dal 110 per cento alle ristrutturazioni dei condomini, con le fatture false. E ancora il mercato ortofrutticolo di Milano e la fornitura di merce in nero a un supermercato nel quartiere San Giorgio, a Catania.

Cerbo sarebbe stato solito affittare capannoni e riempirli di prodotti alimentari, ma senza pagarli. Per poi scomparire. I prodotti, poi, venivano venduti sottobanco. Come successo, racconta, a un supermercato etneo, per una cifra tra i 60mila e i 70mila euro. Il titolare dell’attività, però, avrebbe avuto dei problemi economici dopo avere preso le derrate. È così che entra in scena un uomo vicino ai Mazzei. «Si fece fare gli assegni postdatati, sei o sette assegni da 10mila euro – spiega Cerbo -. Non erano assegni che andavano all’incasso, ma dati in garanzia. Essendo postdatati, anziché incassarli, si dava l’assegno in cambio dei contanti».


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